The Club of 27: il filo rosso sangue tra le icone del rock e del RnB
di Francesca Pia Piantarosa (IIIG)
In memoria di Janis Joplin, nel 54esimo anniversario della sua scomparsa
Immagina di essere un musicista come tanti, che vuole fare della musica la sua vita e prova a farsi notare quasi senza credere nel suo progetto, per puro gusto di rivelare al mondo la propria passione, e da un giorno all’altro il mondo ti riconosce come un idolo: tournee sold out, vendite da record, nomination agli awards più prestigiosi, insomma un sogno ad occhi aperti!
Tuttavia l’ascesa al successo consegue non poche responsabilità; mantenere alta la cresta dell’onda in un oceano di emergenti pronti a prendere il tuo posto e di grandi con un nome molto più consolidato è una sfida decisamente ardua, che non tutti riescono ad affrontare con il giusto temperamento. Quest’introduzione è solo il canovaccio che accomuna gli esponenti del cosiddetto “Club 27”, espressione con cui vengono raggruppati alcuni artisti scomparsi improvvisamente all’età di 27 anni.
Il primo utilizzo dell’appellativo risale al 1994, anno del suicidio di Kurt Cobain, frontman dei Nirvana con i quali aveva raggiunto le vette della Billboard 200 grazie all’iconico Nevermind. Nei 4 anni trascorsi tra la pubblicazione dell’album e l’estremo gesto, Cobain dichiara spesso di sentirsi inadeguato dinanzi all’improvvisa fama acquisita e non nasconde la sua tossicodipendenza che lo ha portato più volte all’overdose. Prima di lui, nel breve lasso di tempo tra il 1969 e il 1971, erano state ben 5 le star che si sono spente in maniera analoga; questo gruppo viene contraddistinto con la sigla J27, poiché oltre all’età avevano in comune anche un’iniziale, la J.
Procedendo cronologicamente ritroviamo il fondatore dei Rolling Stones, Brian Jones, che già si era allontanato dalla band nel ’67 per provare a risolvere i suoi problemi con la droga, ma sarà proprio questa ad ucciderlo, o meglio dire ad impedirgli di riemergere dalla sua piscina a seguito di uno scherzo fatto da Frank Thorogood, un costruttore che stava rinnovando la sua abitazione. I due infatti stavano facendo un bagno insieme e bonariamente Throrogood mise la testa sott’acqua a Jones, senza mai poter immaginare che da lì non sarebbe più uscito a causa dell’alcol e dell’eroina in circolo. Gli succede neanche un anno dopo l’amico Jimi Hendrix, ritenuto il chitarrista più influente della storia della musica rock e non solo, anch’egli deceduto a seguito di un’overdose di tranquillanti e alcolici, e a poche settimane di distanza la stessa sorte tocca anche l’astro nascente Janis Joplin, iconica voce dei Big Brother e solista dall’inconfondibile sonorità blues. A chiudere questo sottogruppo del Club 27 c’è Jim Morrison, frontman dei The Doors che voleva dedicare la sua vita esclusivamente alla composizione di poesie, ma anche in questo caso le droghe hanno avuto la meglio; alcuni includono nel Club e nello specifico nel J27, nonostante non sia un musicista, anche lo street artist Jean-Michael Basquiat, divenuto un’icona della pop art durante gli anni ’80 e deceduto anch’egli in circostanze simili.
Naturalmente, l’elenco di celebrities appartenenti a questo club presenta un’origine e una conclusione. L’ultima ad essersi aggiunta è stata Amy Winehouse nel luglio 2011, leggenda del canto jazz e dell RnB, a seguito anche lei di un successo inaspettato che l’ha avvicinata alla droga e all’alcol, oltre che all’anoressia, alla bulimia e probabilmente all’autolesionismo. Invece per risalire al primo artista 27enne scomparso tragicamente occorre fare un salto indietro, precisamente al 1938, anno in cui Robert Johnson, grandissimo ispiratore e riferimento di tutta la scena rock e blues del ventesimo secolo, morì sulle rive del Mississipi. La sua biografia oscura e il mistero attorno alle cause della sua morte alimentano ancora oggi speculazioni e teorie di carattere complottistico attorno alla figura di Johnson: si dice infatti che in vita abbia venduto la sua anima al diavolo in cambio della capacità di suonare la chitarra come mai nessuno aveva fatto. La figura di Satana è molto spesso citata nei suoi testi, in quelle 29 tracce ritenute figlie della magia occulta, ed è per questo che circola la voce di una vera e propria maledizione che ha trascinato all’oltremondo tutti gli altri. Che sia una coincidenza o un maleficio, la certezza è una sola: “morire a 27” è ormai una frase cult, uno slang della generazione X che ha vissuto direttamente il biennio ’69-’71, un affascinante pezzo di storia della musica che, si spera, non si ripeta mai più.