Sly è come il buon vino, col tempo migliora… – Tulsa King (USA, 2022)

del prof. Lucio Celot

Non delude il buon vecchio Sylvester “Sly” Stallone alla sua prima esperienza in un prodotto seriale per la televisione, grazie anche alla mano dei due produttori, Taylor Sheridan (Sons of Anarchy, Veronica Mars, Yellowstone) e Terence Winter (Broadwalk Empire, I Soprano) che hanno dato alla storia un taglio originale mettendo assieme due generi classici, il “mafia movie” e il western.

Dalla Grande Mela che non dorme mai a Tulsa, Oklahoma: Dwight Manfredi è un uomo d’onore, un mafioso che esce di galera dopo che si è buscato venticinque anni di reclusione perché non ha fatto “l’infame” e ha protetto il suo capo Pete; solo che, dopo un quarto di secolo, tutto è cambiato, la “famiglia” è in una fase di transizione, il vecchio capo ha una salute cagionevole, i giovani boss scalpitano per prendere il controllo. Dwight è un uomo scomodo, a settantacinque anni vuole ricominciare a vivere e pretende che il suo sacrificio venga ripagato: per tutta risposta, promoveatur ut amoveatur, viene inviato a Tulsa, in Oklahoma dove, gli viene detto, può fare ciò che vuole purché ne ricavi soldi da inviare periodicamente a New York. Così, dopo un’iniziale reazione decisamente scomposta (rompe il naso ad uno dei capi di New York che giura di fargliela pagare), il rassegnato Dwight giunge a Tulsa dove in poco tempo non solo si ambienterà e inizierà a fare “affari” decisamente loschi e proficui ma troverà anche una certa stabilità personale e si affezionerà alla comunità, pur dovendo fare i conti non solo con la malavita locale e i poliziotti corrotti cui ha pestato i piedi ma anche con i “colleghi” di New York a cui non piace l’eccessiva indipendenza che Dwight si è costruito. Ovviamente, trattandosi di una serie tv americana che ha come protagonista un mafioso, per quanto simpatico e affabile come il Nostro, la morale non può essere che una sola: il delitto, alla fine, non paga mai. E Dwight, il “Re di Tulsa”, non farà eccezione alla regola (in ogni caso, è stata confermata una seconda stagione, staremo a vedere che succede).

Stallone gigioneggia in giacca e cravatta, sempre elegantissimo (come deve essere per un uomo dell’Onorata Società), fa il verso a se stesso e ai tanti personaggi ingessati cui ha dato corpo con una carica di autoironia che non gli conoscevamo, è perfettamente nella parte e pare che si diverta un mondo in questa nuova esperienza televisiva: nonostante i suoi settantaquattro anni e un fisico appesantito, è disinvolto e a suo agio nell’interpretare un residuato umano di un tempo che fu, quello degli uomini d’onore che, per quanto distorto e perverso, avevano un proprio codice morale. Di fronte ad un mondo interamente digitalizzato e informatizzato, Dwight recupera rapidamente il gap: usa cellulare e pc, costituisce una gang di scoppiati locali che fumano erba o sniffano gas esilarante, ha un flirt prima con una detective dell’AFT e poi con una allevatrice di cavalli, mantiene un irritante atteggiamento sornione che non gli impedisce, quand’è il momento, di reagire prontamente e con violenza agli attacchi che subisce.

Il tono generale, almeno per i primi due terzi della narrazione, è quello della commedia, un po’ alla Goodfellas di Scorsese (che, non a caso, viene espressamente citato in un dialogo), giocoso e leggero quanto basta per dare agli episodi quell’atmosfera nostalgica e retrò che è la cifra costitutiva della serie; nella parte conclusiva, in cui i nodi della trama vengono al pettine, la violenza emerge invece in tutta la sua brutalità, a ricordarci che non propriamente di una personcina per bene stiamo parlando ma di un efferato criminale che ha ucciso nel passato e non esita a uccidere nel presente per difendere i propri interessi (e che verrà ripagato, nel finale di stagione, con la stessa moneta).

Tulsa King è un divertissement che sceglie un’ambientazione irrituale per una vicenda di mafia e criminalità comune: non i grattacieli, non le auto di lusso o i casinò per amanti ingioiellate ma cavalli, spazi aperti, cowboys, bande di bikers cattivissimi e violenti, hackers sballati che gestiscono criptovalute nonché insospettate pistolere. C’è da divertirsi a vedere uno Stallone pieno di rughe e un po’ imbolsito che finisce a letto con un’ultraquarantenne, spara dritto nella testa del villain di turno senza problemi ma soffre in modo atroce per una figlia che, almeno all’inizio, non vuole saperne di riprendere i contatti con lui e fargli conoscere i nipoti; ma c’è anche una diffusa malinconia (che è l’autentica cifra di Tulsa King) per un mondo che non è più lo stesso e con cui bisogna con urgenza rimettersi al passo se si vuole sopravvivere; e persino per uno tosto come Dwight Manfredi il compito non è facile.

 

Tulsa King (id.)

Stagione 1 (ep.1-9)

Distribuzione: USA 2022. Disponibile su Paramount+

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