Il Vento del Destino: Capitolo 1 – La migliore amica
di Martina Fiorenza (IVG)
Il mio nome è Ester e sono ebrea. A voi può sembrare normale, perché si sa che nel mondo esistono tante religioni. Se solo fosse stato così anche in passato…magari gran parte della mia infanzia non sarebbe stata bruciata da ricordi oscuri e tenebrosi. Se oggi sono accettata per quello che sono, senza essere sparata o uccisa, si deve alla memoria di quanto accaduto che devastò le giornate della mia adolescenza. Forse avrete già capito di cosa vi stia parlando. Sono sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale. Per molti, ricordare può essere semplicissimo, affinché tali cose non avvengano più. Per noi sopravvissuti non è affatto semplice. La giornata del 27 gennaio ci riporta a momenti tristi, paurosi, oscuri e a tutte quelle cose che ormai non vorremmo vedere più. Eh sì, forse ancora oggi sto male nel ripensare alla mia adolescenza e a quelli come me che al contrario, non ce l’hanno fatta. Ora, io sono qui per parlarvi di cosa ero io in quel periodo. C’è solo una parola, semplice, capace di descrivere ciò che eravamo noi ebrei tanto tempo fa: “niente”. Sì, non eravamo considerate persone uguali agli altri e quindi non avevano il diritto di essere “qualcuno”. Tutti si allontanarono da noi. Avevo 10 anni e vivevo in una piccola cittadina della Polonia. Ho sempre avuto tanti amici non ebrei che non sono più qui o che hanno dovuto allontanarsi da me. Il problema eravamo noi. Nessuno dei miei amici riusciva a fare un piccolo gesto che per me sarebbe stato grande, perché tutti mantenevano le distanze. Solo lei, di cui ora vi parlerò, è riuscita a colmare quel vuoto che rendeva la mia vita infelice. Mi aiutava a camminare sul filo del destino che, essendo molto sottile, percorrevo piano per evitare che potessi farmi male. Se avessi perso l’equilibrio, in qualsiasi momento, mi avrebbe teso la mano. Eravamo alla fine dell’estate, una come tanti altre, si pensava. Ho sempre amato la scuola e gli amici che avevo intorno. Essendo ancora una bambina, convivevo con i miei genitori e mia sorella Sarah. Nella mia vita erano due i miei sogni più importanti: diventare una Fisica e vivere tutto il resto della mia vita insieme alla mia migliore amica. Lei si chiamava Eva e aveva la mia stessa età. La conoscevo dalla prima elementare. Era l’unica che mi faceva stare bene nei momenti tristi e, se piangevo, piangeva anche lei. Mi faceva ridere quel suo atteggiamento sempre sorridente e forte. Lei come tutti era polacca, ma con origini italiane. No, non era come gli altri. Lei è stato l’uragano che ha travolto la mia vita. Questo termine non è dispregiativo. Anzi, è entrata nella mia vita all’improvviso con un semplice “Ciao, come va?”. Eva era la mia migliore amica e la mia amica di penna. Ci scrivevamo molte lettere al giorno per parlare dei nostri segreti, dei compiti, delle giornate o per aggiornarci su novità. Insomma, parlavamo un po’ di tutto, ma la cosa più importante era vederci almeno una volta a settimana. Abitavamo più o meno vicino, ma non vicinissimo. A volte organizzavamo anche delle feste in occasione dei nostri compleanni, invitando molti dei nostri amici. La vita correva veloce e non si sospettava di nulla. Ma ciò che doveva accadere non aveva via di scampo. Era il 15 settembre del 1935. Il fresco venticello era colmo di serenità e spensieratezza ed io ed Eva stavamo facendo una passeggiata per il vialetto. Mentre parlavamo, vedevo Eva con una faccia triste, nonostante sia sempre stata la più forte del duo. Un’amica c’è sempre nel momento del bisogno, per questo chiesi:
-Eva, che hai? Non è da te essere giù di morale! –
-No, niente, sto bene, come al solito… –
-Non si nota dalla faccia che hai –
-Il fatto è che in questi giorni accadono cose strane –
-Perché dici questo? –
-Perché ogni volta che chiedo a mia mamma di venire da te, risponde sempre con un sì desolato e, prima di una sua risposta, si sofferma sempre a pensare –
-Sarà stressata per le faccende di casa, deve badare anche a tuo fratello e lui è una piccola peste! –
-Sì, ma… succede sempre più spesso –
-Vedrai che starà meglio, magari oggi le parli un po’, cerchi di capire se hai fatto qualcosa di sbagliato –
-Sì, ok –
Non andò come previsto. C’era veramente qualcosa che non andava. Appena Eva tornò a casa, parlò con la madre:
-Mamma, oggi posso andare da Ester? –
-Tesoro, vi siete viste anche Oggi dovevi aiutarmi in casa –
-Ultimamente mi rispondi sempre in modo incerto quando ti chiedo di andare da Vuoi che ti aiuti con Gioele? –
-Tesoro, devi anche fare le faccende in casa, non puoi sempre andare a giocare da Ester. Ti chiedo un favore. Ultimamente puoi non andare da lei? È un periodo un po’ complicato sai, mi devi aiutare un po’ –
-Mamma, perché dici questo? Cosa c’è che non va? Puoi dirmelo, non sono troppo piccola! –
-Amore non è il momento di parlarne adesso, ok? Scrivile lettere, ciò che vuoi, ma evita di vederti con i tuoi amici. Cerca di uscire il meno possibile –
-Sì, ma… –
-Dai Eva, devi aiutarmi in Ascoltami. Non diventare impertinente altrimenti potrai dimenticarti i soldi per i francobolli! –
-Ok mamma –
La nostra domanda era: – Perché non vederci più? Cosa ci nascondeva la madre di Eva? – La situazione cominciava a complicarsi e noi non capivamo più nulla della vita e di quella strana aria nera che ci girava intorno…