Il laboratorio “A scuola di teatro” del Liceo Classico “A. Pansini”: una fucina di idee, pensieri, emozioni. Report dell’incontro con il coreografo danzatore Angelo Petracca.
di Vincenza Olando (IIF)
(a cura della prof.ssa Daniela Visone)
Sapevate che nel mondo in cui viviamo, ricco di pregiudizi, critiche, offese e categorizzazioni, ne esiste un altro parallelo in cui non si ha alcuna conoscenza del giudizio e di ciò che è giusto o sbagliato? Questo mondo apparentemente utopico di cui vi parlo esiste per davvero e si trova nell’aula 4 della succursale del Liceo Classico Adolfo Pansini, in cui si svolge il laboratorio “A scuola di Teatro”, un’iniziativa concretizzata dall’esperta Hilenia De Falco e dalla professoressa Daniela Visone.
Hilenia De Falco, produttrice, organizzatrice e curatrice di rassegne, festival ed eventi di teatro e danza, cura la direzione artistica sia dell’associazione culturale Interno 5 che di Teatri Associati di Napoli e del Teatro Area Nord, e di C.Re.A.Re Campania – centro di residenza artistica della Regione Campania. In un’intervista di qualche anno fa dichiarava:
Il teatro che ci interessa è il teatro che produce relazioni, costruisce comunità. Quel teatro parte integrante della vita quotidiana, inteso come esperienza antropologica, prima che spettacolo. Riteniamo che, in una società in cui le esperienze e gli incontri sono diventati spesso virtuali e fittizi, la capacità del teatro di creare relazioni umane significative sia rimasta immutata. Proponiamo un teatro che sia disciplina, impegno personale, modificazione del sé e conoscenza degli altri: un momento di riflessione e cambiamento sia per chi, come noi, lo fa, che per chi vi assiste. INTERVISTA A HILENIA DE FALCO, DIRETTRICE ARTISTICA DEL TAN – Quarta Parete Roma )
Perseguendo questi obiettivi, il teatro realizzato qui al Pansini nel nostro laboratorio è un luogo di identificazione, di comunicazione e di libertà, in cui tutti noi allievi ci sentiamo apprezzati per quel che siamo, pensiamo e sentiamo. Durante il laboratorio, che si tiene ormai da 4 anni (ed è sopravvissuto anche alla pandemia, durante la quale addirittura abbiamo scambiato e costruito i nostri lavori in DAD) abbiamo avuto la possibilità di capire tante nuove cose sul teatro: prima di tutto che è una cosa molto seria e che si fonda sulla disciplina e lo studio. Molto spesso ci vengono fatti riferimenti alla Storia del Teatro, ripercorrendone le tappe fondamentali, dai suoi inizi in Grecia fino al Novecento che ha visti per protagonisti due grandi teorici, Stanislavskij e Brecht, che hanno posto le basi del teatro contemporaneo. Qualche volta siamo andati anche a teatro tutti insieme ed è stata un’esperienza diversa perché in un primo momento siamo stati preparati ad analizzare i “segni” che avremmo visto in scena e dopo abbiamo avuto la grande occasione di incontrare attori e registi per avere con loro un confronto su quello che avevamo appena visto. E’ successo, per esempio, l’anno scorso con lo spettacolo “Peggy Pickit guarda il volto di Dio”, andato in scena al Teatro Nuovo di Napoli: durante il laboratorio l’esperta e la tutor ci hanno “avvicinati” allo spettacolo, introducendo non solo la tematica ma soprattutto “i segni” scenici che lo caratterizzavano (oggetti, musiche, costumi, luci). Quando ci siamo seduti in platea a vedere lo spettacolo ci è sembrato di conoscere tutto dei personaggi, della scena, del testo e di poter vivere con loro sul palco, ma allo stesso tempo di poter fare le nostre osservazioni sui loro atteggiamenti e le loro scelte, cioè di poter pensare criticamente allo spettacolo e contemporaneamente alla vita. La possibilità di “vedere” spettacoli insieme ci ha fatto crescere molto perché ci ha dato la possibilità di capire il rapporto complesso che esiste tra autore, attore e testo, quali sono le nuove tendenze della scena, cosa si intende per drammaturgia scenica e tanto altro.
Quando ci incontriamo il primo giorno del nuovo laboratorio è sempre entusiasmante: chi ci sarà quest’anno? Ci saranno nuovi allievi con cui creare e divertirsi? Si, perché ci divertiamo tanto, in quanto il nostro laboratorio è un “work in progress”: non c’è niente di precostituito, se non delle suggestioni letterarie, la nostra testa e il nostro cuore. Infatti, non ci viene mai dato un copione da recitare, ma lo costruiamo tutti insieme. Come? Inizialmente, leggiamo insieme dei testi di autori di varie epoche: l’esperta ha una sua direttrice tematica, in base alla quale ci offre vere e proprie tracce per far sì che scriviamo dei testi su cui poi lavoriamo nell’incontro successivo. Ad esempio, la prima sollecitazione che abbiamo avuto quest’anno proviene dal libro di Lorenzo Marone, “Un ragazzo normale”
Non sei un po’ grande per credere ai supereroi? Mi dispiace deluderti, ma non esistono i supereroi”. “Io invece credo che esistano e sono in mezzo a noi. Non c’è bisogno di muscoli per essere dei supereroi”. Il giorno che pensai di diventare un supereroe non sapevo che in realtà supereroe in parte già lo eri”.
