specchio
di Luisa Granata (IF, a.s. 2020/2021)
Perché mi guardi e non rispondi?
Credi forse che le tue parole possano ferirmi più delle tue schegge?
Come fai ad incorniciare uno squarcio di vita?
Quello che vedi, lo ingoi all’istante e finisci col divenire ciò che non sei.
Sei così pieno di monili, di aggettivi, di aria, così vuoto di realtà.
Eppure sei trasparente, diafano.
È reale quello che mi mostri?
O è tutto una bugia, un sogno, un incubo?
Lasciami vedere ciò che vedi tu.
Lasciami vedere cosa c’è dietro questa pagina di vetro.
Lasciami vedere ciò che si cela dietro questa porta senza maniglia e senza serratura.
Lasciami vedere attraverso la finestra con occhi che non siano i miei.
Perché mi rinfacci ciò che vedo?
E perché ciò che vedo mi sembra familiare?
È davvero mio quel riflesso? Sono io?
Perché mi identifico in quest’immagine?
In quest’essere che è sempre altro da ciò che credevo di conoscere.
E se non sono io questo riflesso, allora chi è?
Chi sono?
Perché ho bisogno di dare un colore al mio pensiero?
Una forma, una maschera.
Ma come ho la certezza che esiste? Che esisto?
Dimostrami che ciò che vedo è reale.
Incrocia le tue dita con le mie, non appoggiarle al vetro freddo, prendimi, portami al confine tra l’essenza e l’apparenza.
Perché mi respingi, mi blocchi?
Perché non mi permetti di avvicinarmi, di toccare ciò che mi fai vedere.
Temi forse che possa svelare il tuo segreto?
Hai forse paura che con un soffio quell’ombra di polvere voli via?
O è forse un burattino?
Ma dove sono i fili? Cos’è che lo muove?
Chi?
Io non di certo.
E allora perché mi imita così puntuale?
O sono forse io ad imitare lui?
Sono forse io il tuo burattino?
Perché mi confondi?
Perché mi illudi?
Perché menti?
Perché hai bisogno di questa lastra di ghiaccio che ti separa dal mondo reale?
Cos’è successo quando eri lago, quando eri mare?
E tutte quelle statue di sabbia multiforme sono entrate o non sono mai uscite?
Cos’è che nascondi dietro questo riflesso?
Mi avvicino, ti osservo narcisisticamente.
Chi sei?
Perché muovi le labbra ma non parli?
Perché se io grido, tu sbadigli?
Ti annoia la curiosità?
Il bisogno di sapere se quel che vedo è reale.
Dovrei scappare?
Allontanarmi da te per guardarti meglio?
Per guardarmi dove tu non hai occhi e trovare forse così la sagoma della mia coscienza.
O dovrei fidarmi?
Limitarmi a guardarti negli occhi e riconoscermi nella tua iride?
Non riesco a vedere la mia anima, non riesco a vedere la tua.
Tu ce l’hai un’anima?
Pensi?
Respiri?
Vivi?
Mi capisci?
O sei solo un occhio che riesce a guardare se stesso?
Rispondi.
Ti accarezzo, lascio l’impronta della mia mano, come se fosse sporca.
Come se fossi io quella di polvere, di sabbia.
Come se fossi io quella sporca.
Io? E tu?
Stai lì a guardarmi, a giudicarmi, a ridermi in faccia e se piango, fingi di farlo anche tu, ma le tue lacrime sono di cristallo, vuote.
Perché mi fai questo?
Perché sei così freddo, statico nei tuoi movimenti, così imprevedibilmente scontato?
Perché mi provochi?
Non rimanere in silenzio, non lo sopporto.
Mille grida quando t’infrangi.
Ma adesso è tardi per rispondere.
Mille occhi che non sanno dove guardare.
Un quadro di Picasso col taglio di Fontana.
Ti frantumi.
Dentro te, il vuoto.
Sei una crudele illusione.