di Elena Buonanno (IA)
Il film, diretto e sceneggiato da Luc Besson, prende il titolo dal protagonista, Léon (Jean Reno), un killer professionista incapace di relazionarsi ad altre persone. La sua routine viene stravolta dall’arrivo di una dodicenne, Mathilda (Natalie Portman), che ha alle spalle una famiglia disfunzionale: padre spacciatore, un fratellino al quale lei fa da madre, una matrigna e una sorellasta che si curano solo del loro aspetto. La situazione della ragazzina precipita alla comparsa di Norman Stansfield (Gary Oldman), un agente della DEA, corrotto ma soprattutto psicopatico, che stermina tutta la sua famiglia. Stansfield è l’esatta rappresentazione di una società amorale, dove non c’è più differenza tra il “buono” e il “cattivo”; l’attore che lo interpreta ha reso questo personaggio uno dei cattivi più iconici del cinema contemporaneo.
La ragazza è costretta, per salvarsi, a chiedere aiuto al vicino di casa, che è proprio Léon. In questo modo le loro vite si incrociano: Mathilda va a vivere a casa del killer e i due instaurano un rapporto di amicizia-amore. Léon le insegna i suoi trucchi da professionista, mentre lei lo rende una persona più gentile e affettuosa; con il passare del tempo il loro legame si farà sempre più forte e i loro destini si uniranno in un finale davvero emozionante.
Si tratta di un film raccontato senza filtri, crudele, ma al tempo stesso toccante, dove i personaggi, completamente emarginati, vivono in una società che non ascolta le loro voci, le loro esigenze e sono quindi abbandonati a loro stessi.
Léon è sicuramente l’antieroe per eccellenza, un uomo analfabeta, cinico, che non ha mai ricevuto affetto e a sua volta è incapace di darlo; vive ogni giorno come fosse quello precedente, in maniera uguale, monotona, ma l’arrivo di Mathilda lo emancipa da quella quotidianità e segna l’inizio del suo cambiamento. Sin da subito l’uomo è restio ad avere una ragazzina energica e curiosa tra i piedi, ma poi apprende da lei quanto sia importante amare ed avere uno scopo nella vita; riesce a capire pian piano il mondo che lo circonda e a trovare, proprio nel mondo, il suo posto. I due sono l’uno l’opposto dell’altra, eppure si compensano. Mathilda è una ragazza cresciuta troppo in fretta, che ha finito per “bastarsi”, poichè è del tutto priva delle attenzioni che merita, specialmente da parte della sua famiglia, composta da persone assenti, superficiali, incapaci di ascoltare i suoi problemi e le sue esigenze; grazie alla sua voglia di scoprire cose nuove, imparerà da Léon a difendersi, ad essere forte, coraggiosa e a non essere più schiacciata dal mondo che la circonda; riuscirà a trovare nell’ uomo qualcuno che tenga a lei, che le dia affetto e, soprattutto, che la ami per come è.
Leon e Mathilda sono la rappresentazione di persone invisibili agli occhi degli altri,
borderline, che, sostenendosi l’un l’altra, capiscono che l’importante è rendere il proprio essere “diversi” un punto di forza e non un motivo per farsi calpestare dagli altri, perchè la vera difficoltà è accettare la propria unicità, difenderla e crescere insieme ad essa, non omologandosi mai.
E così, in un contesto di emarginazione, solitudine e disperazione, in un vuoto di prospettive, di fiducia nell’uomo e nel destino, la vita continua, imperterrita e indomita, il suo percorso di cambiamento e di crescita. Come una pianta, una banale pianta d’appartamento – filo conduttore della storia – simbolo della necessità di vivere e di amare.
Léon (
id.)
Regia: Luc Besson
Distribuzione: Francia-USA 1994 (col., 110 min)