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Dal problema dei tre corpi al multiverso: la temperatura di Unruh e il fascino del vuoto quantistico

di Andrea Piccolo

Premessa

Qualche giorno fa, Nicola, un mio caro studente appassionato di questioni scientifiche ai limiti della realtà conosciuta, mi ha chiesto informazioni su un fenomeno di cui non avevo ancora sentito parlare: la temperatura di Unruh. Incuriosito, ho deciso di approfondire la questione proprio mentre stavo guardando su Netflix la serie Il problema dei tre corpi. Così, navigando online alla ricerca di informazioni sulla temperatura di Unruh, mi sono imbattuto in un viaggio affascinante tra idee e collegamenti — alcuni anche un po’ azzardati — che spaziano fino a concetti di cosmologia avanzata. Mi è sembrato un percorso così interessante che ho pensato di condividerlo con Nicola e, già che c’ero, di metterlo per iscritto: così è nato questo articolo.

Prima di addentrarci, però, tengo a fare una piccola premessa: nella parte finale, soprattutto, accenno a teorie e ipotesi piuttosto speculative, ovvero prive di un solido fondamento sperimentale o di una struttura teorica completa. Ritengo comunque che queste riflessioni, per quanto lontane dall’essere verificate, possano stimolare l’immaginazione e magari aprire la strada a nuove direzioni di ricerca. In fondo, la scienza è anche questo: esplorare, ipotizzare e meravigliarsi di ciò che ancora non sappiamo spiegare.

Introduzione

Immagina di osservare il cielo stellato: pianeti, stelle e galassie si muovono sotto l’azione della gravità. Già Newton intuì che la meccanica celeste, con i suoi moti ellittici, poteva essere descritta in modo preciso quando ci sono due corpi (ad esempio Sole e pianeta). Ma appena aggiungiamo un terzo corpo (poniamo un secondo pianeta, una luna, o un’altra stella), la faccenda diventa complicatissima.

Nel contempo, in altri rami della fisica, sono emersi concetti sorprendenti: uno di questi è la temperatura di Unruh, che mostra come un osservatore accelerato possa “vedere” particelle dove un osservatore inerziale vedrebbe il vuoto.

Come si legano questi due aspetti — uno astronomico e uno quantistico — a idee ancora più ampie come il multiverso? Procediamo un passo alla volta.

La temperatura di Unruh

Immagina di trovarti in un’astronave lontana da qualsiasi stella o pianeta, in uno spazio che sembra completamente vuoto. Se l’astronave si muove di moto uniforme, quel vuoto ti apparirebbe proprio come te lo aspetteresti: un silenzio cosmico, nessuna particella, nessuna radiazione.

Ora, però, supponi di accelerare costantemente (ad esempio mantenendo i motori sempre accesi). All’improvviso, dal tuo punto di vista, lo spazio non sarebbe più “vuoto”: ti sembrerebbe di essere circondato da una radiazione termica, quasi come se un termosifone cosmico fosse stato acceso!
In altre parole, per un osservatore accelerato il vuoto si riscalda, diventando un “bagno” di particelle.

Questo fenomeno sorprendente si chiama temperatura di Unruh, dal nome del fisico canadese William G. Unruh che lo teorizzò negli anni Settanta. In modo molto semplificato, possiamo dire che:

La temperatura di Unruh è la temperatura che un osservatore in accelerazione costante percepisce in quello che, per un osservatore inerziale, risulterebbe invece un vero e proprio vuoto.

La formula

A livello matematico, tale temperatura, indicata con TU, è proporzionale all’accelerazione a secondo:

TU=a2πckB

dove:

  • è la costante di Planck ridotta,
  • c è la velocità della luce,
  • kB è la costante di Boltzmann,
  • a è l’accelerazione dell’osservatore.

In formula, dunque, vediamo che TU è direttamente proporzionale a a. Tuttavia, quando parliamo di accelerazioni ordinarie (quelle di un aereo o di un razzo), il valore di TU risulta talmente minuscolo (dell’ordine di 1020 K o meno) che è impossibile da rivelare sperimentalmente: qualsiasi rumore termico o radiazione di fondo presente nell’ambiente risulta molto più intensa.

Perché “vedo” particelle se accelero?

Il punto fondamentale è che, per un osservatore inerziale (non accelerato), questo stesso spazio appare “vuoto”. Nessuna radiazione, nessuna particella reale. Si tratta di un effetto di natura quantistica, perché nella meccanica quantistica relativistica il vuoto non è il “nulla”, ma uno stato di campi quantistici in fluttuazione perenne.

