Caro Amore
Caro Amore,
So che ti sembrerà strano, assurdo, ma devi sapere che non ci credo in te.
Lo so, tutti mi dicono che esisti, che ti hanno guardato negli occhi, che ti hanno baciato sulle labbra, che ti hanno accarezzato una guancia, che ti hanno buttato via, ma che sei sempre ritornato.
Mi hanno raccontato delle tue prodezze, dei tuoi fallimenti, delle tue imprese, della tua forza.
Mi hanno raccontato delle tue follie, delle tue prove di coraggio.
Mi hanno raccontato dei cuori che sei riuscito a riparare, e di quelli che sei riuscito a spezzare.
Mi hanno raccontato delle tue alte e basse maree, del fuoco, delle tempeste, dei testa o croce, degli o la và o la spacca.
Mi hanno raccontato che hai gli occhi lucenti e che quando ti incontrerò saprò riconoscerti.
Mi hanno raccontato che quando ti incontrerò le mie mani smetteranno di tremare.
Mi hanno raccontato che se ti vedrò una volta, ti vedrò altre volte, in mille volti diversi.
Mi hanno raccontato che sai fare bene, ma anche che sai come fare male. Mi hanno raccontato che bendi le ferite, ma che sei anche capace di spargervi del sale.
Mi hanno raccontato che sei come il mare, prima tranquillo, poi burrascoso, prima lasci galleggiare le barche, poi le affondi, abbattendole contro rocciosi fondali sconosciuti.
Ma mi hanno anche detto che un buon marinaio riconosce sempre il momento migliore per prendere il largo.
Mi hanno raccontato che non è facile vederti, che ti nascondi tra i riflessi dell’anima di vetro delle persone.
Mi hanno raccontato che sei cieco, e per questo ti affidi all’anima.
Mi hanno raccontato che ti sei seduto accanto a me diverse volte, ma ero troppo ingenua o forse troppo spaventata per notarti.
Qualche volta ti ho anche urlato, piangendo, di andare via. Io non ti volevo. Perché ti temevo.
Ma spesso mi afferravi un braccio, e mi scavavi nell’anima con violenza. Cercavi di capire perché io avessi così tanta paura di te. Mi dicevi “Guardami negli occhi, non sono un mostro”, ed io li chiudevo, i miei occhi e fuggivo via. Mi spieghi perché, nonostante ti tema così tanto, non riesco a mandarti via dalla mia mente ?
Mi spieghi perché una scarica di adrenalina mi pervade, ogni volta che alzo lo sguardo verso la stessa persona? Sei tu, non è vero ? Sei tornato. Sei cambiato. Riesco a vederti, dietro lo specchio di quegli occhi lucenti.
Cieco, l’anima bianca, pura. Ed io con l’anima nera, coperta di mascara colato e cerotti consunti. Le farfalle nello stomaco, i giochi di parole, la saliva che fatica a superare il groppo che si forma in gola quando ti vedo.
Vorrei parlarti, chiederti come mai tu abbia colpito proprio me. Chiederti se sono questi i sintomi della tua malattia, se sto morendo. E poterti far guardare da dietro lo specchio dei miei, di occhi, quanto la tua mira sia penosa.
Mi dicono che non sbagli mai, che l’anima non sbaglia mai, ma gli occhi sì. Che molti occhi mentono, sempre. Ma l’anima non ne è capace.
Tutto questo è assurdo, in te continuo a diffidare. Continuo a guardarti con finta audacia, finta spavalderia, cerco di proteggermi con un libro sempre diverso tra le mani, fra le sue pagine mi illudo di essere al sicuro, che possano distrarmi da te, dal pensiero di te.
Come fai ? Come fai a farmi perdere la testa, pur essendo io diffidente, e tu cieco ? Come fai a farmi dimenticare dello scorrere del tempo ? Come fai a rimanere ancorato alla mia mente, nonostante la furia di pensieri che ti travolgono, come un’abnorme valanga ? Come fai ad intimidirmi più di quanto già non faccia da sola ? Come fai a filtrare nei miei sogni, tra le pagine che leggo, nell’inchiostro della penna con cui scrivo ? Come fai a far saltare un battito al mio cuore, ogni volta ? Come fai ? Come fai a farti desiderare così tanto ?
L’Amore è una malattia, ed il mondo è quasi completamente malato. Direi di non avere possibilità alcuna di essere immune. Eppure, è quella malattia che ti rende felice, oppure incredibilmente triste. Ma sai, Amore, quanto può far male un rifiuto ? Quanto può far male nascondere i propri sentimenti per paura di amare e non essere amati, voler bene e non sentirsi accettati, voler avere un abbraccio e aver timore di essere respinti, questa timidezza che mi frega sempre, avere un urlo da non poter sfogare, una voce da non poter far sentire, un sorriso che increspa le labbra quando ti sento vicino? Un sorriso che fa paura, fa paura perché sei tu a scatenare un terremoto destabilizzante dentro di me, ed improvvisamente perdo l’equilibrio, l’ordine. Il controllo sulle mie emozioni.
Fa paura, perché aggiungi complessi ancora maggiori dei miei. Ci casco sempre, nel tuo gioco, sai, Amore ? Forse perché non vorrei averne così tanta paura, in fondo le cose che ti spaventano sono quelle giuste, significa che devi farle per sentirti in pace con te stesso, con il mondo intero.
E forse è la pace, che cerco. O forse cerco te. Forse ho bisogno di te. Forse ti sto silenziosamente chiedendo di venire a cercarmi, ricordi ? Per parlarti, farti tutte quelle domande. O forse semplicemente perché tu non mi faccia fare alcuna domanda. Forse perché tu mi tolga ogni dubbio con il solo sguardo, senza parlare. Forse perché tu mi guardi di nuovo negli occhi e mi dica “Non sono un mostro”.
Caro Amore, hai ragione, il mostro sono io. Io, che cercavo di ucciderti, evitarti. Io, che chiudevo gli occhi, per paura che tu, scavando nella mia anima, ne trovassi le insicurezze. Io, che ti urlavo di andare via, quando, in realtà, avrei dovuto lasciarti entrare nel mio cuore, lasciarti il tentativo di aggiustarlo, di incollarne nuovamente i pezzi, i cocci. Ammetto di doverti ringraziare, per essere tornato, nonostante tutto, nonostante me. Nonostante il mio diffidare.
Caro Amore, so che tanto il resto cambia.
Ma ti prego, Amore, nel mezzo di questo vortice, questa confusione, tu non smettere di guardarmi negli occhi e di dirmi “Guardami, non aver paura. Non sono un mostro”
E la mira, ti prego, la mira. Almeno quella, fingi di migliorarla.
L. Paesano, IG