La stazione dei ricordi

di Carlotta Giuliano (IVD)

Mi alzai dal pavimento freddo della stazione, ancora parecchio scombussolato dall’accaduto, o non accaduto? Non sapevo né cosa pensare né cosa fare, quindi presi a trascinarmi per le lunghe linee gialle che contornavano il pavimento in pietra della stazione.

Alzai il polso sinistro per controllare che ora fosse, ma chiunque fosse stato, mi aveva preso anche l’orologio. Sbuffai e mi sedetti su una panchina, massaggiandomi il collo, cercando di attenuare il leggero mal di testa, che mi era venuto.

Avevo fame, avevo freddo, avevo sonno e se non fosse stato per il fatto che queste sensazioni le sentivo intensamente, avrei pensato fosse solo un sogno, una di quelle strane visioni che transitano tra il bel sogno e l’incubo spaventoso. Uno di quelli che non sai descrivere pur trovando le parole. Dopo una quindicina di minuti seduto su quella panchina di metallo, passati fissando come un pazzo le rotaie davanti a me, decisi di alzarmi e fare il punto della situazione. Cosa era successo? Quando era successo? Perché era successo? Ma soprattutto, dove ero io in quel momento? Mi resi conto solo allora, di non sapere dove mi trovassi. Allora mi incamminai lungo le rotaie, come dicono in quelle strane guide su “se ti perdi nella giungla”, anche se non mi trovavo esattamente in una giungla. Camminai a passo svelto verso una direzione a me ignota, ma con il solo obbiettivo di capirci qualcosa in più del pasticcio in cui, volutamente o non, mi ero cacciato.

Camminai per minuti, oppure ore, in quel momento l’unica cosa che mi interessava fare era raggiungere un posto meno desolato. Finché in lontananza non scorsi la fermata successiva. Mi misi a correre come un pazzo e quando rallentai mi venne il fiatone. ­­-Non faccia salire troppo il suo battito cardiaco, se no poi è lei che ci rimette la salute- diceva sempre il dottor De Santis, ma in quel momento, correre era l’unica alternativa, avevo paura che quell’illusione si polverizzasse. Mi fermai e mi ritrovai in una strana stazione, le rotaie erano spezzate e sconnesse e l’intero spazio sembrava cadere a pezzi. Deluso, scrollai le spalle, pensando che quella in cui mi trovavo fosse una stazione abbandonata e feci per andarmene. Proprio quando mi rigirai scorsi qualcosa nella cabina dell’impiegato. Mi avvicinai cautamente ad essa, con tutte le cose che mi stavano capitando non mi sembrava il caso di rischiare ulteriormente. Quando arrivai a circa un metro di distanza dalla cabina, vidi un uomo sulla sessantina con i capelli brizzolati, di corporatura robusta e massiccia, mentre beveva qualcosa, forse soda, leggendo un giornalino. Io mi stirai i vestiti e, per attirare la sua attenzione, feci un colpetto secco di tosse. Niente. Allora ne feci un altro, più forte. Ancora nulla. Fino a che, lo chiamai – Signore, mi sente?

Quello sobbalzò e mi fissò incredulo. Prese un foglio sgualcito e abbastanza lurido e lo lesse a fondo. Poi lo posò cautamente in una cartellina completamente vuota e mi guardò attentamente.

-Cosa ci fa lei qui?- Mi chiese lui assottigliando gli occhi.

-Beh, a dire il vero è quello che vorrei sapere anche io- mormorai.

Il signore mi sentì. –Quindi immagino che lei non lo sappia…-

Io lo guardai, e poi riluttante feci segno di no con la testa.

Qualcosa nei suoi occhi si accese, come la scintilla che accende un grande fuoco, un fuoco vivo, che da tempo aspettava di bruciare.

Tutto esaltato uscì dalla sua cabina dai vetri offuscati e mi prese saldamente sotto braccio. Io sussultai dalla sorpresa. Si incamminò di gran passo, fatto molto strano se si considerava la sua corporatura non troppo “atletica”, verso un piccolo edificio. Pensai fosse un fatto bizzarro, dato che quella casupola prima non l’avevo vista, ma non ci badai troppo. Fuori l’edificio rispecchiava l’aspetto dello strano signore. Era una catapecchia ma aveva un non so che di familiare che la rendeva accogliente.

Il signore notò il mio interesse verso la casa e sorridendo apertamente mi disse: -Bella vero? E’ stata fatta per piacere ad ogni singolo individuo che la guardasse. Ognuno a modo proprio. Tutti noi abbiamo un differente modo di guardare la bellezza, ma una cosa che è comune per tutti è che questa è sempre bella.

– Non ci avevo mai pensato… Ma, mi dica, cosa intende per “piacere ad ogni singolo individuo”?- gli chiesi io.

Lui sembrò ignorare la mia domanda, ma alla fine sorrise, mi guardò, riguardò la casa e sorrise di nuovo aprendo la porta. Quello che trovai dentro mi sbalordì talmente tanto da dovermi sedere per potermi riprendere. C’erano milioni di bottigliette impilate ordinatamente come il vino nelle cantine, ma la cosa strabiliante era il contenuto di queste bottiglie. Alcune piene di colori vivaci, di armonia e pace, mentre altre, talmente nere da superare l’oscurità del nero stesso.

