Yuanbei
di filo-sofia
Yuanbei – cinese, sta ad esprimere il perfetto e completo senso di autorealizzazione.
Appena varco le soglie dell’aeroporto un odore gelido e fastidioso mi invade le narici, ma non ci faccio caso. Dalle vetrate di quest’enorme edificio entra un chiarore privo di luce, ma non m’importa neanche di questo.
L’unica cosa che sento intensamente è un bruciore divampare nel petto: una sensazione che non aveva mai albergato in me prima d’ora si fa spazio tra gli organi del mio corpo – la consapevolezza di essere riuscito a realizzarmi. Mi guardo intorno e al posto di vedere persone con le valigie tra le mani, giubbotti pesanti e tabelloni di voli cancellati vedo nuove possibilità che mi si aprono davanti, nuove strade da percorrere. Scivolo dentro tutte le intenzioni e le aspettative che mi ero fatto prima di venire qui, anticipo le mie stesse azioni e i miei stessi pensieri perché ho un vortice nella testa. E mi piomba tutto addosso in un solo secondo, così velocemente che barcollo sul posto.
Sono a New York. E non riesco a crederci. Quello a cui ho aspirato per una vita intera – andare in un posto diverso ogni fine settimana, visitare tutto il mondo, avere successo in più di una città e, soprattutto, scappare il più velocemente da Luton – è qui, davanti i miei occhi. Quel posto non era per me, non lo è mai stato e non lo sarà mai. Lì avevo sempre la sottile ma persistente sensazione di essere fuori posto.
Ci sono riuscito, cavolo. Non sono più lo sfigato, non sarò mai più sottovalutato né preso di mira da nessuno. Sono a New York, nella Grande Mela, Gotham, la New Amsterdam! Avrò una vita tutta nuova, conoscerò nuove persone, un nuovo lavoro e avrò una nuova casa. Sono finalmente a New York, e ho lasciato alle spalle ogni singola persona o evento che mi abbia fatto del male. Sto per iniziare un nuovo capitolo, e tutto questo solo ed esclusivamente grazie a me.
Sospiro e, con le mani che mi tremano per l’emozione, mi dirigo fuori dall’aeroporto. I miei occhi strabuzzano di felicità, ché non sanno su cosa posare lo sguardo per primi, tante delle cose che ci sono da guardare. Penso che potrei restare fermo così, incantato a guardare New York almeno per tutto il resto della giornata; ma so bene che mi aspettano delle faccende da sbrigare: il mio appartamento mi aspetta. L’ho affittato vicino all’aeroporto, quindi ci arrivo tranquillamente a piedi. Durante il volo, mi sono immaginato più e più volte che impressione avrei potuto dare ai Newyorkesi: mi guarderanno tutti male, con quelle enormi valigie e un sorriso stampato in faccia così ampio da sembrare effetto collaterale di una droga? Davvero gli interesserà chi sono, o forse sono così abituati a un elevato andirivieni di turisti e lavoratori dall’estero da non curarsi nemmeno della mia esistenza? A quanto pare, mi sa che dovrò dare ragione alla seconda opzione. In effetti, non stiamo parlando di una piccola cittadina con gli abitanti contati – no, qui parliamo di una delle metropoli più grandi del mondo!
E infatti, nessuno fa caso a me e/o alle grandi valigie che mi sono portato. Affretto il passo dirigendomi all’appartamento affittato nel centro della città, e il cuore mi batte così forte che penso di essere in un sovraccarico emozionale. L’unica cosa che conta è che sono qui, adesso, con tutto me stesso; e se lo avessi raccontato al bambino di cinque anni che sognava di venire ad abitare qui, lo renderei la persona più felice del mondo.