Un osservatore accelerato “taglia” lo spaziotempo in modo diverso rispetto a un inerziale, creando di fatto un orizzonte degli eventi (analogo a quello di un buco nero) al di là del quale non può ricevere informazioni. Questa differenza di prospettiva fa sì che le fluttuazioni che per un osservatore inerziale rimangono virtuali si manifestino invece come particelle reali per l’osservatore accelerato, generando la radiazione di Unruh.

In altre parole, il vuoto quantistico non è un concetto assoluto, bensì dipende dallo stato di moto di chi lo osserva. Quello che uno considera “nulla”, per un altro diventa un “bagno caldo” di particelle. È un risultato affascinante in cui relatività ristretta e meccanica quantistica si intrecciano, mostrandoci quanto la nozione di “vuoto” sia legata alla nostra traiettoria nello spaziotempo.

Situazioni della temperatura di Unruh

Vediamo ora alcune situazioni in cui si può (almeno in teoria) discutere di temperatura di Unruh.

  1. Oggetto in caduta libera
    • In un campo gravitazionale, un oggetto in caduta libera non si sente in accelerazione: localmente è in moto inerziale (assenza di peso).
    • La temperatura di Unruh non si applica allo stesso modo di un osservatore accelerato in modo costante.
    • In caduta libera non si rileva il “bagno di radiazione” tipico dell’effetto Unruh.
  2. Esempio: restare fermi vs. cadere in un buco nero
    Un buco nero è un oggetto così compatto che la sua gravità non lascia scampo a nulla, nemmeno alla luce, oltre un confine detto orizzonte degli eventi. Oltre questa linea di non ritorno, tutto precipita nel buco nero.

    • Un osservatore che “resta fermo” nelle vicinanze di un buco nero (contrastando la gravità) subisce una forte accelerazione e potrebbe quindi percepire un effetto termico di tipo Unruh.
    • Un osservatore che cade liberamente nell’orizzonte degli eventi non sperimenta la medesima accelerazione costante e pertanto non vede tale radiazione.

    Parallelo con la radiazione di Hawking.

    Immagina di essere vicino a un buco nero, un luogo da cui nemmeno la luce può fuggire. Secondo la fisica, anche se sembra “tutto buio”, il buco nero potrebbe emettere una debolissima radiazione, chiamata radiazione di Hawking. È un po’ come se il buco nero “evaporasse” molto lentamente, rilasciando minuscole particelle.

    Questo è simile all’idea di effetto Unruh, per cui un osservatore che accelera nello spazio vuoto “vede” comparire particelle dove un altro osservatore, in moto uniforme, non vede nulla. In entrambi i casi, esiste una sorta di “linea di confine” — un orizzonte — che limita ciò che l’osservatore riesce a percepire:

    • Per il buco nero, l’orizzonte è il limite oltre cui tutto viene inghiottito (l’orizzonte degli eventi).
    • Per l’effetto Unruh, l’orizzonte è creato dalla tua accelerazione, che impedisce a certi segnali di raggiungerti.

    In sostanza, sia con un buco nero sia con l’accelerazione, il vuoto quantistico (che a prima vista sembra “nulla”) rivela delle particelle. Non sono effetti identici, ma condividono un aspetto fondamentale: la presenza di un orizzonte fa apparire particelle dove non ce le aspetteremmo. E così, la fisica ci insegna che anche dove pensiamo ci sia soltanto silenzio, in realtà può esserci un’intensa attività invisibile!

  3. Applicazione a un aereo o un razzo
    • Un aereo o un razzo ha un’accelerazione (spesso variabile), dunque in linea teorica esiste una piccola temperatura di Unruh associata.
    • In pratica, l’accelerazione non è costante e il valore previsto (per esempio con a9,8m/s2) è dell’ordine di 1020K, troppo basso per qualsiasi misurazione realistica. Un fenomeno teorico elegante ma difficilmente osservabile sperimentalmente per accelerazioni ordinarie.
    • Rumore termico e altre fonti di radiazione sono di gran lunga superiori, rendendo impossibile rilevare l’effetto.
  4. Calore e lavoro
    • In modo molto semplificato, si può dire che l’energia di questa radiazione “termodinamica” vista dall’osservatore accelerato è connessa all’energia (lavoro) necessaria per mantenere l’accelerazione. Se acceleri costantemente, devi spendere energia, e quella spesa si riflette, dal tuo punto di vista, in un “riscaldamento” del vuoto.

Il problema dei tre corpi

Quando studiamo meccanica celeste, il problema dei due corpi (due masse che interagiscono con la sola forza di gravitazione) ha una soluzione “pulita”: le traiettorie sono coniche (ellissi, iperboli, parabole) e si possono descrivere con equazioni ben note.

