Nihon No tabi (viaggio in Giappone)

di Lorenzo Unich II F

Anche quest’anno ritorna su pausa caffè la nostra rubrica di viaggi che ho l’onore di inaugurare proprio con il mio viaggio in Giappone. Ebbene sì: quest’estate, nel mese di agosto, ho passato quindici giorni nella patria del sushi, degli anime, della Toyota e della Sony. Sono arrivato il primo agosto, dopo un totale di circa ventiquattro ore di viaggio, a Kyoto capitale culturale del Giappone, il cui nome evoca un milione e mezzo di abitanti e quasi millecinquecento anni di storia. Qui ci sono più di mille templi e santuari delle due religioni più praticate in questo paese: il buddismo e lo shintoismo. Specialmente nel quartiere di Gion si respira un’aria di tempi passati, si possono incontrare geishe per strada o si può mangiare in ristoranti di legno, si  cammina scalzi e l’inglese non si sa nemmeno cosa sia. La città è (inutile a dirsi) pulitissima, silenziosa e poco inquinata, anche perché in Giappone moltissimi cittadini si muovono con i mezzi pubblici: per strada si vedono principalmente autobus, taxi e furgoni. Tutto è in equilibrio e ciascun cittadino convive in armonia con gli altri, trasmettendo una sensazione di benessere generale, di contentezza. Per non parlare dei templi e dei santuari bellissimi, pieni di gente a ogni ora, dove il rapporto con la divinità è così profondo da sembrare quasi tangibile e dove la bellezza prende le forme più disparate e diverse. Nei luoghi sacri ci sono poche e semplici procedure da rispettare, ma sono cariche di significato. Una delle più interessanti, e forse anche la più singolare, è la preghiera: ogni persona che lo desidera getta una piccola offerta, tira una fune legata ad una sorta di campanello, s’inchina due volte e formula la sua richiesta sottov

oce, a mani giunte; inoltre, sono numerosi i riti scaramantici, come dirigere sulla propria testa i fumi dell’incenso, i “simboli” (ad esempio, le volpi sono considerate messaggere degli dei, perciò spesso ci sono nei santuari statue che le rappresentano) e le tradizioni, come quella di costruire un Torii (immagine sopra) per ringraziare una divinità che ci ha ascoltato. I santuari, spesso, sono dei piccoli parchi, pieni di alberi e con molte costruzioni non troppo grandi, sparse su un vasto territorio; la bellezza e l’armonia delle architetture antiche sono fantastiche, anche se, nei quartieri moderni sono solo delle “parentesi” tra i numerosi palazzi. La gente è rilassata e cortese, il turista è sempre aiutato, anche se la conoscenza dell’inglese spesso lascia un po’ a desiderare: se non sanno come rispondere quando gli chiedi un’informazione, arrossiscono e cercano qualcun altro che ti aiuti. Per loro il rispetto della persona, chiunque esso sia, viene prima di tutto (che sia questa la chiave della lunga vita dei nipponici?). Un’altra attrattiva della città è l’ottimo cibo, tra i quali il celeberrimo ramen, oltre ad una vastissima scelta di Street food, reperibile nel meraviglioso quartiere di Nishiki, dove si può vedere come i giapponesi riescano a tener pulito perfino un mercato.

Dopo una breve sosta alla moderna, sfavillante e animata città di Osaka, la mia tappa successiva è stata Nara, antichissima capitale del primo nucleo dell’Impero Giapponese. Oggi è diventata, sotto alcuni aspetti, molto turistica, anche se vale assolutamente la pena visitarla. Nella città antica, turisticamente più attraente, ci sono molti cervi che, essendo animali sacri, sono liberi di camminare in giro per il parco e per le sue strade; infatti, una leggenda narra che Takemikazuchi-no-Mikoto, una divinità buddista, sia venuta a Nara proprio in groppa a un bellissimo cervo bianco, ragion per cui tutti i cervi sono considerati sacri. Ed è proprio nel cuore di questo parco che si trova il tempio Toda-ji, la più grande costruzione di legno al mondo, che racchiude a sua volta la più grande statua bronzea sulla Terra (in figura al lato). Questa enorme statua di Buddha è affiancata da due statue minori che svolgono la funzione di guardiani e protettori. La struttura è stata distrutta interamente e ricostruita per ben tre volte, a causa delle numerose guerre e degli incendi, ai quali un edificio di legno va spesso soggetto; anche la statua del Buddha non è stata risparmiata (è rimasta due volte senza testa, e la mano è andata perduta tre volte), pur conservando il suo antichissimo e insuperabile fascino. Per il resto la città ha qualche altra attrazione interessante come i templi di Buddha e il giardino Isuien, che mostra quello che si può definire il perfetto giardino in stile orientale.

