“La pelota siempre al dièz”

di Salvatore Monaco e Pietro Peluso, pansiniani doc. 

Napoli, 26/11/2020

Non bastano le lacrime, neanche il giorno dopo.
Lutto cittadino a Napoli.
Attraverso a piedi con Salvatore un Parco San Paolo congestionato di auto, come non si vedeva da mesi ormai. C’è anche qualcun altro, che a passo sostenuto con fare frettoloso sussurra “permesso”, ma più per abitudine che per cortesia, spostando e infilandosi, dribblando le persone sul marciapiede con modi tutt’altro che cortesi, col pensiero evidentemente altrove, a qualcosa o qualcuno da dover raggiungere nel più breve tempo possibile, a un “guaio” a cui trovare immediatamente rimedio. Il mio pensiero va alle domeniche di stadio, ai pre-partita quando giochiamo in casa. Ma c’è qualcosa di diverso, un’enorme stonatura nel contesto che non fa presagire bene. Un silenzio estraneo, anormale. È lutto per davvero.
Chi incrociamo camminando nella direzione opposta mantiene il capo chino. Nessuno che incroci il nostro sguardo, neanche per errore.
Si iniziano a percepire dei cori, cori familiari, conosciuti, ma più deboli, mesti, privi della consueta partecipazione massiva, che li ha resi celebri in tutto il mondo.
Man mano che ci si avvicina alla Curva non si può fare a meno di accorgersi di quello che un flusso instancabile di pellegrini ha deposto a ridosso delle recinzioni nel corso delle ore. Candele, fiori, sciarpe, maglie, foto, dediche, lettere, come offerte riposte dai fedeli di una religione pagana proprio davanti al simbolo della loro religiosità, accompagnati da un sottofondo perpetuo di cori, che nella circostanza assomigliano a preghiere. In quel momento si ha la percezione di essere all’entrata di un vero e proprio luogo sacro, un tempio all’interno del quale la storia è stata indelebilmente incisa, segnata dal passaggio di una divinità, una figura senza eguali. Proprio così: senza eguali. In alcun ambito.
L’accumulo dura da quasi un giorno, e in alcuni punti obbliga a fermarsi ad oltre un metro dai cancelli. E quel gesto, sempre lo stesso, accentua proprio nella sua ripetitività l’aura mistica del momento: un inchino, accompagnato talvolta da un segno della croce, in una mescolanza di culti unica, ma che da queste parti non genera il minimo stupore.
Chi si ferma, bloccando il via-vai, per una preghiera, una meditazione, in contemplazione o semplicemente per trattenere le lacrime all’intonazione dell’ennesimo “oi vita, oi vita mia”, viene quasi subito distolto da chi con gesti delicati, silenziose carezze di compatimento, chiede solamente con gli occhi di potersi avvicinare. Ci si allontana quindi per dare spazio con comprensione a chi si appresta a piangere una perdita comune, un Grande tristemente scomparso.
Grande, sì.
Come Calciatore, il più forte mai conosciuto.
Come Sportivo, capace di trasformare i suoi gesti in campo in atti di vera opposizione politica e sociale alle ingiustizie.
Come Uomo, al netto di debolezze capaci di danneggiare nessun altro se non lui stesso. Perchè la grandezza di un uomo non si misura in base a quanto è capace di compiere nella propria vita, ma a quanto è capace di incidere nella vita degli altri. E il mondo, in queste ore, sta dando una dimostrazione tangibile della Grandezza di Diego.
Perchè Diego è della gente.
Perchè Diego è uno solo.
Perchè Diego è.
E non potrà mai morire.
“La pelota siempre al dièz.”

Ciao, Diego.

 

Napoli, 27/11/2020

Caro Diego,
Ieri pomeriggio sono andato sotto il tuo stadio, sotto la tua casa per lasciare una foto che ritraeva te, Careca e Alemao. La trovai da piccolo in curva, la portai a casa e la conservai gelosamente. Ieri però ho sentito il bisogno di portartela, sentivo il bisogno di omaggiarti e di ringraziarti per tutto quello che hai fatto per questa città e anche per me. Si perchè, anche se non ti ho mai incontrato e non ti ho mai visto giocare, per me hai fatto tanto. Mi hai fatto innamorare del calcio, mi hai insegnato a stare dalla parte dei più deboli e mi hai insegnato che per essere felici basta poco, a te ad esempio serviva un pallone. Ti è bastata la tua amata pelota per rendere felici anche i miei genitori,i miei zii e tutti coloro che ti hanno visto giocare e che poi mi hanno raccontato di te. Sai Diego, ho sempre amato sentir parlare di quello che hai fatto e mi ha sempre affascinato vedere gli occhi di chi narra diventare lucidi, sentire la voce tremolante per l’emozione e un sorriso sincero e contagioso stampato in faccia. Solo così sono riuscito davvero a capire chi sei, la passione che emana un qualcuno che ti ha visto giocare è disarmante, è impossibile non essere travolti, è impossibile restare indifferenti davanti ad una tale forza. Non vorrei essere profano ma in questo davvero c’è qualcosa di divino, come può una singola persona fare tutto ciò giocando. Come hai fatto? Barrilete cósmico… ¿de qué planeta viniste? Molti non capiscono, molti idioti parlano a vanvera, ma loro non sono enterni, non sono come te. Tu sei un artista, tu sei immortale, tu sei D10S. Sei la voce di chi non ha voce, sei il simbolo della rivalsa, sei la prova che gli ultimi possono davvero diventare i primi. In questi giorni Napoli, l’Argentina, il calcio piangono il proprio re. Non sei più su questa terra Diego, ma la tua essenza è qui con noi, è tra le strade di Napoli e di Buenos Aires, è nei campetti di periferia e in qualsiasi stadio del mondo. Quello che hai fatto per questo sport e per noi che lo amiamo non scomparirà mai e non verrà mai dimenticato, e ora sta a noi continuare il tuo mito raccontandoti alle generazioni future. Già mi immgino quando mio figlio mi chiederà <<Papà chi era Diego Armando Maradona?>>. Io gli farò sentire “La Vida Tombola” di Manu Chao e cercherò di spiegargli chi sei nel modo in cui lo ha fatto mio padre con me: con tanto amore e tanta passione. Perchè solo così potrà capire cosa significhi per questa città, per me e per tutti coloro che ti hanno ammirato. La pelota siempre al Diez, siempre a Diego. Gracias Dios, por el fútbol, por Maradona, por estas lágrimas. Viva el fùtbol. Ciao Diego, grazie di tutto, ti voglio bene e ti porterò sempre con me.
Un abbraccio forte, Salvatore.

2 pensieri riguardo ““La pelota siempre al dièz”

  • 28 Novembre 2020 in 9 h 37 min
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    Innanzitutto ben scritti…
    Senza retorica una passione raccontata in modo semplice, ma che rende Maradona ancora più grande perché ognuno lo sente suo, parte del proprio vissuto, patrimonio da trasmettere.

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  • 28 Novembre 2020 in 18 h 12 min
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    Bravi ragazzi,davvero bravi!
    Non sono un’amante del calcio ma le vostre parole mi hanno commosso. In esse ritrovo con nostalgia la vostra sensibilità.

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