Un’insolita visita con la scuola
di Matilde d’Angiò IIF
Di norma, oggetto di visite guidate ed uscite didattiche sono musei, teatri, chiese ed altri complessi monumentali. Tuttavia, la straordinaria città di Napoli sembra trasudare pagine di storia da ogni suo edificio e da ogni centimetro del lastricato lucido che ne ricopre le vie principali. Per quanto inusuale che sia, infatti, la visita guidata presso l’ormai fatiscente “Complesso ospedaliero degli Incurabili di Napoli” è stata tra le più interessanti alle quali abbia partecipato. Benché esso versi, ormai, in condizioni che ne compromettono gravemente il valore culturale e la funzionalità sotto un aspetto prettamente pratico, esso resta operante dal 1521, data della sua fondazione. La storia ha dell’incredibile ed è legata alla figura della nobildonna catalana Maria Lorenza Longo. Giunse a Napoli nel 1506 al seguito di Ferdinando il Cattolico da inferma e fu oggetto di una miracolosa guarigione nel 1509 presso il Santuario della Madonna di Loreto. Fu, questo evento, di tale impatto da condurla ad una totale devozione religiosa che sfociò in innumerevoli opere di carità, rimaste impresse nella memoria del popolo napoletano per ancora molti secoli a seguito della sua morte tanto da far sì che siano sopravvissuti al tempo racconti e leggende d’ogni tipo. Il nome dell’ospedale, che sorge in Via Maria Longo e che venne per l’appunto chiamato “degli incurabili”, deriva dall’impossibilità diffusa di curare il morbo della sifilide -sviluppatosi a partire dal 1495- che, a causa delle sue modalità di trasmissione, fu a lungo chiamato “mal francese” o “mal napoletano” a seconda che si volesse scaricare la colpa sull’uno o sull’altro popolo. La malattia, ad ogni modo, trovava strumento di diffusione nella comunissima pratica della prostituzione come mezzo di sostentamento. Per questa ragione, la Longo fondò il più grande ospedale napoletano del tempo capace, con i suoi numerosissimi posti letto, di offrire cure a coloro i quali erano stati rifiutati dagli ospedali sovraffollati e a coloro ai quali erano state negate le cure per ragioni economiche. Con il tempo, l’Ospedale degli Incurabili di Napoli divenne il fiore all’occhiello della città ospitando la sede della Facoltà di Medicina di Napoli, gremita di medici e studenti provenienti da tutt’Europa, e sperimentando le prime operazioni chirurgiche con anestesia mai effettuate. Maria Lorenza Longo, tuttavia, si prodigò molto anche per limitare la diffusione della malattia restituendo, allo stesso tempo, una dignità alle tante ragazze napoletane che, vittime della fame e della povertà, si erano trovate costrette a vendere se stesse. Iniziò, così, col distribuire denaro alle prostitute incontrate in strada affinché non avessero la necessità di lavorare e successivamente riuscì addirittura a fornire una dote ad alcune di esse, consentendo loro di maritarsi e di condurre una vita normale. Fondò persino il cosiddetto “Monastero delle Pentite” o “Monastero delle Convertite” nel quale furono accolte le donne che avevano recuperato una speranza, e quindi la fede religiosa, salvandosi dalla vita di strada cui erano destinate. Di sua fondazione è anche il noto “Monastero delle Trentatré” il cui nome per esteso è “Monastero di Santa Maria in Gerusalemme delle Monache Clarisse Cappuccine dette le Trentatré”. Al suo interno potevano essere accolte non più di trentatré monache clarisse, ossia osservanti la regola della povertà assoluta predicata da Santa Chiara, che non avevano dote. Al tempo, infatti, anche l’accesso alla vita ecclesiastica prevedeva dei “costi” e l’unica ragione per cui Papa Paolo III acconsentì alla fondazione del monastero fu la speranza di una possibile restaurazione dei valori morali dell’istituzione ecclesiastica che, proprio in quel periodo, era oggetto di pesanti accuse di corruzione e venalità da parte di Protestanti e Calvinisti. Tuttavia, il pontefice impose un numero massimo di donne che il monastero avrebbe potuto accogliere che corrispondeva al numero degli anni di Cristo: trentatré. Il monastero ospita attualmente dodici monache di clausura che hanno, nel corso degli anni, organizzato un vero e proprio micro mondo all’interno della struttura continuando, tuttavia, a mantenere i contatti con l’esterno limitati all’uso della “ruota”. Si tratta di una vera e propria ruota in legno che impedisce ogni forma di contatto diretto con le monache e che da quasi cinque secoli accoglie appelli, preghiere, storie, confessioni e voci molto meno distanti da noi di quanto si possa pensare. La modernità straordinariamente rivoluzionaria di Maria Lorenza Longo, anch’essa divenuta negli ultimi anni di vita monaca di clausura, e la sua immensa devozione per gli atti di beneficenza, hanno, infatti, tenuto a lungo in vita il suo ricordo e trovano massima espressione nell’iscrizione riportata sulla sua lapide: “Qualsiasi donna ricca o povera, patrizia o plebea, indigena o straniera, purché incinta, bussi e le sarà aperto”. É, pertanto, assurdo che la sua memoria stia lentamente scomparendo rendendo sempre più un’estranea per tutti noi una donna che è parte della storia di Napoli, così come lo sono l’evento miracoloso che avrebbe fatto conservare intatto il corpo di Maria Lorenza Longo a distanza di un anno dalla sua morte, il ritrovamento di un frammento di affresco all’interno del monastero raffigurante probabilmente proprio Maria Lorenza Longo e i racconti di curiosi avvistamenti della donna per i corridoi dell’Ospedale. Ugualmente, l’Ospedale degli Incurabili di Napoli possiede un valore storico inestimabile ed era caratterizzato, un tempo, anche da grande valore artistico grazie alla struttura architettonica in sé per sé e ai numerosi affreschi che la mancata manutenzione, le infiltrazioni d’acqua e la modifica incauta di alcuni ambienti stanno, in maniera pericolosamente veloce, distruggendo per sempre. Attualmente, il processo di beatificazione della donna è ancora in corso.