orologio
di Luisa Granata (IF, a.s. 2021/2021)
Tic, tac
Tic, tac
Tic, tac
Tic.
Un suono scontato,
quando si muta,
strilla.
Assorda per attirare l’attenzione
su di sé,
inchiodato al muro,
subisce se stesso,
la sua cantilena sorda e continua.
Vede il tempo cambiare colore
restando immobile
limitandosi a segnarlo, a mormorarlo, a conoscerlo.
Come un aeroplanino di carta,
destinato a vedere nuvole e stelle
che non potrà mai raggiungere.
Non è crudele?
Non è scontato.
Le 11:36. Stasi.
Le lancette sono ferme.
Il tempo va avanti.
Non guarda in faccia a nessuno
Non ti aspetta.
Perché dovrebbe farlo?
Sei tu che lo rincorri
illudendoti di potercela fare
come quell’aeroplanino che ci prova a volare,
ma finisce sempre a terra.
Il tempo non ti aspetta,
perché dovrebbe farlo?
Eterno, eppure non basta mai.
Come acqua che scorre
non la riesci ad afferrare.
Come pioggia ogni secondo
che cade, impatta sull’asfalto
erode le montagne
incide sulla vita di ognuno.
Cambia colore, cambia forma.
Porta neve e polvere
sulle cose, sui ricordi, sulle persone.
Travolge, stravolge, straripa e anneghi.
Ma è lì fermo, non vedi?
Lì, appeso ad un chiodo.
Senti come urla il suo silenzio.
Sono le 11:36.