Da Aladdin a Socrate: la giustizia nessuno la spegne

di Lucia Palmieri (IE)

In questi giorni è andato in onda, in prima visione, su Rai uno, il remake live action del celeberrimo film della Disney, “Aladdin”. In particolare, una scena del film mi ha portata a chiedermi: “Ma cosa avrebbe detto Socrate di ciò?”. È necessario un po’ di contesto per i lettori, ancora ignari di questo dubbio esistenziale.

ATTENZIONE: l’articolo contiene spoiler sul film “Aladdin” della Disney e sulla vita di Socrate.

La trama della storia di Aladdin è nota a tutti, sia ai piccini che ai più grandi, ma la scena che interessa la nostra analisi si trova nella parte finale del film, quando, l’antagonista, Jafar, riesce ad entrare in possesso della tanto ambita lampada magica. Questa lampada è in grado di evocare un genio capace a sua volta di esaudire tre dei desideri di colui che sfrega la lampada. Il primo desiderio di Jafar consiste nel diventare il sultano del regno di Agrabah: diventando sultano, Jafar diventa anche capo delle guardie.

La figura sulla quale ci focalizzeremo nella nostra analisi è quella del capitano delle guardie, Hakim.

Hakim, all’inizio del film, esegue puntualmente tutti gli ordini di Jafar, essendo quest’ultimo il visir del regno, cioè il consigliere più fidato del sovrano. Successivamente, venuto alla luce il fatto che Jafar utilizzava la magia nera per corrompere e condizionare il sultano, l’antagonista verrà condotto in carcere da Hakim stesso. Jafar, furioso, lamenterà il fatto che in un primo momento il capitano delle guardie gli era stato del tutto fedele, ma Hakim affermerà di essere devoto esclusivamente al sultano e alle leggi del regno.

Quindi, quando Jafar diventa regnante assoluto e ordina ad Hakim di far condurre la principessa Jasmine in carcere, il capitano delle guardie, in un primo momento, è incerto sul da farsi, ma l’ex visir gli rammenta le sue stesse parole: Hakim ha esplicitamente dichiarato di essere fedele al sultano e alle leggi del regno, e in quel momento il sultano era proprio Jafar. Quindi, Hakim lascia condurre la principessa Jasmine nelle segrete da due guardie.

Jasmine, però, richiama Hakim al suo senso di giustizia, ricordandogli che il dovere non è sempre onore e che Jafar, nonostante fosse il sultano, non era degno né di ammirazione, né di sacrificio in quanto desideroso esclusivamente di gloria per sé stesso, anche a spese della gente del regno di Agrabah.

Hakim capisce allora di non poter tradire il vecchio sultano e il suo popolo e decide di far arrestare Jafar. Alla fine, dopo altre peripezie, molto inaspettatamente e in maniera del tutto insolita per un film Disney, vissero tutti felici e contenti.

Soffermiamoci però su un’analisi meno realistica, che si limita ai nostri mezzi d’immaginazione e alle fonti che abbiamo a disposizione.

Nel Critone, opera (dialogo giovanile) di Platone, il protagonista è Socrate che si trova in prigione, pochi giorni prima della sua morte, essendo stato accusato ingiustamente di corrompere i giovani e di non credere nelle divinità della città. Il carissimo amico di Socrate da cui prende il nome l’opera, Critone, dopo essere riuscito a fare irruzione nella prigione, esorta Socrate a fuggire poiché la sua condanna era del tutto illecita. I due, quindi, si ritrovano a discutere sulla correttezza etica e morale dell’atto di evadere dalla prigione.

Socrate, attraverso l’uso del metodo argomentativo del ragionamento ipotetico, introduce una prosopopea (immagina che la personificazione delle Leggi di Atene vada a parlargli) per convincere il suo amico a sostenere la sua testi sul perché le leggi debbano essere rispettate in ogni circostanza.

Molto brevemente, Socrate presenta le seguenti argomentazioni:

  • Per essere dichiarato cittadino, viene fatto un giuramento solenne di rispetto delle leggi in qualunque circostanza, giuste o ingiuste che siano.
  • Se il cittadino si è sempre avvalso delle leggi e tutti gli aspetti della sua vita sono stati regolati da esse, non è lecito ribellarsi solo nel momento dello sconforto apparentemente causato da esse.
  • Non vi è parità di diritto tra le Leggi e il cittadino, per cui, anche se le Leggi commettessero una vessazione, non per questo il cittadino è autorizzato a compiere azioni altrettanto ingiuste.
  • Il violare le Leggi corrisponde al trasgredire il bene e l’ordine dell’intera città, in quanto verrebbe concesso che le leggi vengano interpretate a proprio piacimento dai singoli cittadini, perdendo il loro valore originale.

Alla fine, il filosofo decide di non evadere e di accettare la sua condanna alla pena di morte, bevendo la cicuta, un potente veleno. Quindi, se Socrate fosse stato al posto di Hakim, avrebbe fatto concludere tragicamente il film della Disney?

La favola di Aladdin è del tutto immaginaria, s’ispira, però, alle culture orientali.

Nel corso della storia di queste popolazioni (genericamente definite “arabian” nella versione inglese film), non fu mai codificato un sistema di norme che definisse i criteri per la presa di potere di un sultano. L’unica fonte del diritto successorio venne rappresentata dalla tradizione secondo la quale l’ascesa del sovrano fosse nelle mani del dio. In pratica, i requisiti basilari erano l’essere maschio, mentalmente stabile e in grado di generale una prole.

Nel film di Aladdin, si verifica un’appropriazione di potere del tutto indebita, con lo spodestamento del sultano precedente (il padre di Jasmine) senza che quest’ultimo morisse: l‘acquisizione del potere da parte di Jafar è data dall’uso della magia, elemento sovrannaturale e, ad ogni modo, non riconosciuto dalla legge (ove vi fossero delle leggi). Socrate non avrebbe ritenuto del tutto legittimo il fatto che Hakim abbia utilizzato un criterio di valutazione della giustizia del tutto personale per valutare se eseguire o meno gli ordini del nuovo sultano operante, ma, data proprio la non-legge vigente riguardo i criteri di elezione del sultano e l’apparizione di un elemento del tutto inaspettato, come la magia, si può considerare una rivalutazione della decisione di Hakim. Non essendo presenti dei criteri di legge scritti sull’elezione del nuovo sultano, l’accettazione del nuovo regnate spetta ai regnati, quindi Hakim, come poi anche il resto del popolo di Agrabah, è autorizzato ad utilizzare il proprio criterio di valutazione di giustizia morale per decidere se il nuovo sultano possa essere definito tale. Inoltre, come sottolinea Jasmine, che è membro della famiglia reale, l’interesse per il benessere del popolo è una caratteristica essenziale per un buon sovrano, ma è oggettivo che Jafar non la abbia, né sia nelle sue intenzioni provvedere al progresso del regno se non per il suo amore della gloria personale. Socrate anche su quest’ultimo punto sarebbe stato d’accordo, avendo probabilmente affermato anche lui stesso “Se uno fa una cosa per un fine, non vuole la cosa che fa, bensì la cosa per cui fa quello che fa.” nel dialogo di Platone, “Gorgia”.

Quindi Socrate avrebbe fatto altrettanto al posto di Hakim, essendo l’interpretazione del criterio del giusto derivata diretta e legittima della lacuna elettiva presente nel sistema legislativo del regno di Agrabah.

La morale di questo articolo è: guardate il film della Disney e non leggete il Critone, o viceversa, non fate ambedue le cose: è meglio non sapere, però sapendolo!

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