Sognare al tempo del Covid

di Sara Speranza (IF a.s. 2020-2021)

“Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei, ed è sempre quello che non si farebbe che farei” canta Vasco Rossi ne “Il mondo che vorrei”, una canzone che calza a pennello nella descrizione di questo a dir poco turbolento periodo, un periodo che ha segnato e che continua a segnare il corso delle nostre vite, un periodo che ha bloccato il mondo intero in una catastrofe della quale neanche i Maya avrebbero potuto conoscere le sorti: ma in fondo chi avrebbe mai immaginato che sarebbe stata proprio una pandemia a gettare le basi di un caos globale in una società così avanzata come quella del 2020?

Senza alcun preavviso abbiamo fatto fronte ad un mondo in “standby”: un mondo in lista d’attesa per una nuova normalità, un mondo che lotta ancora adesso contro un mostro più grande di lui, più grande di tutti noi esseri umani. In poco tempo tutto si è fermato: la nostra vita, le nostre abitudini e talvolta anche la nostra forza di andare avanti. Ma i sogni no. Quelli no che non si fermano. Essi da sempre ci permettono di viaggiare oltre il confine dell’immaginazione e in un periodo così incerto sognare è tutto ciò che abbiamo, l’unico sistema che ci permette di evadere da questa “normalità” -se così possiamo definirla- in cui siamo stati intrappolati, come degli uccelli nelle gabbie.

Bambini, ragazzi, adulti e anziani hanno visto le proprie vite scorrere via dalle proprie mani velocemente, quasi come in una corsa contro il tempo. Nella catastrofe senza precedenti in cui stiamo vivendo ciascuno ha affrontato il terribile mostro a modo suo: c’è chi ha perso la speranza e chi l’ha trovata, chi ha compreso più cose sulla propria persona in questo periodo che in tutta la sua vita, chi ha sconfitto i propri mostri e le proprie paure e chi ci sta ancora tentando, chi ha trovato nella fede un punto di riferimento e di stabilità, chi ha avuto più tempo da dedicare a se stesso e alla propria famiglia. In un modo o nell’altro almeno un aspetto della vita di ciascun individuo è mutato.

Ciò che passa quasi inosservato è che il coronavirus inevitabilmente stia modificando anche i nostri sogni e progetti senza alcun permesso: siamo infatti passati dal sognare in modo astratto a quello in modo concreto. Spesso proprio i progetti di una vita intera, quelli dai quali ogni nostra azione è stata condizionata, sono stati richiusi nuovamente a chiave nel cassetto per lasciar posto al semplice desiderio di tornare alla , ma scontata quotidianità: un desiderio più nitido, più “vicino” a noi per quanto possibile.

Per quanto riguarda il piano personale, fin troppo spesso durante questo periodo, in cui tra l’altro una delle tante lotte era quella contro se stessi, mi sono ritrovata a riflettere sul mio futuro e sull’influenza che ne avrà questo virus in un modo o nell’altro. Nonostante tutto, il terribile mostro non ha destabilizzato i miei sogni, non mi ha bloccato dal continuare a realizzare seppur in piccolo i tanti progetti prefissati, non ha avuto alcuna ripercussione negativa sulle mie tante aspettative e -se possibile- le ha solo rafforzate: in maniera contrastante questo periodo di incertezze mi ha offerto tante certezze.

Il coronavirus deve tanto a tutti noi, a tutti coloro che in esso hanno perso opportunità, persone care e parte della loro vita: a noi giovani in particolare ha strappato via parte dell’adolescenza che, per quanto difficile possa essere considerata, non potrà più tornare indietro con uno schiocco di dita, ma alla fine non ci resta che metabolizzare questi eventi per cercare di andare avanti.

Senza rendercene conto stiamo facendo la storia, una storia di cui un giorno si parlerà anche nei libri, una storia di cui solo noi però conosciamo le conseguenze sulla pelle. Le conseguenze a cui accenno non sono solo di carattere virale, ma anche economico: il coronavirus può essere infatti associato ad un polpo i cui tentacoli raggiungono anche i “terreni” più remoti. Uno di questi terreni è senza alcun dubbio l’economia mondiale che continua a subire duri colpi portando ad altri catastrofici effetti, come l’impoverimento di gran parte della popolazione: il virus effettivamente sta giocando a domino.

E in un periodo nel quale le tipiche frasi “Andrà tutto bene” e “Torneremo ad abbracciarci” sono alcune delle nostre certezze -parole che inizialmente trasmettono coraggio, ma che a lungo andare iniziano ad essere odiate, poiché troppo distanti dalla veridicità dei fatti- colgo l’occasione per slanciarmi ad immaginare il mondo che vorrei: un mondo che sia in grado di creare una nuova normalità e che non torni come prima, perché il “prima” è ormai andato, sparito. Sono una sognatrice e sogno un mondo davvero unito che si rialzi con forza e che si ritrovi cambiato anche in meglio da questa vera e propria battaglia contro il tempo. Sogno un mondo che non lasci più indietro i deboli, gli emarginati, i poveri. Sogno un mondo che sia veramente tollerante e aperto verso gli esclusi. Sogno una nuova realtà che non venga più considerata scontata, ma che al contrario venga tutelata. Sogno che tutti gli uomini possano davvero accantonare l’egoismo che da sempre nel corso dei secoli li ha perseguitati. Sogno un mondo che non si sporchi più di sangue e di guerre. Sogno un mondo che non venga definito esso stesso un virus letale.

Citando Seneca direi: “Anche se il timore avrà sempre più argomenti, scegli la speranza”. Ed io scelgo la speranza: quella di non mollare, quella di aver coraggio per me e per gli altri.

 

 

 

Un pensiero su “Sognare al tempo del Covid

  • 5 Dicembre 2020 in 10 h 49 min
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    È proprio vero quello che dici ,Sara
    Vero e giusto. In qualunque situazione ,i sogni e la speranza dovrebbero essere la cifra dominante della nostra vita.
    Per noi adulti a volte è difficile, ma è pur vero che spesso andiamo avanti grazie ai vostri sogni.
    Grazie.

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