L’importanza dell’ironia – La vita è bella (Italia, 1997)

di Ginevra Martone (IIIA)

Roberto Benigni, grazie al film La vita è bella, è riuscito ad ottenere un posto d’onore al fianco dei più grandi registi del nostro paese. L’idea nasce dall’incontro del regista con un ex-deportato nei lager nazisti, Rubino Salmoni (autore del libro Ho sconfitto Hitler) e narra la storia di Guido Orefice, trasferitosi nella campagna fiorentina, di sua moglie Dora, maestra elementare, e della loro storia d’amore negli anni del nazifascismo. Durante una giornata come le altre Guido e Giosuè, loro figlio, vengono arrestati dai tedeschi e deportati in un campo di concentramento; nel frattempo Dora, che al momento dell’accaduto si trova fuori casa, venuta a conoscenza del fatto, decide di raggiungerli salendo su un treno diretto allo stesso campo, nonostante non sia ebrea. È proprio in questo luogo infernale che si svolge la parte centrale della vicenda: i tre, riunitisi in un primo momento, vengono nuovamente separati: Dora va con le donne, Giosuè e Guido con gli uomini. 

Il film è la tragica e meravigliosa storia di una famiglia inseparabile, di un amore che perdura nonostante le difficoltà e di un padre che è pronto anche ad affrontare la morte per proteggere suo figlio. Il momento più drammatico del film si svolge all’interno del lager: lì, Guido escogita un piano per salvare suo figlio e sottrarlo alle brutalità e agli orrori del campo di concentramento. La guerra diventa così un gioco organizzato nei minimi dettagli, la vita stessa viene presa con ironia e i tedeschi diventano semplici antagonisti, mentre padre e figlio sono solo dei giocatori che devono impegnarsi per ricevere il premio finale.

Benigni nel film propone una chiave interpretativa davvero particolare: la vita può essere un gioco, in ogni situazione possiamo sempre decidere di fuggire dalla realtà grazie al riso e di portare con noi chiunque voglia seguirci, donando conforto allo spirito. Il raggiungimento della felicità e del piacere, anche se solo temporanei, è un tema caro all’uomo che, fin dai tempi della cultura greca, è sempre stato trattato in tutti i campi: dalla letteratura all’arte, dalla filosofia alla musica, fino all’800, secolo in cui gli intellettuali, come ad esempio Bergson, collegano il riso e la ricerca dell’ironia alla paura scaturita da situazioni per noi impossibili da controllare: secondo il filosofo, infatti, si ride ogni volta che si percepisce nel fluire della vita un ostacolo; il ridere reprime la disarmonia, che viene vista come pericolosa per la propria sopravvivenza ed evoluzione. Secondo Jankélévitch, che riprende il pensiero di Kierkegaard, partendo dal presupposto che le cose non sono di per sé né allegre né serie, l’ironia, così come la serietà, sono atteggiamenti della coscienza, forme di distacco dall’universo e da sé; l’ironia conferisce una nuova forza all’azione dell’uomo nel mondo e lancia il suo sguardo oltre la disperazione. 

Probabilmente è proprio questo che Benigni vuole raccontare attraverso La vita è bella: nella prima parte c’è la rappresentazione di una vita felice, allegra e spensierata; nella seconda c’è lo sconvolgimento della deportazione, che innesca l’inventiva dell’ironia nella mente di Guido e fa sì che la coscienza e l’anima del piccolo Giosuè restino lontane dal male, per quanto possibile.

In tempi di guerra, come quelli che stiamo vivendo oggi con l’invasione dell’Ucraina, si cerca spesso di “non pensare”, di chiudere gli occhi di fronte alle brutalità che spesso non prendiamo in considerazione in quanto “lontane da noi”. Ma, in realtà, sono più vicine di quanto crediamo. È proprio per questo che agire è fondamentale, così come ricordare. Talvolta, distaccarsi dalla realtà è necessario ma anche agire per salvare chi è in difficoltà deve esserlo. Mai chiudere gli occhi.

La vita è bella

Regia: Roberto Benigni

Distribuzione: Italia 1997 (col., 124 min.)

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