C’È DEL MARCIO… A WIMBLEDON!

di Francesca Tierno 1F

Con un secco comunicato ufficiale l’All English Lawn Tennis Club (AELTC), che organizza Wimbledon, mercoledì 20 aprile ha annunciato, che i tennisti russi e bielorussi saranno esclusi dal torneo più prestigioso del mondo, perché è ancora in corso l’invasione russa dell’Ucraina.

È il primo torneo del Grande Slam che esclude i singoli giocatori, in questo caso il numero due e il numero otto della classifica ATP, i russi Daniil Medvedev e Andrey Rublev e la quarta della classifica WTA, la bielorussa Aryna Sabalenka.

Nella storia del tennis, questo inusuale avvenimento si è verificato una sola volta, nel periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra Mondiale, quando vennero esclusi dai tornei i giocatori tedeschi e quelli giapponesi.

La decisione è stata motivata da Ian Hewitt, chairman dell’AELTC, come parte dello sforzo congiunto del governo britannico, dell’economia e delle istituzioni sportive e culturali “per limitare l’influenza globale della Russia in ogni modo possibile”.

Pronta è arrivata la veemente reazione del portavoce di Putin, Peskov, che ha definito la decisione inaccettabile, sottolineando che la Russia è un Paese molto forte nel tennis e che il livello della competizione internazionale ne risentirà enormemente. Ha proseguito poi dicendo ai giornalisti che gli sportivi non possono cadere ostaggi di intrighi politici. 

Anche le reazioni dell’ATP e del WTA, le due principali associazioni tennistiche internazionali, non si sono fatte attendere. Entrambe hanno definito “ingiusta” la decisione unilaterale dell’AELTC di escludere i tennisti in base alla nazionalità e hanno espresso forti preoccupazioni sul fatto che questa decisione possa costituire un solo l’inizio di altre azioni di esclusione. Si sono poi riservate di valutare le prossime azioni da intraprendere per contrastare questa decisione. 

Sia l’ATP che il WTA hanno, infatti, vietato a Russia e Bielorussia di partecipare alle competizioni internazionali a squadre, ma gli atleti dei due Paesi partecipano alle competizioni individuali sotto “bandiera neutrale”, una posizione condivisa fino ad ora da tutto il tennis professionista. Hanno ribadito che il mondo del tennis è orgoglioso di operare in base a principi fondamentali quali merito ed equità; i giocatori infatti competono tra loro a livello individuale per guadagnare il loro posto nelle rispettive classifiche.

Infine sono arrivate anche le reazioni risentite di campioni del tennis di oggi e di ieri. L’attuale numero uno al mondo, il serbo Djokovic che si definisce un figlio della guerra, bolla la decisione come assolutamente “folle”, aggiungendo che quando la politica interferisce con lo sport, i risultati non sono mai buoni.

Il nostro Adriano Panatta, grande campione anni ’70 e ’80, sposa in pieno la linea delle associazioni tennistiche internazionali, sostenendo che per le squadre nazionali l’esclusione è giusta, mentre non è corretto colpire un atleta individualmente per sanzionare il suo Paese. Secondo Panatta l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin è un’azione gravissima ma “le colpe dei padri non devono ricadere sui figli”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche un’altra campionessa del tennis mondiale del passato Martina Navratilova che ritiene l’esclusione dei tennisti russi e bielorussi una decisione sbagliata. Prosegue dicendo che gli ucraini sono sicuramente le vittime di questa guerra ma che la messa al bando dei giocatori russi e bielorussi rende anche quest’ultimi vittime.

Lo sport promuove valori universali, che non possono essere piegati alle mutevoli convenienze politiche, nel caso di Wimbledon britanniche, e all’insensato timore di vedere un membro della famiglia reale premiare sul suolo inglese un possibile vincitore russo, riconoscendo così un’ipotetica superiorità della Russia.

Sarebbe giusto intimare ad un direttore d’orchestra tedesco di non dirigere più la Sinfonia n.6 di Tchaikovsky, ad un ballerino classico francese di non danzare più sulle note del Lago dei Cigni, ad un appassionato lettore canadese di non leggere più i romanzi di Dostoevskij o ad un curioso studente italiano di non imparare la lingua russa, per sanzionare il leader di un Paese aggressore?

Ritengo che l’Occidente debba pronunciarsi compatto contro l’esclusione di atleti individuali dalle competizioni internazionali e contro la messa al bando del grande patrimonio culturale, che la Russia nel corso dei secoli ha donato all’umanità. 

Per concludere, una frase di Alessandro Nutini, batterista dei Bandabardò, che riassume perfettamente la vicenda “Chi confonde i governi con i popoli ha sempre, sempre torto.”

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.