Su Londra si abbatte il Male, ma Sherlock Holmes è in pieno sballo – Gli Irregolari di Baker Street (UK, 2021)

del prof. Lucio Celot

Chi conosce e ha letto tutti gli scritti che costituiscono il cosiddetto “canone” sherlockiano di Arthur Conan Doyle (cinquantasei racconti e quattro romanzi) sa che, nel corso delle loro indagini, Holmes e Watson a volte si servono dell’ausilio delle bande di ragazzini che abitano i bassifondi della Londra vittoriana per ottenere informazioni o pedinare qualche personaggio sospetto: sono the irregulars, gli irregolari di Baker Street, adolescenti poveri e spesso senza famiglia che per pochi pennies prestano i propri occhi e orecchie agli investigatori del 221b.

La serie di Netflix, che si ispira anche ai quattro graphic novels di Tony Lee e Dan Boultwood Sherlock Holmes: the Irregulars of Baker Street (2011), rende questi giovani comprimari delle avventure di Holmes i protagonisti della vicenda ma scombina le carte rispetto alle aspettative dello spettatore-lettore di Doyle: gli esiti non sono sempre del tutto convincenti, soprattutto nell’episodio finale (tranquilli, NoSpoiler!). E questo perché la storia acquisisce da subito una tinta sovrannaturale (e nulla potrebbe esserci di più lontano dal freddo e glaciale razionalismo deduttivo che è la cifra sherlockiana) con qualche smaccato debito verso Stranger Things, la madre di tutte le serie contemporanee basate sulle avventure del brat pack, la “banda di monelli”, a sua volta ispirata a It di Stephen King; inoltre, il goffo, ingenuo ed empatico Watson libresco diventa un personaggio poco simpatico, arrogante e con un passato da nascondere; per non parlare di Holmes, che fa la sua comparsa al termine dell’episodio 04 ma è ormai ridotto all’ombra di se stesso, preda della droga, dei propri fantasmi e apparentemente incapace di produrre il benché minimo ragionamento logico e sensato. Insomma, un rovesciamento totale del canone e di tutti i cliché legati alla mitica figura del detective: ce n’è per mettere a dura prova la resistenza dello sherlockiano di ferro (come il vostro affezionato recensore).

Nella Londra di fine ‘800 (la stessa, per inciso, in cui agisce il misterioso e inafferrabile Jack the Ripper), sporca, fangosa, buia, corrotta, pullulante di un’umanità sempre sull’orlo del baratro sociale e afflitta da prostituzione e alcolismo (Dickens docet) si verificano una serie di delitti efferati che sembrano opera di forze demoniache e sovrannaturali: Beatrice e Jessica, sorelle orfane di madre e prive di un padre, insieme agli amici Spike e Bill vengono contattate da Watson perché raccolgano informazioni utili alle indagini, come sempre affidate all’incapace ispettore Lestrade di Scotland Yard. Ben presto, però, anche grazie alle facoltà paranormali di Jessica, che riesce a entrare nelle menti altrui al semplice contatto fisico, i quattro adolescenti, cui si aggiunge un altolocato coetaneo in incognito, si rendono conto di trovarsi di fronte a qualcosa più grande di loro che minaccia l’esistenza stessa del mondo. Grazie ad un ritrovato Holmes, che si rivelerà molto più vicino alle ragazze di quanto non appaia e disposto al sacrifico personale per “risolvere” il caso, e ad una madre momentaneamente tornata dall’aldilà, la vicenda avrà un epilogo dopo il quale nessuno ricomincerà a vivere felice e contento ma ognuno si sarà riconciliato con il proprio vissuto e fatto i dovuti conti con la propria estrazione sociale.

Quello che non convince appieno è la discontinuità narrativa: nei primi quattro episodi, né più né meno che una serie di casi da risolvere, la serie sembra avere una fisionomia “antologica”, per poi acquisire, con la presenza fissa di Holmes, tutti i caratteri di una narrazione orizzontale, con un’unica storia che si dipana fino allo scioglimento finale; inoltre, il cuore della trama è un misterioso portale che divide il mondo dei vivi da quello dei morti, con tanto di ambiguo “uomo in bianco”, uscito dritto dritto dagli incubi di Jessica, che vuole dominare il mondo: non solo il finale è scontato e prevedibile, ma il confronto con Stranger Things è impietoso e inevitabilmente perdente per The Irregulars. Restano le interpretazioni dei giovani attori, soprattutto quella di Thaddea Graham nella parte di Bea, la tostissima leader del gruppo nonché sorella-madre di Jessica e alcuni effetti speciali che sorprendono piacevolmente; anche la ricostruzione della Londra di Conan Doyle è fedele, grazie ad una fotografia che evidenzia la drammatica dualità della società vittoriana, nettamente divisa tra i toni cupi e oscuri dei bassifondi e la luminosità degli spazi di Buckingham Palace. Ma è un po’ poco per chi si aspetta una rilettura avvincente e convincente delle imprese del più famoso inquilino di Baker Street.

 

Gli Irregolari di Baker Street (The irregulars), UK 2021

Stagioni 1 (ep.1-8)

Distribuzione: Netflix

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