Formulazione generale

Nel problema dei tre corpi, invece, abbiamo tre masse m1,m2,m3 con posizioni iniziali r1,r2,r3 e velocità iniziali v1,v2,v3. Ognuna di queste masse sente la forza gravitazionale dovuta alle altre due, secondo la legge di Newton:

Fij=Gmimj|rirj|2r^ij

dove G è la costante di gravitazione universale e r^ij il versore che unisce le masse i e j.

Caos e mancanza di soluzioni semplici

Il problema sorge perché, a differenza del caso a due corpi, qui la soluzione non esiste in forma di funzioni elementari generali. Questo significa che non è possibile determinare l’equazione esatta. Anzi, i sistemi a tre (o più) corpi mostrano spesso comportamenti caotici: minuscole variazioni nelle condizioni iniziali si amplificano, portando a moti imprevedibili su lunghi tempi.

In alcune configurazioni speciali (come i triangoli di Lagrange o certe soluzioni periodiche) il sistema resta “ben ordinato” a lungo, ma nel caso generale domina la sensibilità alle perturbazioni. Ciò significa che un sistema di più corpi può:

  • sbilanciarsi per perturbazioni anche minuscole;
  • espellere uno dei corpi;
  • collassare in una collisione;
  • entrare in orbite caotiche e imprevedibili.

In questa dinamica, la cosa importante è che, a parte le costanti in gioco, la natura “aperta” e “sensibile” del problema dei tre corpi è stata un motore fondamentale nello studio del caos deterministico e ha implicazioni in molti campi, dall’astronomia fino alla fisica del plasma. Ad esempio, in un sistema con tre stelle, anche una piccola perturbazione gravitazionale (ad esempio, il passaggio di una stella lontana o una lieve asimmetria nelle masse) può portare all’espulsione di una delle stelle dal sistema. Mentre nei sistemi con molti pianeti, piccole perturbazioni gravitazionali tra i pianeti stessi o causate da oggetti esterni (come una cometa o un asteroide) possono destabilizzare le orbite. Questo è uno dei motivi per cui i sistemi planetari devono avere configurazioni ben “separate” per rimanere stabili a lungo termine. Nel sistema solare, i pianeti si influenzano gravitazionalmente, ma le orbite rimangono stabili per miliardi di anni perché il sistema si trova in una configurazione dinamicamente “ben bilanciata”. Tuttavia, simulazioni numeriche mostrano che, in tempi molto lunghi, le orbite di alcuni pianeti (come Mercurio) potrebbero diventare caotiche e portare a collisioni o espulsioni.

Realtà differenti e spunti verso il “multiverso”

Il problema dei tre corpi non è limitato esclusivamente alla gravitazione: la stessa complessità di fondo — ovvero l’impossibilità di risolvere il moto in forma elementare e la tendenza a un comportamento caotico — è una caratteristica generale di ogni sistema in cui tre o più oggetti interagiscono con una forza di natura fondamentale a dipendenza non banale dalla distanza o da altre variabili. La ragione profonda è che, dal punto di vista matematico, le equazioni di moto diventano troppo complesse per ammettere una soluzione chiusa universale, e spesso mostrano sensibilità estrema alle condizioni iniziali (caos deterministico). Qui le cose si fanno speculative e molto affascinanti. Da un lato, il problema dei tre corpi ci dice che sistemi con più componenti sono intrinsecamente sensibili a minime variazioni iniziali, generando percorsi evolutivi molto diversi. Dall’altro, la temperatura di Unruh ci fa capire che un cambio di stato di moto (da inerziale ad accelerato) fa sì che il vuoto si trasformi in una realtà popolata di energia, di particelle e radiazione. Facciamo ora un salto in avanti ancora più audace.

Vuoto e universi possibili

Se immaginiamo un “vuoto fondamentale” in cui ancora non ci sia nulla (massa, radiazione, ecc.), potrebbe bastare un’accelerazione o una perturbazione iniziale per dar vita a “regioni” dello spazio-tempo con energia e interazioni. Un po’ come dire:

  1. Inizio: Vuoto assoluto (solo leggi di fisica e fluttuazioni virtuali).
  2. Comparsa di un’accelerazione: L’osservatore o la regione di spazio in accelerazione “vede” particelle e energia (temperatura di Unruh).
  3. Dinamica caotica: Quelle particelle interagiscono, forse soggette a qualcosa di analogo al “problema dei tre corpi” su scala cosmica, con esiti imprevedibili.

