Federico II, uomo del suo e del nostro tempo

di Pietro Aldo Mocerino II G

“È difficile distinguere tra storia e leggenda, separare i fatti dal mito”: questo l’esordio della lezione “Federico II, tra storia e leggenda”, che si è svolta lunedì 11 marzo e rientra nell’ambito delle iniziative promosse dall’omonima Università degli studi di Napoli per celebrare i suoi 800 anni. L’onore è spettato ad Alessandro Barbero, professore ordinario di Storia medievale presso il Dipartimento di studi umanistici dell’Università del Piemonte orientale “Amedeo Avogadro”, nonché scrittore e conduttore di note trasmissioni televisive su Rai Storia.

Significativamente, proprio per evidenziare il profondo legame culturale tra l’accademia e la città di Napoli, si è deciso di non far svolgere la lezione nella ‘solita’ aula, bensì nel più rappresentativo teatro cittadino, il ‘San Carlo’, completo in ogni ordine di posti. Un ‘sold out’ annunciato, visto il prestigio del relatore, tanto che l’evento è stato trasmesso pure in streaming sul canale YouTube dell’Ateneo. Dopo la presentazione del Rettore Matteo Lorito, la parola è passata a Barbero, che con la sua inimitabile capacità espressiva, davvero unica, ha entusiasmato i presenti, ricordando all’inizio che Papa Gregorio IX vedeva in Federico un vero nemico della cristianità, sospettandolo (a torto) di essere filoislamico. Infatti, Federico promulgò leggi severissime contro gli eretici, ma la propaganda era contro di lui. Era “un ragazzo del sud”, adorato dai poeti tedeschi, eppure capace di ribellarsi al potere totale (sia spirituale che temporale) dei pontefici. Per questo affascinò molti dei suoi contemporanei, ma allo stesso tempo “fu maledetto” dalla Chiesa, perché “corruttore di tutta la terra”, come riferisce nella sua “Cronica” Salimbene, storico del tempo, che in lui vede realizzarsi l’antica profezia dell’anticristo.

In realtà, Federico era uomo straordinario, “animato da una curiosità intellettuale inesauribile”. Anche se su di lui sono fioriti aneddoti spesso inverosimili, è possibile definirlo “il primo uomo moderno apparso tra le tenebre del medioevo”, come affermò Burckhardt, “uomo del suo tempo”, secondo Kantorowicz, in grado di capire prima di altri che il suo Stato non poteva non avere un’università. E la creò, perché non gli bastavano i dotti di corte, voleva innovare il tessuto sociale e culturale del suo regno, accogliendo anche musulmani ed ebrei. Era un illuminista ‘ante litteram’, anche per questo la propaganda cattolica si scatenò contro di lui. La sua stessa partecipazione alla sesta crociata, dopo la precedente scomunica di Gregorio IX, passa alla storia per un accordo avveniristico col sultano del tempo, che prevedeva la pacifica coesistenza di cristiani ed islamici e, al contempo, la restituzione di Gerusalemme alla Chiesa.

“Non è facile separare i fatti dalle leggende, ma ci salva il dato che anche le leggende, quando la gente ci crede, diventano fatti, indicativi della grandezza di un uomo come Federico”, questa l’acuta conclusione di Barbero, che è stata salutata dai presenti con un’autentica ovazione. E forse è quanto mai significativo che, con me, ad applaudirlo ci fossero tantissimi ragazzi, affascinati da una lezione che ha dimostrato l’eterna vitalità ed attualità della storia.

 

      

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