Reietti di tutto il mondo, unitevi!- Slow Horses
del Prof. Lucio Celot
Reietti di tutto il mondo, unitevi!
Elogio dei Brocchi di Regent’s Park
Slow Horses (2022-2025)

Li chiamavano i Brocchi. Gli sfigati. I perdenti
E il loro padrone era Jackson Lamb
…
La Casa nel Pantano, che non si chiamava così,
anzi, non si chiamava davvero in nessun modo,
era nota per essere una discarica
(Mike Herron, In bocca al lupo)
Min Harper: Non volevo ucciderlo!
Jackson Lamb: Certo che non volevi…se avessi avuto intenzione di ucciderlo sarebbe ancora vivo!
Jackson Lamb è l’altra faccia di James Bond:
dove lui brilla, io puzzo
(Gary Oldman)
In quella specie di fiction in cui si sta tramutando giorno per giorno la realtà vera, la sigla MI5, per chi non lo sapesse, indica il servizio segreto inglese di controspionaggio che si occupa della sicurezza interna; nella finzione dei romanzi di Mike Herron e nella serie tv che ne è stata tratta, “La Casa del Pantano” è invece una sezione degli stessi Servizi in cui vengono trasferiti d’ufficio gli agenti colpevoli di gravi mancanze, di imperdonabili errori compiuti in azione o, più semplicemente, di avere abitudini di vita deprecabili per professionisti che dovrebbero difendere i sudditi di Sua Maestà. Il “pantano” è una sorta di purgatorio, una discarica professionale da cui si esce solo in due modi: emendati dal peccato originale (cosa piuttosto rara) e pronti a ritornare a Regent’s Park, sede dei Servizi, oppure a seguito di dimissioni dovute a frustrazione e senso di inadeguatezza (i Servizi non licenziano, si sa. Utilizzano altri modi…). A capo del pantano c’è Jackson Lamb, un ex pezzo grosso dell’MI5 con un’altrettanto grossa colpa da scontare, interpretato nella serie da uno strepitoso Gary Oldman che restituisce perfettamente il personaggio creato da Herron: misantropo, sciatto, sporco, alcolizzato, cinico, anempatico e dotato di uno spirito caustico con cui mortifica e tiene a distanza non solo i suoi “reietti” (slow horse significa ronzino, brocco) ma anche i suoi superiori, tra cui la perfida e subdola Diana Taverner (Kristine Scott Thomas), algida “seconda scrivania” (cioè vice) di Regent’s Park, anche lei con parecchi scheletri nell’armadio da tenere ben nascosti ai contribuenti britannici.
La serie, che funziona benissimo e merita di essere seguita, riesce a coniugare perfettamente dialoghi e situazioni da sit-com con trame oscure e inquietanti che giocano sul terrorismo interno, sugli attuali rigurgiti di guerra fredda, sul fanatismo religioso, sugli intrighi di palazzo che anche i compassati politici inglesi non disdegnano. Buona parte del successo della serie è dovuto, va detto, alla gigionesca interpretazione di Gary Oldman, che qui impersona un character diametralmente opposto a quello cui aveva dato vita nel 2011 nel film La talpa, dal romanzo di Le Carré: se George Smiley rappresenta il grigio ma efficiente funzionario governativo per cui il lavoro di intelligence è fatto prevalentemente di dossier e rapporti da studiare e compulsare, Lamb è (e ne ha tutto l’aspetto) un uomo professionalmente finito, oltre che sgradevole nei modi e nelle espressioni che usa: ha i capelli lunghi e sporchi, i calzini bucati, si lava poco, beve come una spugna, quando mangia è ributtante, usa costantemente il turpiloquio con i sottoposti…ma è un autentico mastino dotato di formidabile intuito che conosce benissimo le regole del gioco dello spionaggio, tanto che la stessa viscida Taverner, che vorrebbe vedere lui e i suoi “ronzini” sprofondare nel dimenticatoio, non può fare a meno del suo aiuto nei momenti difficili. Ed è allora che i Brocchi dimostrano quello che sanno fare, pur costantemente insultati e sminuiti dalla linguaccia di Lamb che, sotto sotto, li protegge e apprezza perché sanno fare squadra.

River Cartwright (il bello della squadra, nipote di una leggenda dell’MI5 ora in pensione), Roddy Ho (il giovane informatico capace di hackerare qualsiasi sistema, sessualmente frustrato e esiliato al Pantano perché antipatico a tutti), e ancora Luisa Guy (pedinamento fallito e conseguente carico d’armi sulle strade), Min Harper (ha dimenticato sulla metro di Londra dei dischetti con materiale classificato), Marcus Longridge (ludopatico), J.K.Coe (un Tom Brooke ai limiti della sociopatia), Shirley Dander (cocainomane, ha steso un collega che la molestava) e la segretaria Catherine Standish (ex alcolista)…un bel quadretto di oucasts, mortificati e succubi della violenza verbale di Lamb ma in grado di vedere là dove agenti più qualificati di loro non arrivano. Derelitti e relegati nella loro fatiscente sede, trattati come servi dall’inscalfibile e insopportabile capo che passa le ore dormendo alla scrivania, i Brocchi sono capaci di scoperchiare vasi di Pandora e indicibili trame segrete che in qualche caso costeranno loro la vita. Poco importa, qui, riassumere nel dettaglio le vicende delle singole stagioni, frutto dell’inventiva di Herron, da molti definito addirittura il nuovo Le Carré; piuttosto, vale la pena segnalare una sceneggiatura che è capace di mettere assieme spy-story e intimismo, intrigo e introspezione, descrizione puntuale di metodi di indagine e emotività dei personaggi (il tormentato rapporto tra River e il nonno), tutti alle prese con la gestione del proprio fallimento, professionale ed esistenziale. Non si parla molto di Slow Horses, ma sono poche le serie tv che, al momento, possono tenerle testa…
Slow Horses (id.)
Stagioni 01-05 (ep.1-30)
Distribuzione: USA-UK (2022-2025). Disponibile su Apple TV+
I libri di Mike Herron finora tradotti in Italia sono cinque, tutti pubblicati da Feltrinelli:
Un covo di bastardi (2018)
In bocca al lupo (2019)
Le tigri sono in giro (2023)
La strada delle spie (2024)
Le regole di Londra (2025)