-Prima mi ha visto così sorpreso, perché in realtà non mi aspettavo che fossero qui- disse lui.

-Scusi può spiegare meglio?-

-Certamente giovanotto. Ho detto che non mi aspettavo che i suoi ricordi sarebbero stati mandati qui. Nessuno mi ha avvertito, neanche la mia segretaria, dovrei licenziarla per questo sa, si rischia molto offuscando l’arrivo di un ricordo. Ma è una persona così educata e gentile…- Continuò.

-Ricordi?, come ricordi che significa, che sta succedendo?-

-E’ normale figliolo, anche io reagì così la prima volta che le vidi. Era il 19….lasciamo perdere diciamo solo tanto tempo fa.

Il signore poi mi spiegò che ogni volta che qualcuno perdeva un ricordo, importante o meno, veniva mandato in quel posto. Però era molto raro che qualcuno se lo venisse a riprendere.

-Quindi tutto quello che devo fare è trovare il mio, prenderlo e poi che devo fare… berlo?-

-No, no niente del genere. Non ci troviamo mica in un racconto di fantasia!-

A quella affermazione mi misi a ridere, il signore lo notò e, avvertendo l’inopportunità del suo commento, scoppiò a ridere anche lui.

-Partiamo dal fatto che non sarà facile trovare il suo ricordo, vede quanti ce ne sono qui? E guai se sbaglia e ne prende un altro… sarebbero gravissime le ripercussioni che incomberebbero su di lei e su questa stazione. E poi, per ricordare le sue memorie basta guardarle.

-Bene, da dove iniziamo?- chiesi io.

Il signore indicò uno scaffale lontano – lì arrivano i nuovi ricordi.

Iniziammo ad allontanarci verso la parete in fondo del negozio, ma questa sembrò non avvicinarsi mai. Dopo qualche minuto di camminata il signor Coriandolo mi sembrava di aver capito, si fermò e prese a rovistare tra degli scatoloni di cartone, con su la scritta ATTENZIONE, RICORDI, MANEGGIARE CON CURA. Ne tirò fuori una con aria soddisfatta, ma poi deluso, al ripose al suo posto. Fece ciò in silenzio per un po’ di volte e poi iniziò a parlottare qualcosa come “signora Luigini, no, Giacomo Testuggine, neanche, Gianfranc… poi si interruppe

-Mi sono reso conto che non so il suo nome, signor…-

-Oh, sì giusto. Ricoletti. Emilio Ricoletti. E mi dia pure del tu per favore.-

Questo mi ascoltò, e poi continuò con la sua caccia al tesoro. “ Gianluigi Piemontese. Franca Di Costanzo, Gennaro Esposito, Giuseppina Ricoletti”. Poi mi guardò.

-Oh no quello di sicuro non sono io.- risposi sorridendo.

Il signore si mise a ridere e continuò, continuò, continuò con una lista infinitamente lunga di nomi fino a che disse “ Gianpietrofrancogiuseppe Di Pietroburgo, Florinda Vespa, Emilio Ricoletti, Luisina DeBernardis, Mimmo detto il pescatore…Aspetti,  Gianpietrofrancogiuseppe Di Pietroburgo, Florinda Vespa, Emilio Ricoletti, EMILIO RICOLETTI! Eccolo, trovato, dovrò proprio dirne quattro a Melinda.

-Chi scusi?-

-Melinda, la mia segretaria, immagino che stesse parlando con quel suo nuovo ragazzo, Gino, mi pare si chiamasse, sì.

-La ringrazio infinitamente, ora posso riavere i miei…ricordi?-

-Oh, certo caro tieni.

Mi passò in mano una bottiglietta con un contenuto grigio e viola, gli chiesi cosa stesse a significare, ma lui non rispose, fece solo un gesto indirizzato allo strano oggetto, invitandomi ad aprirlo. Stappai con cautela il tappo di sughero, un odore acre impregnò l’aria e un rumore acuto, come lo sferragliare del treno sui binari, mi fece voltare, ma il vecchio mi rigirò la testa verso la bottiglia dicendomi di fare presto. Dalla bottiglia uscirono una serie di immagini confuse, colori che si mescolavano, voci, rumori di bagagli e di signore che parlottavano del più e del meno e di una assistente  ferroviaria  che mi scosse la spalla dicendomi: – Signore si svegli, siamo arrivati a Napoli.

2 pensieri riguardo “La stazione dei ricordi

  • 10 Novembre 2022 in 16 h 27 min
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    Stupendo!
    Un racconto che fa viaggiare davvero col pensiero! Ti trasporta sempre più 😍!
    E’ bellissimo scoprire che ci sono dei talenti di scrittura così giovani!
    Brava Carlotta! Tanti complimenti!

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  • 11 Novembre 2022 in 22 h 04 min
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    La mente attraverso il sogno, spazie e si libera di ogni argine e l’inconscio prende il sopravvento. Poi il risveglio spegne ogni cosa e ci riporta alla realtà. Bellissimo racconto, scritto molto bene. Carlotta, hai un futuro come scrittrice. Aspettiamo il prossimo. Complimentoni.

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