Eravamo quindi chiamati a scrivere cosa significasse per noi essere un supereroe oggi, e chi è il nostro supereroe, ma soprattutto se ne abbiamo uno. Sono venute fuori dei testi belli, emozionanti, veri, che a volte ci hanno fatto commuovere e ci hanno uniti in una sorta di comunità ideale dove ognuno può esprimere liberamente i propri pensieri ed emozioni senza sentirsi per questo giudicato.
Successivamente, improvvisiamo quegli stessi testi nello spazio, non solo recitandoli, ma provando a trovare, ognuno di noi, dei gesti che li rappresentino. Cominciamo ogni lezione con il “riscaldamento”, in cui svolgiamo diversi giochi teatrali (dalla “zattera”, al gioco del “magnetismo”, a quello del “lancio” della palla e poi di una vocale, a quello della “fiducia”, del “ritmo”, dei “fili invisibili”, alle camminate a diversa velocità nello spazio, etc). In questa fase, prendiamo consapevolezza del nostro corpo nello spazio, delle potenzialità della nostra voce, dell’importanza della precisione del gesto di ognuno di noi: cosa fondamentale, perché siamo sempre tutti in scena sul palco e rischieremmo davvero di farci male se non lavorassimo così!
Dopo aver preso consapevolezza dello spazio, definiamo il nostro “pezzo” recitato insieme ai gesti che abbiamo costruito con Hilenia, che poi crea dei veri e propri “quadri di insieme”. In questo percorso laboratoriale, abbiamo scoperto che non solo la parola scrive, ma anche il corpo ha un suo modo per scrivere lo spazio attraverso una gestualità precisa e puntuale. Proprio per imparare a trasmettere un’emozione attraverso il gesto, il 4 aprile di quest’anno ci è venuto a trovare il danzatore-coreografo Angelo Petracca, che collabora con il Tanzfabrik e Marameo Berlin. Le sue coreografie sono state in scena al Romaeuropa Festival, Teatro Grande di Brescia, Teatro Kismet di Bari, Acker Stadt Palast di Berlino, TanzArt Ostwest di Gießen, Cango Cantieri Goldonetta di Firenze, Gender Bender Festival a Bologna, Sala Assoli e Teatro Area Nord di Napoli; nel 2022 ha ricevuto il DaKu Fonds for Research per la sua ricerca sull’improvvisazione.
E’ stato molto entusiasmante poter fare una lezione con un professionista di fama internazionale. Angelo ci ha donato preziosi consigli su ciò che avevamo precedentemente realizzato con le nostre insegnanti. In particolare, abbiamo rivisto e corretto alcuni “quadri”. Ad esempio, stavamo costruendo una scena in cui dovevamo esprimere paura: noi avevamo fatto un’improvvisazione in cui questa paura era interpretata da un “tremolio”, partito da un compagno e poi ripreso da tutti. Angelo ha visto la scena e si è accorto che ognuno di noi “tremava” in modi completamente diversi. A questo punto, ci ha fatto capire che per trasmettere un’emozione dobbiamo riuscire a realizzare un gesto ben definito: “il gesto è come la traiettoria di una freccia: ha un suo inizio e una sua fine”. Per raggiungere questa precisione innanzitutto è necessario vivere quel gesto fino in fondo, portandolo all’eccesso. Abbiamo quindi, fatto un esercizio con lui: in cerchio ci ha chiesto di immaginare che un terremoto si abbattesse sul nostro corpo a partire dalla punta dei piedi fino all’ultimo capello; così, ognuno con i suoi tempi, ha trovato il proprio “terremoto” e ha cominciato ad ondulare nello spazio. Abbiamo lavorato a lungo su questa azione e alla fine siamo riusciti nell’intento, cioè a mettere a fuoco l’emozione che volevamo trasmettere e a saperla rendere attraverso una gestualità definita e collettiva. Far parte di questo meccanismo di cui ognuno è parte integrante, necessaria e unica allo stesso tempo, è un’esperienza di comunicazione e relazione profonda con gli altri compagni del gruppo: siamo lì, tutti insieme, a vivere la stessa emozione, con un unico gesto, che vuole arrivare al pubblico per comunicare le nostre parole, i nostri pensieri, i nostri sentimenti, augurandoci che poi sia veramente così!
Per rendere al meglio quello che ho provato a spiegarvi, vi allego un video, che potete visionare di seguito.
Concludo, dicendo che anno dopo anno questo laboratorio mi offre l’occasione di cogliere degli aspetti importantissimi per affrontare la vita: la capacità di andare oltre ciò che si osserva; la conoscenza che un singolo gesto possa apparire agli occhi altrui in centomila modi differenti così da dar vita ad altrettante sfumature di interpretazione, non sempre coincidenti con ciò che si vuol comunicare e infine la beatitudine che si prova nello stare insieme. Per questo, ringrazio il laboratorio “A scuola di teatro” che mi insegna ogni giorno qualcosa di prezioso e chi lo rende possibile.
Infine, esorto voi tutti lettori ad assistere al nostro spettacolo il 6 maggio alle 16,30 al Teatro della parrocchia Spirito Santo, sito in Largo Nostra Signora di Fatima a Napoli.
Grazie Vincenza! Davvero un bello e approfondito articolo che trascina il lettore e lo invoglia non solo ad approfondire la tematica teatrale ma a prenderne parte, ad assistere ai vostri incontri e a rendersi conto della profondità dei testi, delle sceneggiature e del “trasformarsi della scena” di volta in volta con le esperienze dei singoli partecipanti.
Il teatro, in ogni sua declinazione e stile, è davvero una bella e profonda esperienza che contribuisce al processo di maturazione di ogni singolo partecipante e, a mio avviso, diventa davvero importante per ogni ragazza e ogni ragazzo.