Una variazione dickiana sul mito della caverna
(PKD/Costruttore di Mondi #4)

del Prof. Lucio Celot

P.K.Dick, La penultima verità (1964)

L’intera vita delle società, in cui dominano
le moderne condizioni di produzione,
si annuncia come un immenso accumulo di spettacoli.
(Guy Debord, La società dello spettacolo)

È un principio di simulazione quello che ormai ci governa
al posto dell’antico principio di realtà.
(Jean Baudrillard, Lo scambio simbolico e la morte)

Oltre all’illusione di realtà, di cui Ubik (qui la recensione di Pausacaffè) è, per così dire, il manifesto narrativo, anche l’illusione di potere è uno dei temi prediletti da PKD, già affrontato ne L’uomo nell’alto castello, il suo romanzo più famoso, oltre a essere quello che gli ha conferito la notorietà insieme al prestigioso Premio Hugo. In quella distopia, come si ricorderà, il Nazismo, uscito vincitore dalla seconda guerra mondiale, impone con la violenza e il complotto il proprio nuovo ordine a tutto l’esistente. Il Potere, dice PKD, plasma una realtà di per sé instabile e in continuo mutamento secondo il proprio astratto ideale che impone violentemente sugli uomini: il risultato è un mondo illusorio, relativo, mero prodotto di un gruppo di potere che “costruisce” artificialmente un significato globale attraverso la propaganda e/o la menzogna. La “verità” è, dunque, soltanto una tra le interpretazioni soggettive del reale, quella più forte che prevale tra tutte le altre, secondo la teoria nietzscheana del prospettivismo e della volontà di potenza.

In The penultimate truth, romanzo che amava molto, PKD mette in scena proprio un conflitto di potere che è, al contempo, conflitto tra possibili costruzioni ideologiche del reale: la guerra nucleare che ha devastato la Terra è già terminata da tredici anni ma i gruppi di potere sulla superficie, oramai liberata anche dagli ultimi residui di radiazioni, tengono l’umanità relegata nel sottosuolo con l’inganno, trasmettendo quotidianamente attraverso megaschermi presenti in ogni “formicaio” (così vengono chiamati i rifugi sotterranei in cui vivono milioni di donne e uomini dei cinque continenti) falsi filmati, costruiti ad arte negli studi televisivi in Germania, che raccontano e rappresentano una realtà che non esiste più, quella di città devastate dai bombardamenti nucleari e di una superficie terrestre colpita dalle radiazioni sulla quale combattono non esseri umani ma i cosiddetti “plumbei”, macchine da guerra antropomorfe in grado di resistere alle proibitive condizioni causate dal conflitto e costruite a getto continuo proprio dalle maestranze dei formicai. Il “Protettore” del blocco della Dem-Occ (chiaro riferimento alla guerra fredda, il romanzo è del ’64), che periodicamente appare sugli schermi, è Talbot Yance, in realtà un fantoccio, un “simulacro” (altro tema caro a PKD, ne parleremo prossimamente) inchiodato ad una scrivania a cui vengono fatti pronunciare discorsi scritti ad arte dai cosiddetti uomini-Yance, i pochi privilegiati che possono vivere sulla superficie terrestre, che è diventata ormai un enorme parco verdeggiante, e spartirsi il pianeta senza doverlo condividere col resto della razza umana. Ma i pochi uomini che sono riusciti a costruirsi una posizione di potere e che si sono divisi la Terra sono in conflitto tra loro: tra complotti, macchine del tempo, misteriosi omicidi e un uomo, eroe suo malgrado, che si prende il rischio di risalire in superficie per salvare la vita di un amico e compagno di lavoro, anche questo mondo di menzogne abilmente costruite inizierà a creparsi e sarà inevitabilmente destinato a cadere a pezzi: all’umanità sarà forse data la possibilità di ridare vita ad una nuova civiltà, finalmente alla luce del sole.

