Damnatio memoriae: il dolore del ricordo – Se mi lasci ti cancello
Di Marta Cardillo (2A)
Damnatio memoriae: il dolore del ricordo.
Se mi lasci ti cancello (Michel Gondry, 2004)

Quando rivivere una persona attraverso ricordi frammentari e dolorosi fa più male che accettare la sua assenza, la sola via d’uscita è cercare di dimenticare. Prima la voce: fluida, chiara, malinconica, robotica, fittizia. Poi la scanalatura dei polpastrelli, un intricato labirinto che riposa sul reticolo della pelle. I capelli, e il vento che li faceva danzare su uno scrigno di pensieri da custodire. E infine il naso, la bocca, gli occhi…tutto si sgretola in elementi isolati, un mucchio di sabbia che brilla al commiato del sole. Quando l’ombra fredda della malinconia spalanca le porte a un passato ripido, luminoso, accogliente, appiccicoso e soffocante, allora ti chiedi: cos’è l’uomo senza il ricordo, senza l’errore, senza le impronte su cui poggiare i propri passi?
Il film di Gondry ruota attorno a questo tema, attorno ai versi di Eloisa to Abelard di Alexander Pope, pronunciati da Kirsten Dunst. Le parole degli attori diventano la chiave per cogliere il significato più profondo di ciò che viene raccontato in una serie di fotogrammi: la memoria come atto d’amore, l’oblio come illusione, il ricordo come resistenza. In un mondo che tenta di cancellare il dolore, di censurare ciò che è scomodo per non affrontare l’immensità delle proprie ferite, Se mi lasci ti cancello ci ricorda che la felicità nasce proprio dal riconoscerle, dal guardarle in faccia e portarle con noi come cicatrici che, col tempo, imparano a brillare.
Eterno raggio di sole della mente pura, perché anche se proviamo a cancellare ciò che è stato, ciò che è e ciò che potrebbe essere, nella memoria rimarrà sempre uno spiraglio di luce a illuminare gli arredi dell’anima. Così i protagonisti del film, guidati da quella luce, si inseguono in una corsa affannata. Scelgono di affrontare dolore, rabbia, amore, vergogna, delusione, pur sapendo che la fine potrebbe essere sempre la stessa. Hanno paura di aprire un foglio piegato, di scoprire che ciò che era stato dipinto da un lato ha macchiato anche l’altro. Hanno paura di conoscersi davvero, di vedere i propri difetti, di baciarsi, aprire gli occhi e non trovarsi più. Eppure avanzano, sfidando l’oblio della memoria. L’amore è scegliersi ogni giorno, anche quando per farlo bisogna mettersi in punta di piedi. È osservare il nero tra le stelle e immaginare l’infinità di materia racchiusa in quell’oblio apparente.
Se mi lasci ti cancello non è un film che si guarda: è un film che si ricorda. Non è una storia d’amore sdolcinata, ma una sequenza di immagini che raccontano il realismo e la complessità di un sentimento che si scompone, si distorce e si riscrive come un sogno che rifiuta di svanire. Michel Gondry costruisce un labirinto di memorie e illusioni, mentre Charlie Kaufman lo popola di parole intricate. Jim Carrey e Kate Winslet non interpretano semplicemente Joel e Clementine: li incarnano, li vivono, li perdono. Soprattutto Carrey, scelto in un momento in cui il dolore gli attraversava la vita, riesce a trasferire quella vulnerabilità in Joel. È lì che realtà e finzione si intrecciano, costruendo un mondounico dal quale è difficile uscire senza esserne profondamente toccati.
Se mi lasci ti cancello (The eternal sunshine of the spotless mind)
Regia: Michel Gondry
Distribuzione: USA 2004 (col., 104’). Disponibile su Amazon Prime Video

