Quando Algie il Maiale volava sopra Battersea… PINK FLOYD – Animals (1977)
del professor Lucio Celot
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Erano anni che mi ronzava in testa quell’idea
(Roger Waters)
È davvero un album violento
(David Gilmour)
Io mi stavo interessando sempre di più alla politica
e volevo parlarne in musica
(Roger Waters)
Alcuni critici giudicarono la musica di Animals
più dura e forte di qualsiasi altra cosa avessimo fatto
(Nick Mason)
Acquartierati nei nuovi studi londinesi in Britannia Row di proprietà del gruppo, reduci dall’enorme successo di Wish You Were Here, i Pink Floyd producono il loro disco musicalmente e tematicamente più tagliente e aspro, probabilmente anche in reazione alle critiche che a band come gli stessi Pink Floyd e i Led Zeppelin venivano mosse dal nascente movimento punk che li accusava di fare un “rock dinosauro” (famosa la T-shirt di Johnny Rotten dei Sex Pistols con la scritta “I Hate Pink Floyd”).
Roger Waters mette mano ad alcuni inediti chiusi da tempo nel cassetto, sviluppa certe idee che gli ronzano in testa già dai tempi del tour americano del 1973 (“volti animaleschi”, “in pasto ai maiali”, “animali che indossano i nostri volti”), probabilmente rilegge e annota Animal Farm di Orwell e così Animals, decimo album in studio del gruppo, prende rapidamente e definitivamente forma. I venti di insofferenza e ribellione che soffiano alla fine degli anni ’70 in Inghilterra e non solo, sospinti anche dal fenomeno del punk con tutti i suoi eccessi, trovano spazio e piena espressione in un concept-album che critica ferocemente il complesso politico-economico capitalista dell’occidente e che animalizza l’umanità in maiali (i depositari del potere e dell’uso legittimo della violenza), cani (gli affaristi, gli squali della finanza) e pecore (tutti gli altri, destinati a soccombere sotto il peso di un potere per natura oppressivo e autoritario). Quest’urlo di rabbia è appena mitigato dal tenue messaggio di speranza affidato all’apertura e chiusura della tracklist, il brano Pigs On The Wing diviso in due parti, tutto acustico e intriso di desiderio d’amore e empatia tra gli umani (You know that I care what happens to you/And I know that you care for me too); ma già la seconda traccia, Dogs, con David Gilmour in stato di grazia, è impietosa nel descrivere il meccanismo del “cane mangia cane” che imperversa cinicamente nel mondo degli affari e del capitale in cui l’utile è perseguito ad ogni costo (You have to be trusted/by the people that you lie to/So that when they turn their backs on you)You’ll get the chance to put the knife in). I latrati in sottofondo e il cupo e sinistro pezzo strumentale a metà del brano enfatizzano il senso di un testo che sottolinea il disorientamento, la precarietà e l’ansia bruciante di una vita all’insegna della diffidenza e del sospetto (You gotta keep one eye/looking over your shoulder/You know it’s going to get harder/and harder, and harder as you get older). Pigs (Three Different Ones) non fa sconti a nessuno, il testo è caustico, violento e cita espressamente (è una dei tre maiali del titolo, gli altri due sono il ministro in carica dell’epoca e la Tatcher, ancora all’opposizione) Mary Whitehouse, una (tristemente) famosa attivista per la moralizzazione della vita pubblica, presidente di un comitato per il decoro delle trasmissioni televisive (sic!) e acerrima nemica del rock: Waters non vedeva l’ora di togliersi un po’ di sassolini dalle scarpe dopo che la Whitehouse aveva accusato la band di istigare i giovani all’uso di droghe: And do you feel abused?/You got to stem the evil tide/And keep it all on the inside/Mary you’re nearly a treat/Mary you’re nearly a treat/But you’re really a cry. Sheep, infine, allude alla possibile ribellione della massa, gregge indistinto tenuto a bada dai cani, influenzato e plagiato dal pensiero unico imposto dal potere, inevitabilmente destinato ad essere condotto al macello. La rivolta degli oppressi è un miraggio, una deflagrazione rivoluzionaria che non porta ad altro che al perpetuarsi di nuove forme di oppressione: Have you heard the news?/The dogs are dead!/You better stay home/and do as you’re told,/get out of the road if you want to grow old.
Velenoso, linguisticamente violento e nichilista, musicalmente graffiante e spigoloso, Animals contiene alcuni momenti da antologia: gli assoli di Gilmour in Dogs (uno dei quali perduto irrimediabilmente a causa di un errore di Waters e Mason in fase di registrazione), i sintetizzatori di Wright in Pigs, il piano Fender in apertura di Sheep e la chiusura strumentale dello stesso brano, grande (e, probabilmente, ultima) prova delle memorabili capacità corali dei quattro Fenicotteri prima dell’esplodere dei contrasti che avrebbero portato all’abbandono di Waters negli anni immediatamente successivi.
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La Londra distopica immaginata da Waters & co. venne rappresentata dall’iconico maiale Algie, un gonfiabile lungo dieci metri che doveva essere fotografato mentre si librava al di sopra della centrale a carbone dismessa di Battersea: ma il cavo d’acciaio che tratteneva Algie si spezzò e quel giorno, era il 3 dicembre del 1976, un suino gonfiato a elio attraversò i cieli di Londra per poi toccare terra nel Kent. La foto della copertina di Animals è un fotomontaggio ma da allora il “maiale volante” è diventato mascotte, logo e presenza costante nei tour della band.
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Pink Floyd, Animals, EMI 1977