GATTA CENERENTOLA: UNA PRINCIPESSA MUTA

di Chiara Malvano I E

Nelle sale dallo scorso 14 settembre, Gatta Cenerentola, per la regia di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone, rivisita la celebre fiaba di Giambattista Basile ambientandola in una Napoli futuristica e decadente, in balia della criminalità.

Mia, la nostra gatta cenerentola, si ritrova a vivere servendo la matrigna Angelica e le sei sorellastre a seguito dell’assassinio del padre, il ricco armatore e scienziato Vittorio Basile, per mano dell’ambizioso trafficante di droga e amante di Angelica Salvatore Lo Giusto detto ‘O Re.

Verrà aiutata a sfuggire dall’inferno che la sua realtà è diventata da Primo Gemito, ex guardia del corpo di suo padre.

La storia è ambientata nel macabro scenario della Megaride, una nave ipertecnologica ormai abbandonata e decadente che era stata progettata da Basile per rendere il porto di Napoli un grandioso polo di scienza e tecnologia; quì i ricordi prendono vita sotto forma d ologrammi.

La scelta del nome della nave è ricca di significato, poichè richiama il nome del celebre isolotto sul quale sorse il primo nucleo abitativo di Napoli, come a voler celebrare un passato glorioso in stridente contrasto con un presente di squallore e decadenza.

Il senso di angoscia provato dalla protagonista si traduce anche nei colori e nelle ambientazioni che ricordano un incubo e nell’aspetto fisico dei personaggi che appaiono sciupati e dai tratti spigolosi.

E’ un film ricco di valori e metafore; tra queste una delle più belle ed attuali riguarda il confronto tra le figure di Vittorio Basile e Salvatore Lo Giusto, entrambi ricchi di potere e risorse , con la differenza che il primo è pronto a metterle in gioco per il bene di Napoli, mentre l’altro le impiega per interessi personali e a scapito della città; viene infatti reso chiaro che a Lo Giusto la decadenza e la povertà di Napoli fanno comodo per i suoi affari.

Il contrasto tra queste due figure influenti in sensi opposti ricorda un po’ quello trai personaggi del prete Saverio e del boss detto ‘O Russ nel musical Scugnizzi.

Interessante è anche la scelta di rendere muto il personaggio di cenerentola, giustificando ciò col trauma per la perdita del padre, metafora dell’apparente impotenza della giovane davanti a meccanismi e sistemi più grandi di lei, complessi e pericolosi, di fronte ai quali si vede costretta a tacere sentendosi impotente nel determinarne il cambiamento. Da questo punto di vista, in Mia è possibile riconoscere il sentimento che troppo spesso noi giovani proviamo nei confronti della società attuale.

Molto simbolica è anche la figura di un uccello in gabbia, dono di Basile ad Angelica, che come Mia diventa muto a seguito dell’assassinio dell’uomo, per riprendere a cantare solo ad un certo punto della storia.

Si tratta di un film molto profondo e, a dispetto del genere, dedicato ad un pubblico maturo e aperto alla riflessione: come si può evitare che la Napoli del futuro somigli a quella ritratta nella pellicola, dalla quale è possibile solo fuggire?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.