Guardatevi dal mefistofelico circo di Mr.Dark!
del prof. Lucio Celot
Favola nera, racconto di formazione, horror gotico, Il popolo dell’autunno di Ray Bradbury è tutto questo e altro ancora: canto di malinconico addio all’età dell’infanzia, indagine psicologica sulla tenebrosa attrazione adolescenziale per l’età adulta, atto di fede verso la forza salvifica della conoscenza e dei libri. Bradbury, nume tutelare della fantascienza novecentesca con le sue Cronache marziane (1950) e Fahrenheit 451 (1953), scrive un romanzo che si situa a cavallo dei generi per trattare un tema che sarà in seguito abbondantemente ripreso e sviluppato da Stephen King, quello del brat pack, la “banda dei monelli” che, nel confronto con l’orrore e le manifestazioni del Male, si lascia definitivamente alle spalle l’infanzia per fare i conti con la dimensione adulta. Una “poetica dell’infanzia” che accomuna Bradbury non solo a King ma anche ai film di Spielberg e che ha trovato nuova linfa nella serie tv Stranger Things dei fratelli Duffer.
In verità, nel romanzo di Bradbury i “monelli” sono solo due: Will Halloway e Jim Nightshade, due tredicenni nati nella stessa notte, quella di Halloween a soli due minuti di distanza l’uno dall’altro, ma che più differenti tra loro non potrebbero essere: saggio, pacato e riflessivo Will, esuberante, inquieto e insofferente Jim. La loro amicizia è il frutto di questa complementarità, sono lo specchio inverso l’uno dell’altro, rispettivamente la luce e la tenebra, l’io e l’es, lo Yang e lo Yin; Will vuole godersi tutto il meglio della sua età, Jim ha fretta di crescere, anche perché ha avuto un’infanzia complicata dall’assenza di un padre e se la vuole lasciare alle spalle. Quando a Green Town, la cittadina di provincia in cui vivono, arriva lo strano e inquietante circo “Grande Spettacolo Pandemonio di Mr.Dark”, Jim non sta più nella pelle: vuole provare tutte le attrazioni e vedere gli spettacoli dei Fenomeni del circo, l’Uomo Elettrico, la Galleria degli Specchi, la Giostra, la Strega della Polvere, il Nano e soprattutto lui, Mr.Dark, l’Uomo Illustrato, interamente coperto da tatuaggi e immagini che sembrano vive. Ma il “popolo dell’autunno” che vive nel circo non è quello che sembra: è giunto a Green Town per nutrirsi delle paure e dei desideri più oscuri degli abitanti della comunità, gli stessi Fenomeni non sono altro che donne e uomini che un tempo hanno ceduto alle lusinghe di Mr.Dark e ora sono costretti a servirlo; e la Giostra altro non è che un marchingegno diabolico che, a seconda della direzione in cui gira, aumenta o toglie gli anni a chi ci sale. Così, la maestra di Jim e Will diventa una bambina smarrita e infelice con la mente di un’adulta; e Jim è irresistibilmente attratto dalla Giostra che potrebbe farlo diventare adulto in pochi istanti. Scoperto il segreto del circo, Will e Jim diventano le vittime designate di Mr.Dark, ma sarà il padre di Will, Charles Halloway, un bibliotecario di mezza età, disilluso e intristito da una vita che non è stata quella che sperava ma che ha conservato dentro di sé un’anima sognante, a scoprire con quale arma, la più semplice, insospettata e disarmante, sconfiggere un Male destinato comunque a tornare e ritornare eternamente.
Inno all’amicizia e alla solidarietà generazionale, Il popolo dell’autunno è una delle cose migliori scritte da un maestro della fantascienza che, in questo caso, sceglie la strada dell’allegoria fantasy-horror per raccontare un percorso psicologico e spirituale che si esprime con un linguaggio poetico, ricchissimo di metafore e immagini simboliche spiazzanti; Bradbury riesce a comunicare al lettore la magia e il mistero dell’infanzia e dell’adolescenza e, allo stesso tempo, l’atmosfera malinconicamente crepuscolare che è sottolineata dal titolo originale del libro, Something wicked this way comes, “qualcosa di inquietante e malvagio sta per arrivare”. E per Will e Jim non si tratterà solo dello strano circo…
Ray Bradbury, Il popolo dell’autunno, Mondadori 2013 (ed.or. 1962)