 

Proseguendo il mio viaggio, sono andato a Hiroshima, tristemente nota per essere stata la prima città a essere colpita dalla bomba nucleare. Nella zona dell’epicentro si trovano molti memoriali, statue e monumenti, spesso anche molto toccanti e commoventi; è proprio visitando questi luoghi che si comprende l’importanza della non violenza e cosa voglia dire essere colpiti da una bomba atomica. Per il resto la città è completamente rinata e rifiorita e pullula di vita, ristoranti e bar, ma ha ben poco di storico. Proprio a Hiroshima, inoltre, si mangia una specialità giapponese che io definirei “socializzante”: l’okonomyaki, raffigurato qui di lato. Si tratta di una sorta di “frittata” (è il piatto più vicino che io conosca, anche se non ci somiglia) alta e dal diametro non troppo grande, con uova, verdure e talvolta pesce e qualche altro sconosciuto ingrediente, che si cuoce su una piastra a centro tavola. E ogni commensale partecipa attivamente alla cottura e al condimento del piatto, oltre che a mangiarlo insieme.  Meta più spirituale nelle vicinanze di Hiroshima, è l’isola di Miyajima, centro di spiritualità e natura, di fronte alla città. Si tratta di un’isoletta, dove la natura ha un grande valore, assieme alla spiritualità, in contrasto con la terraferma.

Proseguendo, abbiamo così raggiunto la mia ultima tappa: Tokyo. La capitale giapponese conta oltre quindici milioni di abitanti e, proprio per questo alto numero, è ben più caotica di Kyoto, anche se mantiene sempre il suo stile di civiltà allo “standard giapponese”. Ad esempio se le metropolitana è in ritardo di un solo singolo minuto, evento già di per sé raro, sui display perfettamente funzionanti in ogni stazione, c’è scritto (e non scherzo)che il treno è purtroppo in ritardo,  viene indicata sempre anche la causa (che varia dall’ispezione della polizia, all’improvviso rallentamento per un animale sui binari) e si scusano per l’inconveniente; questo sistema mi ha ricordato davvero molto le metropolitane di Napoli che…  Ma ritorniamo alla più grande metropoli del mondo, che è così grande che ogni quartiere potrebbe essere una città. Abbiamo Shinjuku, dove ci sono due altissimi grattacieli da dove ammirare la vista dell’intera città, il Golden Gai, una zona piena di bar-ristoranti di piccolissime dimensioni dove l’atmosfera è molto familiare e accogliente e infine il Kabukicho, un’area gestita dalla cosiddetta Yakuza, la mafia giapponese. Al contrario di quanto si possa pensare, si tratta di un quartiere allegro, pieno di locali, e di vita e perfino le famiglie a volte vanno a spasso lì; principalmente perché si tratta di una zona molto sicura; la “mafia giapponese”, infatti, gestisce principalmente la prostituzione (che è legale in Giappone), ed ha tutto l’interesse di non perdere clienti. Poi c’è Shibuya, il quartiere dei giovani, pieno di vita notturna e di negozi, dove c’è l’incrocio pedonale più trafficato al mondo e la statua di Hachiko, uno dei cani più famosi. Inoltre abbiamo Asakusa, quartiere storico, importante specialmente per il mercato di Nakamise Dori, e il fantastico Tempio di Sensoji, dove ho avuto perfino la fortuna di assistere a un rito buddista; la celebrazione è scandita da tamburi, incensi e preghiere. E sono proprio le figure sacerdotali che compiono riti sacri, mentre i fedeli ripetono i mantra, seguendo il ritmo scandito dalle percussioni; la sensazione è di essere tornati indietro nel tempo, e sembra davvero che la divinità si possa in qualche modo vedere. Poi passiamo a Ueno, quartiere abbastanza centrale, pieno di vita e soprattutto molto verde per il suo enorme parco, che ospita il più grande museo archeologico del Giappone. L’enorme museo fa rivivere tutta la storia giapponese grazie a reperti, testimonianze e immagini.  Infine c’è il quartiere di Tsukiji, dove si mangia il miglior pesce del mondo, e in particolare, il miglior Sushi e dove ogni giorno sono vendute tonnellate di pesce.

Eccoci giunti alla fine di questo bellissimo viaggio che mi ha molto impressionato e mi ha sicuramente lasciato tanto. Naturalmente questa è una descrizione molto riduttiva e riassuntiva, poiché per parlare del Giappone, non basterebbe un intero libro. Spero comunque di avervi intrattenuto e, magari, di avervi fatto sognare un po’.

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