Il problema dei tre (o più) corpi come metafora del caos cosmico

Proprio come tre corpi gravitazionali possono dare origine a una miriade di traiettorie instabili o semi-stabili, così nelle speculazioni cosmologiche l’emergere di interazioni in un “vuoto accelerato” potrebbe dar luogo a una varietà di universi. Ciascuno di essi divergerebbe rapidamente dagli altri per via di minimi scostamenti iniziali, in modo analogo a come un sistema caotico “amplifica” le piccole differenze.

Unruh, multiverso e realtà emergenti

L’idea di multiverso (inteso come insieme di più universi coesistenti o potenziali) trova sponda in molte teorie alternative: inflazione cosmica, teoria delle stringhe, interpretazioni della meccanica quantistica… Qui si aggiunge un ulteriore spunto:

  • Se l’accelerazione crea per l’osservatore un “mondo fisico” popolato di radiazione,
  • E se piccole variazioni iniziali portano a evoluzioni totalmente differenti,
  • Allora si possono immaginare tante “bolle di realtà” che emergono da un “vuoto” più profondo.

Ciascuna bolla è un potenziale universo, con un diverso set di condizioni iniziali e, magari, diverse leggi fisiche emergenti. L’esistenza di più “universi” coesistenti o potenziali, è una delle ipotesi più affascinanti e, al contempo, audaci della fisica contemporanea. In una prospettiva che collega la temperatura di Unruh a concetti cosmologici, si può immaginare che un osservatore accelerato — percependo il vuoto come un bagno termico — offra un modello in cui accelerazioni su scala cosmica o fluttuazioni di vuoto potrebbero dar vita a regioni di spazio-tempo con differenti distribuzioni di energia; queste “bolle di realtà” divergerebbero tra loro già a partire da piccole differenze iniziali, un po’ come accade nei sistemi caotici, generando veri e propri universi indipendenti con parametri fisici propri.

Ciascuna di queste bolle (o “multivuoto”) potrebbe possedere condizioni iniziali uniche — densità di energia, costanti fondamentali, ecc. — separandosi dalle altre attraverso barriere energetiche o orizzonti fisici. Tale scenario, pur essendo attualmente privo di conferme sperimentali, trova spazio in diverse visioni teoriche: da un lato, potrebbe fornire una spiegazione al cosiddetto “fine tuning” delle costanti fisiche (se esistono infinite configurazioni, almeno una deve risultare adatta allo sviluppo della vita), mentre dall’altro non mancano posizioni scettiche che considerano il multiverso non falsificabile, dunque più vicino al piano metafisico che a quello scientifico.

Il punto essenziale è che la temperatura di Unruh mostra come il vuoto non sia un mero nulla, bensì uno stato di perenne fluttuazione quantistica: a scale cosmiche, accelerazioni estreme o transizioni di vuoto potrebbero generare universi separati con leggi fisiche persino differenti. Sebbene queste congetture manchino per ora di riscontri osservativi, ampliano la nostra comprensione di quanto la nozione di vuoto e realtà possa essere più articolata di quanto suggerisca l’intuizione.

In conclusione, immaginare una molteplicità di “bolle di realtà” che emergono da un “vuoto” profondo è uno dei modi in cui la fisica teorica più audace cerca di unificare relatività, meccanica quantistica e cosmologia inflazionaria. Per quanto tali scenari restino sostanzialmente congetturali, offrono spunti intriganti sui possibili modi in cui potrebbe svelarsi (o celarsi) l’essenza ultima del nostro Universo.

Limiti e sfide dell’ipotesi di multiverso

Nonostante il multiverso rappresenti una delle ipotesi più affascinanti della fisica contemporanea, è anche oggetto di forti critiche. Un primo nodo è la non falsificabilità: se tutte le configurazioni fisiche possibili esistono in altre “bolle di realtà”, diventa molto difficile immaginare esperimenti capaci di confermare o smentire tale scenario. Alcuni ricercatori vedono dunque il multiverso più vicino alla metafisica che a una teoria scientifica empiricamente testabile.

Inoltre, sotto il nome “multiverso” coesistono interpretazioni assai diverse (dall’“eterno inflazionismo” alle interpretazioni a “molti mondi” della meccanica quantistica), non sempre compatibili tra loro. Un altro aspetto dibattuto è il fine tuning: il multiverso viene talvolta invocato per spiegare perché le costanti fisiche del nostro Universo siano così “adatte” a ospitare la vita, ma diversi critici considerano ciò una semplice estensione del principio antropico e non una vera spiegazione.

