Dare forma all’ignoto. Per una nuova sinistra senza socialismo

del prof. Lucio Celot

 

“Solo la politica è in grado di esprimere l’interesse generale della specie” 

C’è un corpo che giace sotto le macerie del vecchio mondo, quello della contraddizione originaria tra lavoro e capitale, superata dalla rivoluzione tecnologica che ha posto fine anche alla lotta di classe, che va assolutamente resuscitato: è il corpo della sinistra occidentale. Lo storico Aldo Schiavone, da sempre attento ai passaggi epocali del Belpaese (ricordiamo, tra tutti i suoi testi, Italiani senza Italia del 1998), pubblica questo pamphlet – immediatamente a ridosso dei catastrofici esiti (per la sinistra italiana) delle elezioni del 25 settembre 2022 – che altro non vuole essere se non una riflessione sulla possibilità che la sinistra, italiana e non solo, ritrovi e faccia proprio un nuovo pensiero di cui, al momento sembra del tutto priva.

            La struttura del saggio di Schiavone è tutta costruita attorno alla triade tecnica-capitale-lavoro: la sinistra occidentale ha le proprie origini nella “contraddizione originaria” e nella “cooperazione antagonistica” tra capitale e lavoro, e la sua vocazione è stata, da sempre, quella di dare voce al soggetto politico che dal capitale veniva oppressa e sopraffatta. La lotta di classe, insomma, unitamente all’impianto marxista di interpretazione della modernità, ha costituito l’humus da cui sono cresciuti, nel nostro paese, i due maggiori partiti della sinistra, il PCI e il PSI. L’avvento della rivoluzione tecnologica, che ha modificato radicalmente il concetto di lavoro inteso come attività dell’operaio-massa, e la scomparsa, dopo la caduta del comunismo, del contesto sociale, geopolitico e culturale in cui quella sinistra e quel modo di produzione si erano sviluppati, hanno causato la “fine del lavoro” (di cui già parlava un trentennio fa Jeremy Rifkin), espressione che indica la fine di una “maniera storica” di lavorare, quella connessa alla grande produzione industriale di beni materiali e ad un certo tipo di lavoro manuale che aveva, a sua volta, dato vita ad un’intera civiltà.

            Questa rivoluzione tecnologica, sociale e mentale, che ha come effetto immediato la produzione e la circolazione di beni perlopiù “immateriali”, implica l’uscita di scena della “classe operaia” classicamente intesa, il cui vuoto è riempito dai “nuovi lavori” che non uniscono, non producono linguaggi comuni ma, anzi, parcellizzano, dividono, pongono in competizione le nuove figure professionali. Ergo: staccare definitivamente la sinistra dall’idea di socialismo e il cittadino da quella di lavoratore è il primo passo necessario per una nuova politica di sinistra:

 

L’idea fondante della sinistra, che ne racchiude tutto il cammino ed esprime un principio che sta nell’anima dell’Occidente sin dall’antichità greca, è l’emancipazione dell’umano, di tutto l’umano; non il socialismo: che è stato solo un mezzo per raggiungere quell’obiettivo, ma non il fine, anche se spesso le due cose sono state confuse (p.35)

 

            Ma le difficoltà della sinistra sono anche altre: il divorzio tra popolo e rappresentanza, che nel nostro paese ha toccato vertici inquietanti alle ultime elezioni con un astensionismo che è arrivato al 40%, è spia di un sentire comune, quello della perdita di capacità decisionale della politica a fronte della pervasività di tecnocrazia e mercato, le due forze che, in mano a minoranze ristrettissime, sottraggono potere decisionale alle masse di cittadini in nome della logica irresistibile del mercato. In altri termini, la politica e la democrazia sono alle prese con nuove e altre contraddizioni, quella tra potere statuale e sovranazionale, tra dimensione sempre più privata del capitale e le sue ricadute pubbliche, tra bisogni individuali e dimensione globale della finanza: la “disaffezione di massa” nei confronti della politica nel suo senso più nobile e alto è dovuta alla drammatica sottrazione di spazio all’azione delle politiche democratiche. Da qui, da questo scollamento alla comparsa dei movimenti cosiddetti populisti (“forme destrutturate della democrazia”), il passo è stato breve: prima il Movimento 5S, ora la destra di governo, hanno provato a farsi interpreti di questa reazione antipolitica. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: come, sotto gli occhi di tutti, è la paralisi che ha impedito al PD di capire e farsi interprete del disagio ormai non più solo serpeggiante ma evidente e gridato a gran voce dal “popolo della sinistra”.

