Condannati all’inferno: Nuova Verità o Vecchia Menzogna?

del professor Lucio Celot

Hellbound (Corea del Sud, 2021)


La TV seriale sudcoreana fa strike: stando ai numeri forniti da Netflix, Hellbound ha superato Squid game per numero di spettatori (781 milioni nei primi cinque giorni di programmazione) che hanno seguito in tutto il mondo il nuovo K-drama, una sorta di horror religioso-sociologico che tiene incollati fino all’ultima sequenza (per inciso, il regista è Yeong Han-so, lo stesso di Train to Busan del 2016, uno zombie-movie nel quale si immaginava un’epidemia che costringeva la Corea ad un lockdown…).

L’inizio è adrenalinico: in piena Seul compaiono, come provenienti da un’altra dimensione, tre esseri spaventosi, simili a enormi scimmioni, che massacrano senza apparente motivo un uomo per poi incenerirlo, lasciarne i resti carbonizzati sotto gli occhi dei terrorizzati passanti e dissolversi nel nulla. Al ripetersi dell’evento, si scopre che questi esseri portano a compimento “l’annuncio”, la profezia di morte e la condanna all’inferno che un altro essere sovrannaturale, una sorta di “angelo profeta” maligno, nei giorni o negli anni precedenti ha preannunciato ai malcapitati: per la setta religiosa “La Nuova Verità” non c’è dubbio sul fatto che si tratti di punizioni con cui Dio (o chi per lui) colpisce i peccatori per indirizzare l’umanità sulla strada della redenzione. Quando, però, l’annuncio della “dimostrazione” (così viene chiamata l’apparizione dei tre terrificanti esecutori della volontà divina) viene fatto ad un neonato, il dubbio si fa strada: quali peccati dovrebbe scontare una creatura appena nata? Quali sono le vere intenzioni del Presidente della setta? Si tratta di un’impostura o davvero Dio sta parlando agli uomini per richiamarli ad un’esistenza scevra da peccato e malvagità?

I sei episodi della prima stagione sono nettamente divisi in due parti: nei primi tre assistiamo al verificarsi di eventi incomprensibili che immediatamente catturano l’interesse dei media, tanto che le “dimostrazioni” ad un certo punto iniziano ad essere trasmesse in diretta; protagonista di questa prima parte è l’ambiguo Presidente della setta, che sarà costretto, suo malgrado, a rivelare ad un poliziotto come stanno realmente le cose; negli ultimi tre episodi, ambientati quattro anni più tardi, quando La Nuova Verità è ormai una vera e propria teocrazia che governa l’intero paese (anche grazie al suo braccio armato e violento, la fanatica “Punta di Freccia” presente anche online con un canale che trasmette in diretta su internet), le fondamenta di un potere che si regge sulla paura e sull’inganno iniziano a scricchiolare, fino ad un intensissimo e “miracoloso” finale che lascia spazio anche ad un’eventuale seconda stagione.

Hellbound parte come un horror, sia pure molto sui generis, che ben presto (e questa scelta narrativa deluderà chi si aspetta un horror mainstream) lascia al margine gli elementi sovrannaturali per dare invece spazio ad una riflessione socio-politica di più ampio respiro sulle modalità attraverso cui il potere sfrutta la paura e il bisogno di sicurezza degli uomini per radicarsi e insinuarsi nelle coscienze. La setta della Nuova Verità nasce per conferire senso a eventi insensati, o a cui gli uomini non riescono a dare un significato razionale: l’irruzione del Male, dell’elemento perturbante nelle nostre vite può essere sopportabile solo se proviamo a ricondurlo ad una causa comprensibile. E, come insegnano gli antropologi, è la celebrazione di un rito a costituire il momento in cui il “numinoso” diventa gestibile: nel caso di Hellbound il rito è mediatico, televisioni, giornalisti, semplici cittadini armati di cellulare (altro “protagonista” indiscusso della serie, oggetto quasi totemico presente in ogni sequenza), sostenuti e incoraggiati dalle stesse gerarchie della setta, riprendono e rendono virali le immagini cruente delle esecuzioni della presunta volontà divina: questa ossessione del vedere, del riprodurre, del rendere pubblico e virale, opportunamente enfatizzata dagli showrunners, sarà poi l’arma che si ritorcerà contro la Nuova Teocrazia.

Come altre produzioni sudcoreane, da Parasite a Pietà, da Squid Game a The Host, Hellbound è l’ulteriore conferma che il cinema e la TV seriale di marca orientale non sono solo storytelling di alta qualità ma rappresentano anche uno sguardo lucido e impietoso sulle contraddizioni del nostro tempo e sulle nostre paure, anche quelle ormai del tutto globalizzate.

Lucio Celot

 

Hellbound (id.), Corea del Sud 2021

Stagione 1 (ep-1-6)

Distributore: Netflix

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