“RƎVIVAL” by Eminem: la ‘rinascita’ del re del rap…o forse no?
di Francesca Pia Piantarosa (IG)
Ritenuto dal mondo intero uno dei rapper più rappresentativi del genere, se non addirittura il re della rap music, sia per i suoi testi crudi ed autoreferenziali sia per essere riuscito a pronunciare quasi 10 sillabe al secondo nel singolo “Lucky You”, battendo il suo stesso record personale e globale di 9.7 sill/sec stabilito dall’immortale “Rap God” …a chi potrei riferirmi se non a Marshall Mathers?
Più semplicemente noto come Eminem, nome d’arte derivato dalle sue iniziali “M&M”, Marshall ha dovuto comprendere il fallimento più volte prima di raggiungere il successo che ha reso il suo personaggio una leggenda; dalla dipendenza da alcol e psicofarmaci al matrimonio fallito ben due volte con Kimberly Scott, dagli abusi domestici e al bullismo scolastico subiti da giovane a diversi tentativi di suicidio, non si può certo dire che la sua ascesa sia stata facile.
Tuttavia è anche a causa del suo passato burrascoso se Eminem viene considerato un genio del hip-hop: uno dei requisiti per la carta d’identità di un “vero rapper” è proprio essere in grado di esprimersi autenticamente nelle proprie tracce, raccontandosi nero su bianco e denunciando i soprusi della vita privata o addirittura quelli dell’intero sistema sociale in cui vive, e se è nato questo topos del rapper è proprio grazie all’influenza dell’ormai 50enne “biondo di Detroit”.
Già nei suoi anni adolescenziali infatti, Marshall sfoga le proprie frustrazioni quotidiane prendendo parte a diverse competizioni di freestyle e pubblica nel ’96 il suo primo album autoprodotto “Infinite”, che avrà venduto al massimo un migliaio di copie, ma sarà l’incontro con il rapper e produttore Dr. Dre che farà salire il suo nome in cima alla Billboard 200 per ben 10 volte consecutive, dominando la chart dal “The Marshall Mathers LP” del 2000 fino all’ultimo “Music To Be Murdered By” del 2020.
C’è però in questa discografia dei record un album che ha riscosso meno successo degli altri: si tratta del suo nono album in studio “Revival”, uscito esattamente 5 anni fa. All’album, annunciato dal rapper dopo ben quattro anni dall’ultimo prodotto discografico, era stato affidato il compito di chiudere la cosiddetta “Re- Trilogy”, avviata nel 2009 da “Relapse” e proseguita l’anno successivo da “Recovery”; i primi due sono strettamente legati alla vita privata di Eminem e alla sua lotta alle dipendenze, e letteralmente Revival avrebbe dovuto raccontare la sua “rinascita” dopo aver superato la “ricaduta” e il “recupero”. Insomma, non è difficile immaginare quanto fosse alto l’hype per questo progetto, ma sono bastati pochi ascolti per far crollare le aspettative e inevitabilmente, le vendite.
Con questo attesissimo ritorno, Eminem voleva soddisfare i gusti di tutti i suoi ascoltatori, da quelli abituati alle sue audaci rime fino a quelli che lo avevano scoperto nei suoi featuring con artisti pop, come il singolo “Love the Way You Lie” estratto da Recovery in collaborazione con Rihanna, certificato diamante negli States.
In Revival sono presenti infatti collaborazioni di altissimo spessore, come la dolcissima intro “Walk on Water” con la popstar Beyoncé, nella quale ammette di essere agitato per l’esito del disco, ma allo stesso tempo è sicuro di sé e del fatto che quando rappa diventa inarrestabile, oppure “River” insieme ad Ed Sheeran, la traccia ancor oggi più ascoltata del disco, che racconta di una relazione in crisi a causa del tradimento di lui, che si pente scoprendo di aver costretto lei ad abortire loro figlio, o ancora “Bad Husband”, dove con l’aiuto dei formidabili X Ambassadors si scusa con l’ex moglie Kim per le crudeli rime con le quali Slim Shady, l’alter-ego sferzante e saccente protagonista del rap di Eminem, l’ha dipinta in passato. Questi tre sono a parer mio i più eclatanti, ma altri nomi celebri come P!nk, Kehlani, Alicia Keys, aiutano il rapper a far emergere la persona; anche da solo riuscirà ad aprirsi in alcuni brani, dove avremo modo di ascoltare un Marshall Mathers per certi versi più maturo e consapevole. Tra questi menziono “Believe”, dove si chiede se i suoi fan dopo tanti anni nell’industria credono ancora nel suo potenziale, “In Your Head”, dove ammette di voler fuggire via dalla fama poiché in pochi hanno inteso la figura di Shady come un personaggio che esiste solo all’interno del suo rap, associandogli una personalità irascibile e polemica, e le due tracce finali, “Castle” ed “Arose”, connesse tra loro, nelle quali legge delle lettere scritte alla figlia Hailie Jade in alcuni periodi della sua vita fino alla notte del Dicembre 2007, quando andrà in overdose da metadone; una volta in ospedale, Eminem immagina già di essere morto e nella fase di incoscienza si rivolge a tutte le persone importanti della sua vita, fin quando il suo cuore non ritorna a battere e si ritorna al beat precedente, che conclude entrambe le canzoni ed il disco.
Ma assieme a queste, Revival comprende anche testi di denuncia sociale, dove Shady ha l’assoluto controllo: ad esempio in “Untouchable” l’oggetto di accusa è il razzismo radicato nella società americana e nelle azioni della polizia locale, ma il suo bersaglio principale stavolta è la figura dell’allora neo-eletto Presidente Donald Trump, insultato a più riprese dal rapper in tracce come “Offended” o “Like Home”. Per non far mancare proprio niente in questo progetto, Eminem ha inoltre inserito tracce rap più old school, caratterizzate da riferimenti sessuali e alle droghe più o meno espliciti (esempi sono “Framed” ed “Heat”), e anche un forte esperimento rap-rock con “Remind Me”, dove è chiaramente udibile il sample della celebre “I Love Rock ‘N Roll” di Joan Jett: insomma, definire Revival un’insalata mista di generi e tematiche mi sembra il minimo, ed è stata secondo me proprio l’eterogeneità del disco a renderlo per certi versi dimenticabile nel suo complesso.
Se la tracklist di Revival avesse compreso soltanto le collaborazioni e le tracce più emotive e personali, forse il progetto discografico sarebbe stato più coerente e degno di nota, ma un disco nel quale viene totalmente meno la personalità psicopatica e aggressiva di Slim Shady non avrebbe sicuramente decollato; allo stesso tempo se ci fossero state soltanto quelle tracce di malcontento sociale, l’album sarebbe passato altrettanto inosservato dal punto di vista dell’innovazione.
Ma se c’è una cosa che ha e che avrebbe ottenuto in ogni caso, quella è l’esorbitante critica negativa, che ha risvegliato in Marshall il desiderio di riscatto, di dimostrare che il suo rap era in grado di restare al passo con le nuove tendenze sperimentando e naturalmente, sfogandosi: ecco come sono nati “Kamikaze” e “Music To Be Murdered By”, gli album che simboleggiano la vera “rinascita” di Eminem, che al contrario sono usciti senza preavviso, senza creare o pretendere aspettative, ma soltanto per consentirgli di risedersi degnamente sul trono del rap game.
Per tirare le somme, possiamo dire che Eminem ha saputo rialzarsi anche stavolta, dimostrando con caparbietà che non è un flop commerciale a rovinare la carriera di un artista così in auge, anzi può soltanto migliorarla contribuendo alla sua crescita artistica.