I Saturnalia, il natale degli antichi romani

di Sara Madrid (IF, a.s. 2020/2021)

Ogni studente del liceo classico, aprendo il dizionario, traducendo una versione o leggendo un autore, pensa a cosa serva tutto ciò, che necessità  ci sia di studiare tempi antichi o di analizzare usi e costumi di un popolo ormai morto.

Tuttavia ci sono molte tradizioni e feste che possono ricondurci ai nostri tempi : un esempio è il Natale che prende origine dall’antica festa latina dei Saturnalia,  ennesima dimostrazione di come la cultura classica sia così vicina e presente tra noi.

Erano l’ultima e più importante festa del calendario romano, celebrata dal 17 al 25 dicembre circa, in onore del dio Saturno, protettore della semina, che regnava nella cosiddetta “Età dell’oro”.

Questa festività voleva ricordare questo periodo di grande splendore  e progresso, nel quale  gli uomini non avevano bisogno di lavorare in quanto la terra produceva tutto da sé e tutti vivevano in armonia.

Infatti tra le strade c’erano grandi festeggiamenti, si preparavano banchetti, si scambiavano doni (soprattutto statuette di terracotta)  e ogni attività lavorativa, scolastica,  ogni guerra e conflitto si sospendeva… insomma ci si abbandonava all’allegria!

Dato che nell’età aurea erano tutti uguali, si concedeva persino piena libertà  agli schiavi tra cui, ironicamente,  spesso veniva  incoronato  un re della burla, il “Princeps  Saturnalicius”,  che dirigeva  i festeggiamenti, un po’ come nel nostro carnevale.

Per questo motivo ogni uomo, di qualsiasi estrazione sociale fosse, adorava questa festa dove ogni ruolo sociale veniva rovesciato e ogni convenzione annullata.

Di questa festa giocosa sono sicuramente da ricordare i doni: scambiandoli si potevano verificare situazioni esilaranti ed, essendo sorteggiati casualmente,  un dono poteva capitare alla persona sbagliata.

Ce lo ricorda il Poeta Marziale (Bilbili, Spagna Tarraconense, 39 o 40 d. C. – ivi 104 d. C. circa) che nelle sue raccolte satiriche  di epigrammi “Xenia” e “Apophoreta” ricostruisce il testo dei bigliettini che avrebbero accompagnato il dono, creando situazioni fortemente ironiche ed imbarazzanti.

 

Il pettine.
A cosa ti servirà questo legno di bosso dai tanti denti se qui non troverà nemmeno un capello?

Pectines.
Quid faciet nullos hic inventura capillos
Multifido buxus quae tibi dente datur?
(Apophoreta XXV)

Un dentifricio
Che cosa c’entro con te? Voglio essere usato da una ragazza:
di solito io non lavo i denti finti.               

Dentifricium
Quid mecum est tibi? me puella sumat:
Emptos non soleo polire dentes.

(Apophoreta LVI)        

 

Un altro importantissimo poeta ci racconta di una brutta esperienza con i regali: sto parlando di Catullo che, dal suo amico poeta Calvo,  ricevette una sgraditissima antologia di poetastri; così decise di vendicarsi facendo a sua volta un pessimo regalo, come testimonia il seguente carme (Catullo, carme XIV).

Ni te plus oculis meis amarem, / iucundissime Calve, munere isto / odissem te odio Vatiniano: / nam quid feci ego quidve sum locutus, / cur me tot male perderes poetis? / Isti di mala multa dent clienti, / qui tantum tibi misit impiorum. / Quod si, ut suspicor, hoc novum ac repertum / munus dat tibi Sulla litterator, / non est mi male, sed bene ac beate, / quod non dispereunt tui labores. / Di magni, horribilem et sacrum libellum! / Quem tu scilicet ad tuum Catullum / misti, continuo ut die periret, / Saturnalibus, optimo dierum! / non non hoc tibi, salse, sic abibit. / Nam si luxerit ad librariorum / curram scrinia, Caesios, Aquinos, / Suffenum, omnia colligam venena / ac te his suppliciis remunerabor. / Vos hinc interea valete, abite / illuc, unde malum pedem attulistis, / saecli incommoda, pessimi poetae.

(Se non ti amassi più degli occhi miei, / spiritosissimo  Calvo, per questo dono / ti odierei con un odio degno di Vatinio: / ma cosa ho fatto, cosa ho detto / per rovinarmi con tanti poeti? / Gli Dèi possano dare molti malanni a ‘sto cliente / che ti ha mandato una quantità di sciagurati. / Perché se, come sospetto, questa bella scoperta / te la dà in dono il maestrino Silla, / non mi sta male, anzi ne sono ben felice, / perché non vanno perse le tue fatiche. / Grandi Dèi! Che orribile e abietto libello! / Che tu ovviamente hai mandato al tuo Catullo, / perché morisse sul colpo nel giorno / dei Saturnali, il più bello dei giorni! / No no, non te la caverai, spiritosone. / Appena farà giorno andrò alle botteghe / dei librai, raccoglierò i Cesii, gli Aquini, / Suffeno, tutti i veleni / e ti ripagherò con questi supplizi. / Voi, intanto, addio, andatevene / là da dove avete mosso i vostri sciagurati passi / malanni del secolo, pessimi poeti.)

Come certamente avrete notato,  ciò che ci racconta il poeta è ancora attualissimo e non solo noi,  ma anche autori di altissimo calibro, come Catullo, potevano  ricevere pessimi doni, a volte frutto di giochi beffardi, o addirittura regali riciclati.

Ciononostante troviamo anche del sacro in questa scherzosa festività.

Si celebravano  riti religiosi nel foro e quello più importante, dedicato a Saturno, si svolgeva nel suo tempio, dove avveniva un sacrificio solenne e si accendevano candele.

Il valore di questi usi era propiziatorio e la festa era strettamente collegata al solstizio invernale: così facendo i Romani salutavano l’inverno e veneravano il Dio per far si che la semina potesse incominciare a dare i primi germogli in primavera.

La festa infine terminava il 25 dicembre, giorno del “natalis solis invicti”, la nascita del sole invincibile,  e proprio in questa data i primi cristiani celebravano di nascosto la nascita del figlio della luce, per attirare il meno possibile l’attenzione sulla loro festività.

Quando invece fu promulgato l’Editto di Tessalonica nel 380 d.C., che dichiarava il Cristianesimo religione ufficiale dell’impero, le celebrazioni pagane cessarono, ma come ci insegna la storia, nulla nasce dal nulla.

Per questo motivo molte tradizioni del nostro natale risalgono all’antica festa dei Saturnalia, come lo scambio dei regali, le luminarie, le celebrazioni religiose e la sospensione delle attività lavorative; inoltre  testimoniano  come la cultura di un popolo, nonostante il passare di secoli, rimanga praticamente inalterata.

BONA SATURNALIA PANSINIANI!

Un pensiero su “I Saturnalia, il natale degli antichi romani

  • 2 Gennaio 2021 in 18 h 39 min
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    Articolo davvero molto interessante e scritto molto bene! Un misto di cultura e curiosità che lo rendono estremamente piacevole ed accattivante! Complimenti!!

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