Cosa c’è dietro il referendum di indipendenza catalana?

di Lorenzo Unich II F

 

La situazione catalana si fa sempre più tesa e complicata. Ogni politico, ogni persona che abbia un minimo di risonanza mediatica ha iniziato a riversare fiumi di parole, spesso commettendo gravi errori storici e dando del fascista o del codardo a chiunque la pensi in modo diverso, su questo controverso argomento. Tutti danno ragione all’una o all’altra parte. Ma in realtà, citando una delle più importanti riviste di attualità geopolitica in Italia,limes, “nel referendum hanno perso tutti”. Ed è proprio così: il primo ottobre, sono tornati a casa tutti scontenti, tutti con un conto in sospeso. Come possiamo dire che un paese moderno ed occidentale come la Spagna abbia agito correttamente? Nessuno potrebbe mai ritenere giusti atti di violenza simili, che comunque non sono riusciti ad impedire il voto. D’altro canto la Catalogna non ha ottenuto l’indipendenza. Questo “giuoco delle parti” in cui a farsi male sono sempre i cittadini, i più deboli, ha visto perdere entrambi i lati, che invece reclamano entrambi vittoria. Il referendum sull’indipendenza doveva essere un’occasione per il governatore catalano, Puidemont, di mostrare i muscoli, con un giochetto populista che non avrebbe mai avuto nessuna validità giuridica, come era chiaro: doveva dimostrare al governo centrale che il plebiscito popolare gli dà ragione, che Barcellona vuole essere indipendente da Madrid. E, nonostante la corte suprema spagnola avesse all’unanimità dichiarato illegale perfino il referendum consultivo, è andato contro lo stato centrale, certo di essere intoccabile, o comunque, anche se glielo avessero impedito, Madrid avrebbe reagito in una tale maniera da essere oggetto di polemiche e accuse (come è poi accaduto). Andare contro la costituzione? Cosa sarà mai in confronto a un bel po’ di consenso popolare, fomentato dal populismo di una scelta che attira la massa! Ma a perdere ci sono i votanti, manganellati o colpiti da proiettili di gomma. E non immagino nemmeno cosa sarebbe successo se fosse scappato il morto. In questa farsa, i catalani che non si sentono spagnoli, e non penso si possa discutere il loro diritto di farlo, sono quelli che ci perderanno di più. Sta di fatto che, oggi come oggi, la Catalogna non è indipendente, né probabilmente lo sarà a breve, e lo stato centrale ha perso ancora di più credibilità, non solo di fronte al mondo intero, ma soprattutto davanti al suo popolo. L’Unione Europea, si limita a dare giuridicamente ragione alla Spagna, dopodiché torna nella sua ombra per non farsi più viva; un’altra occasione persa che poteva vedere l’Unione come paciere di una situazione che passerà alla storia. Sta di fatto che sul piano giuridico Rajoy ha agito secondo legge, forse con troppa veemenza, ma ha dietro di sé la costituzione che lo protegge. Ma come ci insegna la storia, c’è una differenza tra ciò che è de iure e ciò che è de facto[1]. La Catalogna si sente indipendente culturalmente, e questo può anche essere giustificato da secoli di storia vissuti indipendentemente. É stata annessa alla Spagna sempre posticciamente, senza che vi fosse una reale volontà. Lo stato moderno spagnolo non si può però scomporre così facilmente come vorrebbe Barcellona: sarebbe necessaria una modifica costituzionale importante,con una procedura ancora più complessa di quella italiana. In questo momento, non serve gareggiare a spararla più grossa, ma bisogna sedersi e trattare, negoziare, mediare, trovare un accordo bilaterale. Un’opzione potrebbe essere trasformare la Spagna in una federazione, il che consentirebbe una maggiore indipendenza della comunità catalana (e anche di quella basca), che garantisca una libertà sufficiente, ma non scomponga totalmente l’unità. Basterebbe parlare e dialogare, per avere pace, anche se piace di più lo scontro diretto, anche se ci rende più graditi alle masse. Bisogna”commodapatriai prima putare”(Lucilio v. 1207 Warmington), ossia mettere al primo posto il bene comune, il bene dello Stato, prima delle proprie aspirazioni personali. Se vogliamo la pace, la si può costruire con il dialogo responsabile, e con un “cessate il fuoco” di accuse e di violenze da ambo le parti.

[1]De iure…de facto: espressioni giuridiche per indicare rispettivamente per legge e di fatto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.