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Lo Xenomorfo e la Corporation-Alien: Earth

del Prof. Lucio Celot

Lo Xenomorfo e la Corporation:

una lettura anticapitalista della saga di Alien

Alien: Earth (USA, 2025)

…un organismo perfetto

la cui perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità,

un sopravvissuto non offuscato da coscienza, rimorsi o illusioni di moralità

(Ash)

 

Se speriamo nel futuro, le nostre aspettative dipendono in larga parte

da ciò che riusciremo a fare con le macchine.

In questo senso, il transumanesimo è un’intensificazione di una tendenza

già insita […] nel capitalismo

(M.O’Connell, Essere una macchina)

Ebbene sì: il franchise di Alien, la saga dello xenomorfo più cattivo e feroce della storia della sci-fi, si arricchisce di un nuovo capitolo con la serie tv Alien: Earth, prequel assoluto (almeno fino a ora) di tutta la variegata e leggendaria saga cult ispirata alla creatura partorita dalla mente di Dan O’Bannon e Ron Shusett. Iniziata nel 1979 con Alien di Ridley Scott, il film che seppe coniugare in modo originalissimo fantascienza e horror, l’epopea del mostruoso alieno si è sviluppata, pur con risultati alterni, fino ai giorni nostri approdando, com’era inevitabile, sulle piattaforme di streaming (da noi, Disney+).

            Difficile riassumere in poche battute le vicende e dare conto di personaggi di un universo ormai conosciuto e amato dal pubblico di mezzo mondo, non solo grazie all’intuizione e alla sapienza registica di Ridley Scott ma anche al genio visionario di Hans Ruedi Giger, l’artista svizzero che realizzò l’essere “tecno-organico”, la “creatura impossibile”, una vera e propria arma biologica con componenti meccaniche in grado di avere reazioni fulminee e in possesso di una forza sovrumana. A metà tra un essere organico e un androide meccanico, lo xenomorfo adulto possiede un’anatomia che rimanda a una chiara simbologia sessuale (la testa allungata, la lingua dentata che fuoriesce dalla bocca per colpire la preda), spaventosa e suggestiva ad un tempo. Degna dei peggiori incubi lovecraftiani, la creatura (di cui, in realtà, esistono diverse specie di esemplari) è il predatore perfetto, dotato di strumenti di offesa micidiali come la coda dotata di pungiglione e, soprattutto, l’acido “molecolare” (qualunque cosa significhi) che ha al posto del sangue: insomma, un essere difficilissimo da uccidere tranne che col lanciafiamme, un prodotto dell’evoluzione che vive e si riproduce nel deep space forse da ere incalcolabili. La migliore definizione dello xenomorfo è quella che ne dà l’androide Ash nel primo film della saga: un organismo perfetto la cui perfezione strutturale è pari solo alla sua ostilità, un sopravvissuto non offuscato da coscienza, rimorsi o illusioni di moralità. Quale meraviglia se le multinazionali dell’hi-tech che governano il mondo del futuro prossimo se ne vogliono appropriare per utilizzarla come arma biologica e conquistare la leadership globale?

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Lo Xenomorfo in Alien (1979)

