“L’ascolto della scienza richiede tutto l’impossibile”: dal trauma cosmico, solo una nuvola di possibili

del prof. Lucio Celot

Nella lezione americana dedicata alla Leggerezza, a proposito del De Rerum Natura di Lucrezio, Italo Calvino scriveva che si tratta della “prima grande opera di poesia in cui la conoscenza del mondo diventa dissoluzione della compattezza del mondo, percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero” e aggiungeva che “la poesia dell’invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, così come la poesia del nulla nascono da un poeta che non ha dubbi sulla fisicità del mondo”. Sembra quasi che Lucrezio, nelle parole di Calvino, abbia preconizzato la grande rivoluzione della fisica quantistica, quel totale stravolgimento della fisica classica e delle categorie di spazio-tempo su cui l’uomo occidentale aveva confidato per almeno tre secoli e per mezzo delle quali aveva consolidato le proprie certezze; una rivoluzione che aveva dato un significato più comprensibile e concreto al concetto di “controintuitività” della scienza demolendo i solidi (?) pilastri del senso comune e affidando invece al probabilismo e all’indeterminismo il ruolo di autentiche – sebbene labili – strutture del mondo.

E a Lucrezio (e, ci piace pensare, anche al Queneau della Piccola cosmogonia portatile) si ispira direttamente Bruno Galluccio, fisico napoletano (si occupa di telecomunicazioni e sistemi spaziali), finalista per la categoria Poesia al Premio Napoli 2023, in questa Camera sul vuoto, terza raccolta di poesie nell’arco di una quindicina d’anni. L’intreccio di poesia e scienza, lo sconfinamento reciproco di due linguaggi solo apparentemente così lontani è un elemento fondativo della cultura occidentale: i poemi di Empedocle, Esiodo, Parmenide echeggiano nei versi di Galluccio soprattutto nella prime due sezioni della raccolta, quelle in cui l’autore riepiloga le fasi fondamentali della nascita dell’universo, una Cosmogonia in cui la parola poetica, erede della tradizione dei fisici greci, bene si adatta agli enigmi dell’Origine, descritta attraverso immagini che rimandano all’indicibile:

 

un inizio che non è un inizio/perché non esisteva un prima […]; l’universo potrebbe esser nato dal nulla/per una fluttuazione quantistica del vuoto cosmico//un evento casuale e improbabile […]; attraverso la zuppa cosmica/ogni parte era in contatto con tutte le altre […]; lo strappo nel tessuto iniziale della simmetria […]; e questa fu la prima ferita […]

 

Strappi, ferite, traumi cosmici: la Meccanica Quantistica e la Teoria della Relatività sono per l’uomo comune una provocazione concettuale da cui deriva una condizione esistenziale, di cui Galluccio dà conto nelle successive sezioni, che porta con sé […] sovrapposizioni/sorprendenti e incomprensibile rumore in un […] capogiro di numeri e galassie e che, tuttavia, incoraggia l’ansia di scoprire; d’altra parte, il nostro trovarci costantemente […] in uno stato imprecisato/come nella nuvola quantistica/dove un evento può essere vero e non vero/nel medesimo istante presente/e nel medesimo futuro o come nell’inquietante caso dell’esperimento della doppia fenditura di Young, frustra quella stessa volontà di conoscenza che, progressivamente, […] si sottrae verso l’inconoscibile.

La consapevolezza della struttura sostanzialmente vuota del mondo incrina le nostre pseudocertezze, quello che credevamo essere un solido e stabile fondamento sotto i nostri piedi è, forse, solamente […] un tentativo statisticamente riuscito/tra i tanti falliti: la fisica contemporanea, suggerisce Galluccio riprendendo la posizione polemicamente antropocentrica che era già stata di Leopardi, ci racconta […] che siamo al centro dell’universo/come lo è ogni altro punto e che […] il cemento ammette incrinature e distese/salti di qualità verso dimensioni che non sapevi.

In questo mistero di ciò che passa/dentro i tremori dello spazio, al poeta-fisico che pensa alla propria condizione non resta nulla di sé, […] frammenti di noi lasciamo/sulle stoffe […] e su retine/ci dividiamo spargiamo traccia oscura perché in un mondo la cui compattezza e opacità sono solo apparenti […] non c’è un meccanismo portante/nelle storie che ci narriamo […], la scrittura è ardua sbilanciata verso il buio/tutto tende al freddo/un freddo disperatamente vero.

Si salva tuttavia, in questo quadro cosmico privo di ogni finalismo, l’Uomo che, come avevano già rilevato Pascal e Kant, grazie alla conoscenza può ritrovare dignità e un proprio posto nel mondo:

 

[…] si cerca qualcosa che ci agganci

al giorno successivo alla meta minimale

 

alle grandi ali dell’universo

ali che non possiamo sperimentare

 

ma l’inseguirle ci impegna la mente

 

B.Galluccio, Camera sul vuoto, Einaudi 2022

Letture consigliate per un approccio “altro” e non troppo specialistico alla fisica quantistica:

F.Capra, Il Tao della fisica, Adelphi 1982;

C.Hill – L.Lederman, Fisica quantistica per poeti, Bollati-Boringhieri 2010;

J.Al-Khalili, La fisica del diavolo, Bollati-Boringhieri 2012.

Un pensiero su ““L’ascolto della scienza richiede tutto l’impossibile”: dal trauma cosmico, solo una nuvola di possibili

  • 12 Gennaio 2024 in 14 h 41 min
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    Errata corrige: non “antropocentrica” ma “anti antropocentrica “. Mi scuso per la svista…
    Lucio Celot

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