I Classici da rivedere #9 L’impossibile verità. Un percorso cinematografico attraverso i paranoici anni ’70 in America. – La Conversazione (F.F.Coppola, 1974)

del prof. Lucio Celot

Considerato dallo stesso Coppola il più riuscito tra i suoi film, La conversazione è la storia di Harry Caul (Gene Hackman, qui in una memorabile interpretazione), investigatore privato esperto in intercettazioni telefoniche e sonore che si trova (per la prima volta in dissidio con la propria etica professionale) emotivamente coinvolto in una situazione che potrebbe mettere in pericolo la vita di una coppia di amanti: ma la realtà non è chiara come sembra.

Proprio nel 1974 (lo stesso anno in cui uscì il film), Richard Nixon, il 37° presidente USA, fu costretto a dimettersi a seguito del cosiddetto scandalo Watergate: spionaggio illegale ai danni del Partito Democratico, svelato dai giornalisti Woodward e Bernstein del Washington Post (Tutti gli uomini del presidente, A.Pakula 1976). Gli americani aprirono gli occhi sui gravi abusi che la politica poteva commettere ai danni della vita democratica del paese; ma erano anche gli anni del disimpegno militare degli USA in Vietnam che si sarebbe concluso con una sonora e storica sconfitta: nel 1975 Saigon fu conquistata dall’esercito del Vietnam del Nord costringendo gli americani alla fuga (Il cacciatore, M.Cimino 1978; Platoon, O.Stone 1986).

La “sporca guerra” era contestata anche in patria: una campagna di stampa martellante contro la guerra attraversò in lungo e in largo gli USA (The Post, S.Spielberg 2017); la renitenza alla leva e il rifiuto sistematico della guerra divennero fenomeni dilagante tra i giovani (Hair, M.Forman 1979).

Dunque, un’America disillusa, che ha perso fiducia nella politica e nel proprio ruolo di leader mondiale, che si è scoperta nuda e privata della propria privacy: questo clima di sospetto e di ambiguità nei rapporti umani è reso perfettamente nel film di Coppola, in particolare nel protagonista, Harry Caul.

Harry è il “numero 1” nel suo mestiere ma di lui sappiamo ben poco: è solitario, taciturno, ha avuto un’educazione cattolica, suona da solo il sax nel proprio appartamento, è ossessionato dalla sicurezza e dalla privacy, non ha rapporti facili con l’altro sesso. Ingaggiato da un direttore d’azienda per un’intercettazione ambientale, si fa prendere dal demone della conoscenza contravvenendo alle regole della deontologia professionale e cadendo in uno stato progressivo di paranoia. Dopo avere ripulito dai rumori di fondo la registrazione carpita a due amanti a loro insaputa, Harry decide di non consegnare i nastri al committente e di carpire il senso nascosto della conversazione tra i due, che diventa per lui un’autentica ossessione: veniamo così a sapere che qualche anno prima, a causa di un suo lavoro di intercettazione in ambito politico molto ben fatto, tre persone sono state assassinate.

Il clima in cui si svolge la vicenda restituisce un senso di alienazione e solitudine (Taxi driver, M.Scorsese 1976): la stessa San Francisco è fatta di cantieri abbandonati e silenziosi, di donne e uomini che camminano a testa bassa, ogni inquadratura è disseminata di binocoli, auricolari, telecamere e microfoni; le nostre identità possono essere profanate, analizzate, manipolate: Harry incarna alla perfezione e con molto anticipo sui tempi la paranoia generata dall’incubo totalitario, non più confinato ai corpi ma esteso ai data.

Questa condizione paranoica induce in Harry una percezione distorta della realtà (non del tutto ingiustificata, in verità) che lo porta ad avere anche alcune visioni/sogni al limite del delirio (L’inquilino del terzo piano, R.Polansky 1976) e a non essere più troppo sicuro di chi sia il carnefice e chi la vittima della vicenda di cui è testimone.

Se in Blow-up (M.Antonioni 1966) e La finestra sul cortile (A.Hitchcock 1954) la riflessione verte sullo “sguardo”, sull’occhio e la sua capacità di restituire la verità delle cose, La conversazione è tutto basato sull’udito, sul montaggio del suono: il tessuto sonoro del film è costituito da alcuni brani jazz, da brani per piano solo e soprattutto dalla conversazione stessa, che mano a mano che la vicende procede sembra farsi più chiara anche nel contenuto.

Coppola si immedesima in Caul, le ansie di Harry sono le stesse del regista: mettere ordine, imporre una logica al caos del mondo. Ma, nonostante la tecnologia che lo aiuta (Caul fa un lavoro simile a quello del montaggio cinematografico: collegare e dare senso a degli spezzoni di pellicola), il risultato ottenuto non è la verità; o meglio, è solo una delle possibili verità in cui la realtà si declina.

La realtà rimane impalpabile, sfuggente, fuori dalla nostra portata: il mescolarsi e susseguirsi di effetti sonori, musica, dettagli uditivi e visivi non detti e non visti che si rivelano progressivamente creano nello spettatore lo stesso spaesamento di Harry, fino alla rivelazione finale; sconfitto e (forse) spiato a sua volta, nella scena conclusiva del film Harry è il ritratto di un’America disorientata e in preda alla paura che ha perso del tutto la propria identità.

In Blow out (B.De Palma 1981), un tecnico del suono (John Travolta) che sta registrando all’aperto il suono del vento, è testimone “auricolare” di un incidente e si trova coinvolto in un complotto politico: riascoltando i nastri sente il suono di uno sparo e inizia, anch’egli come Caul, una ricerca della verità che non salverà la vita di Sally, l’escort che lo accompagna nella vicenda. Anche De Palma, come Coppola, cita i suoi maestri, cioè Hitchcock e Antonioni: Blow out è un film che indaga il confine tra vero e falso a partire da ciò che sembra il massimo dell’oggettività (la riproduzione fotografica/sonora del reale) ma si rivela poi indecifrabile o, quanto meno, solo lo strato superficiale delle cose.

Con un nome diverso ma in un contesto molto simile, e interpretato sempre da Hackman che cita se stesso, il personaggio di Harry Caul tornerà in Nemico pubblico (T.Scott, 1998) al fianco di Will Smith.

Noi sappiamo che sotto l’immagine rivelata ce n’è un’altra più fedele alla realtà, e sotto quest’altra un’altra ancora, e di nuovo un’altra sotto quest’ultima. Fino alla vera immagine di quella realtà, assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai. O forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà (M.Antonioni): affermazione di poetica di un Maestro del cinema, tanto più salutare quanto più il reale si fa virtuale per noi che viviamo costantemente immersi nel tempo dell’Immagine.

 

La Conversazione (The Conversation)

Regia: Francis Ford Coppola

Distribuzione: USA 1974 (col., 113 min.).

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