            Dunque, riportare cittadini e giovani alla politica: e questo, dice Schiavone, è possibile solo in una prospettiva europea (a differenza della destra che vuole dare voce esclusivamente alle istanze nazionali e isolazioniste):

 

Non c’è un solo grande problema nel mondo contemporaneo – ambiente, energia, salute, emigrazioni, diseguaglianze – che possa essere risolto dalla volontà di un solo Stato, che non richieda un approccio e una soluzione almeno continentali (p.54)

 

            La politica – e, con lei, la sinistra – deve fare ciò che è riuscito al capitale e alla tecnica, farsi “rete globale”, recuperare e rinnovare la vecchia idea dell’eurocomunismo e rilanciarla come “Costituente per la nascita di una sinistra d’Europa”, unitamente ad un’idea “progressiva” della storia, non ingenuamente ottimistica ma consapevole che l’andamento dei processi storici nel suo insieme ha sempre rappresentato un miglioramento per l’umanità. L’argomentare di Schiavone è costruito sul costante contrappunto sinistra-destra che evidenzia come la destra, per il suo stesso impianto storico-ideologico tradizionalista e escludente, non può, pena il suo stesso annullarsi, guardare al futuro del “comune umano come soggetto globale”: mentre la destra trova nel passato e nella sua riproposizione la soluzione ai problemi del presente, la sinistra deve imparare a progettare e a dare forma al futuro, all’ignoto come unica prospettiva di salvezza per il pianeta.

            È sulla nuova idea di eguaglianza che si chiude, con un inaspettato scarto filosofico, il pamphlet di Schiavone. Il modello di eguaglianza entro il quale è nata e si è formata la sinistra occidentale era quello socialista, legato al sistema produttivo di fabbrica; venuto meno quel modello, bisogna guardare all’etica e alle coscienze, non più all’economia per costruire un’idea di eguaglianza che abbia come oggetto non “l’individuo” o la “persona” (costruzioni storiche e, dunque, da relativizzare) ma la “nuda impersonalità”:

 

Si può pensare e costruire – eticamente, politicamente, giuridicamente – la nuova eguaglianza come la forma per eccellenza dell’impersonale umano, e rendere quest’ultimo, attraverso la sua costituzione istituzionale e sociale, il soggetto cui attribuire i diritti universali dell’umano: i diritti di un universale e impersonale cittadinanza, non più connessa a una forma di lavoro, né a un modo di produzione, ma al riconoscimento di una comune identità, spersonalizzata e perciò totalmente inclusiva, l’identità dell’umano, che ha l’eguaglianza come sua unica misura (p.111)

 

            In altri termini, l’effetto di prossimità consentito dalle nuove tecnologie sta rendendo possibile il formarsi di una coscienza unitaria, globale e totalizzante dell’umano, pur senza mettere in discussione le diversità; l’eguaglianza come misura dell’umano dovrebbe diventare l’autorappresentazione della nostra civiltà, dato che mai come in questo nostro tempo il “prossimo” comprende tutti gli abitanti del nostro pianeta, con buona pace di chi non vuole vederlo.

            Sostituire l’etica all’economia, proteggere con l’etica e il diritto chi non ha peso economico, riavvicinare la sovranità al suo effettivo esercizio senza rinunciare alla mediazione della rappresentanza, sottrarre alla logica del profitto e del capitale i beni comuni (salute, ambiente, patrimonio genetico, informazione, intreccio dei generi) e il loro valore d’uso, proiettare la democrazia oltre gli stati: in nome dell’umano, la sinistra deve ritrovare la forza e il coraggio di pensare e affrontare il futuro con politiche concrete che diano forma all’ignoto che si affaccia. È tutta qui la differenza con la costitutiva incapacità delle destre di progettare ciò che verrà.

 

A.Schiavone, Sinistra! Un manifesto, Einaudi 2023

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