L’illusione e la volontà di potere non sono solo prerogative dei gruppi organizzati ma anche dei singoli uomini: Stanton Brose, il vero padrone della Terra; Runcible, il proprietario di un’impresa che vuole ricostruire palazzi e abitazioni in vista della futura liberazione dell’umanità; il misterioso David Lantano (un nome che è tutto un programma) che invecchia e ringiovanisce, il detective Foote, a capo di un’agenzia di investigazioni: tutti complottano e lottano per accaparrarsi una posizione di rilievo dentro la grande truffa che hanno organizzato ai danni dell’umanità sopravvissuta ad una guerra conclusa ormai da tredici anni. In questa grande mistificazione, la “realtà” fittizia viene trasmessa e riprodotta quotidianamente a cittadini ridotti alla teledipendenza, talmente assuefatti alle “notizie” e alle apparizioni del Protettore da non porsi alcun dubbio sull’effettivo statuto del reale: l’apparire, il rappresentato, è l’essere. Tocca, ancora una volta (come già a Ragle Gumm di Tempo fuor di sesto e a Joe Chip di Ubik), ad un piccolo uomo, Nicholas St.James, responsabile di un affollato formicaio in America, essere l’ignaro motore primo di un effetto valanga che porterà alla liberazione collettiva e allo smascheramento dello pseudomondo voluto da pochi individui egoisti e affamati di potere: Nicholas, per usare le stesse parole di PKD, è il cittadino comune, privo di potere economico e politico, è l’eroe di tutti i [miei] romanzi, oltre a essere il [mio] eroe personale e la speranza per il futuro. PKD esprime in questo romanzo la sua più feroce critica a tutte le bugie e le contraffazioni del reale ordite e propalate dai governi: c’è, ovviamente, l’Orwell di 1984 ma anche una presa di posizione netta nei confronti di quello che tre anni prima il presidente Eisenhower (a cui PKD si era ispirato per la creazione del “simulacro” Yance) aveva denunciato come il “complesso militare-industriale” che minacciava, attraverso l’intreccio ambiguo tra politica, industria bellica e militari, la democrazia americana. I cittadini degli USA sono, insomma, orgogliosi della loro democrazia ma a stento si rendono conto che essa è docilmente sottomessa ai gruppi di potere, alle multinazionali e alle lobbies finanziarie: The penultimate truth racconta l’America dei sixties, percorsa da fremiti di contestazione, paranoie, menzogne governative che culmineranno di lì a poco nell’affaire Watergate.

La rappresentazione di questo nuovo mondo feudale giunto al crepuscolo si snoda attraverso una serie di suggestioni anche letterarie e cinematografiche: dal già citato 1984 all’Inferno dantesco (il mondo del formicaio), da Metropolis di Fritz Lang alla Repubblica platonica con il mito della caverna. E proprio come il prigioniero platonico che si è fatto filosofo, anche St.James, dopo avere scoperto la verità in superficie, decide di fare ritorno dai propri compagni: bisognerà trovare il modo di comunicare quella verità in modo da non scatenare rabbia e violenza che, se pur comprensibili, porterebbero ad un nuovo conflitto. I cittadini-formicanti sono informati, dal nuovo vertice di potere sulla Terra, che la guerra è finita… ma questa è solo la “penultima verità” del titolo del romanzo. Infatti si deve e si vuole procrastinare l’ultima verità (cioè che la Terra è in buona parte, e da tempo, vivibile; che molte sono le mega-ville e i parchi su di essa esistenti; che nulla impedisce ai formicanti di risalire): questa verità verrà mai annunciata? i prigionieri inconsapevoli potranno mai liberarsi dalle catene della menzogna? riusciranno mai a uscire dalla caverna? Anche stavolta, coerentemente con la sua passione per fare e disfare mondi, PKD costruisce un finale che si adatta alla condizione umana della contemporaneità, in cui lo slancio ideale deve fare i conti con il realismo, in cui il discrimine tra menzogna e verità diviene labile, opportunistico, soggettivo.

P.K.Dick, La penultima verità, Mondadori 2024

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