Infine, quantificare la varietà di “bolle di realtà” e definire una “misura” in un insieme teoricamente infinito di universi rimane un problema aperto. Per alcuni scienziati, dunque, l’ipotesi di multiverso è prematura o troppo speculativa; per altri, è un passo necessario per comprendere fino in fondo la struttura del cosmo. Come spesso accade alle frontiere della fisica, sarà la futura ricerca, sia teorica sia osservativa, a stabilire se queste idee resteranno solo un’ipotesi o diventeranno parte integrante della nostra visione dell’Universo.

Conclusioni

E così, Nicola ha scoperto che persino un “semplice” problema di meccanica celeste — quello dei tre corpi — possa aprire la porta a riflessioni sulla natura del caos e su possibili “universi” che si diramano da piccolissime perturbazioni. Allo stesso modo, la temperatura di Unruh ci ricorda quanto la realtà dipenda dallo stato di moto dell’osservatore: per chi accelera, il vuoto diventa un bagno caldo di particelle, e ciò che pareva “niente” si trasforma in un oceano di possibilità.

Proprio come nella serie che stavamo guardando (dove le forze in gioco tra pianeti e civiltà sono in precario equilibrio), in fisica basta una perturbazione minima — il “terzo corpo” o un’“accelerazione” imprevista — per generare scenari completamente diversi. Non è assurdo, dunque, pensare che l’Universo stesso possa nascondere molteplici “rami” o “bolle di realtà”, ciascuna unica a modo suo.

A questo punto, la domanda di Nicola appare persino più intrigante: se basta cambiare punto di vista (inerziale o accelerato) perché il vuoto si riempia di particelle, quali altre “trasformazioni” potrebbero rivelarci aspetti dell’Universo ancora inimmaginati? E come potrebbe l’evoluzione caotica di piccole fluttuazioni portare a regni fisici così diversi da quello in cui viviamo?

In fondo, è anche grazie a queste domande aperte — e al coraggio di esplorare ipotesi estreme — che la fisica continua a progredire. Chi l’avrebbe detto che, partendo da un dubbio sul “problema dei tre corpi” e da una chiacchierata informale, saremmo arrivati a ragionare sulla natura profonda del vuoto quantistico e sull’idea stessa di multiverso?

Ed è forse proprio questa la lezione più bella che Nicola (e chiunque studi fisica) può trarre: non sapere dove ci condurrà una piccola curiosità scientifica è parte del fascino della ricerca. A volte, basta davvero un “terzo corpo” — o un nuovo modo di guardare lo spazio-tempo — per ribaltare completamente la nostra visione del cosmo. E magari, come in un romanzo di fantascienza, scoprire che intorno a noi potrebbero esistere infiniti universi paralleli, l’uno diverso dagli altri… o forse, più semplicemente, infiniti modi di interpretare la stessa, meravigliosa realtà.

Buon viaggio nello studio (e nei possibili “universi”!), sperando che queste riflessioni stimolino la tua curiosità per la fisica e i suoi misteri. 

Bibliografia

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    Butterworth-Heinemann (1976).
    Classico testo di riferimento per la meccanica e il problema dei due/tre corpi.
  • H. Poincaré,
    Sur le problème des trois corps et les équations de la dynamique,
    Acta Mathematica 13, 1 (1890).
    Storica analisi del problema dei tre corpi e dell’origine del caos deterministico.
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    Penguin (1987).
    Testo divulgativo fondamentale per capire la teoria del caos.
  • B. Greene,
    The Hidden Reality: Parallel Universes and the Deep Laws of the Cosmos,
    Vintage (2011).
    Un’ampia trattazione divulgativa sul multiverso e le teorie cosmologiche speculative.
  • L. Susskind,
    The Cosmic Landscape: String Theory and the Illusion of Intelligent Design,
    Little, Brown and Company (2005).
    Per un approfondimento sulle ipotesi di multiverso e fine-tuning nel contesto della teoria delle stringhe.
  • R. M. Wald,
    Quantum Field Theory in Curved Spacetime and Black Hole Thermodynamics,
    University of Chicago Press (1994).
    Per uno studio avanzato su effetti come Unruh e Hawking in spazi-tempi curvi.
© 2025 – Pausa Caffè Pansini

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Un pensiero su “Dal problema dei tre corpi al multiverso: la temperatura di Unruh e il fascino del vuoto quantistico

  • 15 Febbraio 2025 in 15 h 57 min
    Permalink

    Ah, la seduzione e il fascino misterioso della fisica quantistica! Caro Andrea, ho compreso forse lo 0,001 percento del tuo articolo ma intuisco la profonda bellezza del suo contenuto…Grazie!
    P.S.: auguri Galileo!

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