La cronologia della saga si estende dal 2092 (Alien: Earth) fino al 2381 (Alien: La Clonazione), passando attraverso Prometheus (2093) e Alien: Covenant (2104), il cult Alien (2122), il midquel Alien: Romulus (2142), senza dimenticare l’epico Aliens: scontro finale (2179) e Alien3 (2179). Non appartengono al “canone” i crossover Alien vs Predator, nei confronti dei quali sia Ridley Scott che il pubblico “purista” non hanno mai nutrito grande considerazione (difficile dargli torto). Dunque, storie che si dipanano per quasi trecento anni, diverse e lontane tra loro anche nello spazio ma tutte legate dalla costante e incombente presenza delle “Compagnie”, le potentissime multinazionali come la Weyland-Yutani e la Prodigy che stanno conquistando, anzi, terraformando mondi lontani anni-luce dalla Terra per appropriarsi di risorse minerarie e, quando se ne presenta l’occasione, anche di organismi alieni da usare come armi biologiche. Quello di Alienè un universo in cui non ci sono più né politica né democrazia, le corporations agiscono del tutto indisturbate in un contesto di ipercapitalismo da cui sono assenti scrupoli etici e garanzie giuridiche: nel primo episodio della saga, Ripley (Sigourney Weaver) chiede a Mother, il computer di bordo, lumi sulla reticenza/incompetenza dell’ufficiale scientifico (Ash, che si rivelerà essere un “sintetico”) e scopre così l’esistenza di una direttiva della Weyland-Yutani che non dà adito a dubbi: l’organismo va riportato ad ogni costo sulla Terra perché venga studiato, “qualsiasi altra considerazione è secondaria, l’equipaggio è sacrificabile”. Insomma, in tutta la saga il vero villain non è tanto lo xenomorfo, che in fondo si comporta secondo la propria natura, ma il “capitalismo spaziale” che, approfittando della sostanziale debolezza dei governi terrestri, si sostituisce a tutti gli effetti ad un’autorità pubblica del tutto latitante: in Alien: Earth, interamente ambientato sulla Terra, il governo mondiale è nelle mani delle “Cinque”, le corporations che si spartiscono il controllo delle risorse spaziali e le cui “divisioni scientifiche” sono finalizzate allo sviluppo e alla vendita di armi biologiche. Come si vede bene anche nell’incipit di Alien: Romulus (uscito nel 2024), il livello di sfruttamento, oppressione e alienazione delle masse lavoratrici non è diminuito; semmai, si è spostato anni-luce dalla Terra per riprodurre i medesimi meccanismi di generazione del profitto. Ripley e la sua progressiva presa di coscienza che il Male assoluto non è rappresentato dagli xenomorfi ma dalla spietatezza e disumanità della Weyland, costituiscono la versione futuristica della rivoluzione dell’operaio alienato contro gli apparati di controllo e tecnocratici. Alien, o della rivolta contro l’antiumanesimo imperante e la privatizzazione del deep space.

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Tutto questo è portato alle estreme conseguenze in Alien: Earth, la serie in otto episodi in cui l’I.A. e la filosofia del “transumanesimo” irrompono nella sceneggiatura con tutte le loro potenzialità, reali o immaginarie che siano (anche se già in Prometheus e Covenant ne abbiamo avuto un primo assaggio con gli androidi David e Walter, per non parlare dei “lavori in pelle” di Blade Runner, di SkyNet nella saga di Terminator e del mondo delle macchine di Matrix). La serie, ideata da Noah Hawley, insiste su tematiche tipicamente dickiane, come quella del confine tra umano e non-umano: oltre alla creatura, sono protagonisti assoluti della storia cyborg e “sintetici”, androidi cui è stata trapiantata la coscienza di bambini malati terminali che si ritrovano così a rivivere in corpi potenziati: dunque, macchine senzienti a tutti gli effetti e con tutte le complicazioni affettive ed emotive che ne conseguono (l’amore per un fratello, il desiderio di maternità). Non mancano, of course, le grandi e onnipotenti corporazioni di cui si è detto, che si scontrano per il possesso di alcuni esemplari alieni recuperati da una nave stellare della Weyland precipitata, però, sul territorio della Prodigy, che immediatamente si appropria degli xenomorfi per utilizzarli e rivenderli come armi biologiche. Inutile dire che le (poco) simpatiche e (molto) intelligenti creature non sono granché propense a farsi rinchiudere e sfruttare come cavie da laboratorio: umani, cyborg e sintetici ne faranno le spese. Lo spettacolare cliffhanger con cui si chiude la prima stagione e già prelude alla seconda apre uno scenario che solleva un’inquietante domanda: a chi spetterà il governo del mondo?

            Ricordate la tagline di Alien? Nello spazio nessuno può sentirti urlare. Se è per questo, nemmeno sulla Terra del nostro postumano futuro prossimo…

 

Testi consultati:

P.Riberi e G.Genta, I segreti di Alien. Gnosi, orrore cosmico, scienza e IA nella saga degli xenomorfi, Mimesis 2024;

“Linus”, n.08, agosto 2024 (numero speciale dedicato alla saga)

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