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Siamo reali o solo i personaggi di un film di Carpenter? – Il Seme della Follia (J.Carpenter, 1994)

Come avverrà l’Apocalisse? Tramite il contagio di un’entità aliena che si sostituirà progressivamente alla razza umana (La Cosa)? Oppure l’Antimateria riuscirà a rientrare nella nostra dimensione attraverso uno specchio e il Male dominerà incontrastato sul mondo (Il Signore del Male)? Magari non sarà nulla di così eclatante, magari l’Apocalisse si sta già abbattendo su di noi e non ce ne accorgiamo a causa della nostra incapacità di distinguere la realtà dall’illusione, la vita vera da quella raccontata nei libri, gli eventi reali da quelli rappresentati dai mass-media, il tempo della vita da quello del sogno, la razionalità dalla follia. In the Mouth of Madness chiude la trilogia carpenteriana dell’Apocalisse tenendo assieme le ossessioni e le visioni di Philip Kindred Dick e Howard Phillips Lovecraft, i due scrittori che più degli altri hanno influenzato il regista, con un’ambiziosa riflessione sul rapporto tra letteratura (e cinema) di consumo e pubblico nonché sullo statuto gnoseologico della percezione del reale.

            John Trent (Sam Neill) è un investigatore assicurativo assunto dalla casa editrice Arcane (vi dice nulla?) per indagare sulla scomparsa di Sutter Cane, lo scrittore horror più letto al mondo (“vende più di Stephen King”, dice la segretaria che lo contatta) che ha venduto in ben diciotto paesi un miliardo di copie dei suoi libri, per i quali i lettori impazziscono letteralmente e compiono addirittura atti violenti e vandalici quando scoprono che le librerie hanno esaurito le copie dei suoi best-seller. Il direttore della casa editrice vuole vederci chiaro, anche perché la campagna pubblicitaria per l’uscita del romanzo di Cane, In the Mouth of Madness, è già partita ma insieme allo scrittore è scomparso anche l’unico manoscritto dell’annunciato romanzo. Trent subodora la truffa e la messa in scena organizzata per fini pubblicitari ma accetta l’incarico: scopre che ritagliando le copertine degli ultimi romanzi di Cane è possibile ricavare la mappa di una località del New Hampshire (che combinazione, proprio dove sono nati Poe, King e Lovecraft…), Hobb’s End, che però non esiste in nessuna carta d’America. Inizia così, per Trent, un’autentica odissea “dall’altra parte dello specchio” alla ricerca di Cane, durante la quale l’investigatore, dapprima scettico, inizia a credere di essere proprio dentro il romanzo di Cane, di esserne diventato il personaggio principale e di non riuscire più a rientrare nella propria “realtà”: sarà lo stesso Cane a rivelargli che il libro (da cui è già stato tratto un film) altro non è che un portale attraverso il quale potranno finalmente entrare nel nostro mondo creature innominabili e orribili di un’altra dimensione che da millenni attendono di varcare la soglia per annientare l’umanità e dare inizio ad una nuova era. Nel finale, Trent, fuggito dal manicomio dove lo avevamo trovato all’inizio del film, si rifugia in un cinema dove si sta proiettando proprio In the Mouth of Madness di John Carpenter!

            P.K.Dick e H.P.Lovecraft, ovvero la disgregazione del reale, la sua trasformazione in un labirinto senza uscita e l’avvento dei Grandi Antichi, mostri indescrivibili che dormono nelle profondità degli abissi siderali o marini in attesa di essere risvegliati: i due numi tutelari dell’horror contemporaneo, i due scrittori capaci più di chiunque altro di sovrapporre abilmente il reale e l’illusorio dissolvendone i labili confini, sono i due riferimenti testuali su cui Carpenter costruisce sapientemente la trama del film. Pur mai citati direttamente, i due scrittori, soprattutto il Solitario di Providence, sono presenti nelle atmosfere del film, tipiche dei loro racconti. Lasciamo al fan e/o al lettore di Dick e Lovecraft il piacere e il divertimento di scovare nelle pieghe dei fotogrammi i numerosissimi riferimenti presenti nel film (dai titoli dei libri di Cane all’epidemia di follia che sconvolge la società, dal viaggio che Trent intraprende nel New Hampshire fino alle creature le cui mostruose, viscide e inumane sembianze si intravedono nelle sequenze finali): la maestria di Carpenter sta anche nel mostrarci quanto abbia ben compreso e fatto proprio l’impianto narrativo complessivo dei due scrittori.

Cthulhu, uno dei Grandi Antichi di H.P.Lovecraft

            Ma è, ancora una volta, la dimensione della critica politica quella che ci fa apprezzare Carpenter e il suo new horror: i libri di Cane, così abilmente pubblicizzati e distribuiti, generano un’autentica epidemia di follia omicida in chi li legge, producono nei lettori meno equilibrati “disorientamento, perdita di memoria e forti reazioni paranoiche”; gli stessi lettori di Cane, che diventano una sorta di setta di fanatici adepti, scatenano risse e violenze quando le copie nelle librerie si esauriscono. Non ci fa, tutto questo, ripensare alle file chilometriche di chi vuole compulsivamente acquistare l’ultimissima versione dello smartphone di tendenza? O agli episodi di violenza durante i black Friday nei centri commerciali di tutto il mondo? Il “morbo” che si diffonde è, evidentemente, non solo quello delle storie di Cane e della macchina editoriale della Arcane ma, in senso più lato, quello dei mezzi di comunicazione di massa e del consumismo, due forme di potere in grado di dominarci, plasmare le nostre opinioni, perfino modificare lo statuto della realtà che percepiamo. Il Seme della Follia è, così, l’ennesimo richiamo del regista di Carthage al dovere della demistificazione e dello smascheramento da parte della Settima Arte.

Il Seme della Follia (In the Mouth of Madness)

Regia: John Carpenter

Distribuzione: USA 1994 (col., 95’)

H.P.Lovecraft, Tutti i racconti, Mondadori 2017

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