Oscure familiarità.
Il perturbante nelle serie tv: da Twin Peaks a The Sandman

del prof. Lucio Celot

(Corso tenuto durante la pausa didattica – febbraio 2023)

Le celebri gemelline in Shining di S.Kubrick

1. David Lynch, creatore di universi retti da logiche inusuali.

Nel cinema di oggi, i film di Lynch costituiscono l’esperienza più radicale di superamento del tradizionale ordine della realtà e di invenzione di un nuovo, anomalo ed enigmatico orizzonte del visibile […] Lynch sviluppa un grande inseguimento dell’altro, dell’invisibile, del segreto nascosto nell’immagine, per allargare infinitamente la nostra concezione del mondo. In questo modo Lynch si afferma come un creatore di universi […] (P.Bertetto, David Lynch, 2008)

 David Lynch (Velluto Blu, The Elephant Man, Mullholland Drive, Lost Highway) è un regista che costruisce universi supplementari e complementari al nostro, in cui apparentemente dominano l’illogicità e le contraddizioni più radicali e si diverte a mettere in discussione il mondo “reale” facendo irrompere in esso forze oscure e incomprensibili che abitano le pieghe della realtà, tra sogno e veglia, tra realtà fisica e dimensione puramente psichica. Questa “poetica dell’oltrepassamento” dell’orizzonte abituale verso un allargamento del pensiero e dell’immaginazione si esprime, in Lynch e in molto cinema e serialità americani (a partire dal romanzo I peccati di Peyton Place del 1956, cui seguì nel 1964 l’omonima soap opera), nella cosiddetta “critica all’utopia suburbana”, cioè a quella dimensione utopica della provincia (suburb), fatta di quartieri residenziali ordinati, lindi, tranquilli, abitati da rispettabili famiglie borghesi che rappresentano l’ideale normativo della società americana, sotto il quale, però, si nasconde un lato oscuro, fatto di segreti inconfessabili, di pulsioni notturne, di morbosità se non addirittura di orrore: insomma, sotto la superficie tranquilla e luminosa della provincia americana si agitano l’oscurità, il male, i fantasmi inconsci di un’intera comunità. La sequenza che apre Blue velvet (1986) è una vera dichiarazione di poetica da parte di Lynch: la calma rassicurante del quadretto familiare viene messa in discussione non solo dal malore che colpisce l’uomo ma dal progressivo spostarsi della mdp fino al livello del prato e al suo penetrare nell’erba fino a mostrare una massa disturbante di insetti brulicanti.

Il proposito del regista di portare allo scoperto i lati inesprimibili e “osceni” nonché le illusioni dell’ideologia borghese chiama immediatamente in causa il concetto freudiano di perturbante.

Isabella Rossellini in una sequenza di Blue Velvet

2. Freud: il perturbante.

Nel 1919 Sigmund Freud scrive un saggio dal titolo Il perturbanteL’aggettivo tedesco unheimlich (che viene tradotto in italiano con perturbante) è l’opposto di heimlich e di heimisch, vocaboli che rimandano al casalingo, al familiare, alla dimensione rassicurante della casa, del domestico e dell’intimo. La radice heim-, inoltre, rimanda a Heimat, che vuol dire patria, casa. Freud nota che il secondo significato di heimlich è identico al suo opposto, unheimlich, che significa celato, nascosto, tenuto lontano dagli sguardi, nascosto alla conoscenza. Freud insiste sull’ambiguità di questo termine – caso unico nella lingua tedesca – che da una parte richiama ciò che è familiare, piacevole e sicuro; dall’altra ciò che è tenuto all’oscuro, nascosto allo sguardo. 

Dall’idea di “casalingo”, “appartenente alla casa”, nasce dunque l’idea di qualcosa “sottratto alla vista degli estranei”, “nascosto e segreto”: ciò che apparentemente è protettivo e confortevole può diventare ingannevole, pauroso, ambiguo. Il sostantivo Unheimliche riflette in sé il contrasto dialettico e la coabitazione tra qualcosa che sembra sicuro ma può trasformarsi nel suo opposto.

 

[…] come se l’intimità di ciò che è familiare potesse diventare inquietante qualora, invece di essere custodita nella casa, venisse manifestata […];

[…] il perturbante rientra in un genere di spavento che si riferisce a cose da lungo tempo conosciute e familiari.

[…] è unheimlich tutto ciò che doveva rimanere segreto ma è venuto alla luce. (S.Freud, Il perturbante)

Sul piano psicanalitico:

 

[…] se la teoria psicanalitica è nel giusto quando sostiene che qualsiasi stato affettivo pertinente a un impulso emotivo, se rimosso, si trasforma […] in angoscia, si deve allora trovare, tra gli esempi di eventi paurosi, un gruppo per il quale si può dimostrare che l’elemento spaventoso è costituito da qualcosa di rimosso che si ripresenta. In tal caso, questa categoria di fatti paurosi verrebbe a costituire il perturbante […] questo elemento perturbante non è in realtà nulla di nuovo o estraneo, ma un elemento ben noto e impiantato da lungo tempo nella psiche, che solo il processo di rimozione poteva rendere estraneo. (ivi)

 

Qualche esempio secondo Freud:
• Il dubbio che un essere apparentemente inanimato sia vivo davvero […]
• L’angoscia di perdere la vista (paura della cecità).
• Il sosia e il doppio: il soggetto si identifica con qualcun altro, tanto che si trova nel dubbio sulla propria identità o sostituisce al proprio Io quello dell’altro. In altri termini, le personalità si duplicano, si dividono e si scambiano […]
• Telepatia e presentimenti: il perturbante è dato dall’impressione che un estraneo sia compartecipe delle nostre conoscenze, sentimenti e esperienze.
• Il ritorno dell’uguale: la ripetizione di una stessa cosa […] suscita un senso di perturbamento che, per di più, richiama alla mente quel senso di impotenza che si prova in taluni sogni […] l’elemento della reiterazione involontaria […] conferisce un’atmosfera perturbante a ciò che, altrimenti, apparirebbe abbastanza naturale, e ci inculca l’idea di qualcosa di fatale e inevitabile, laddove di dovrebbe parlare solo di “caso”.

 

In altri termini, il perturbante è un riaffiorare alla parte cosciente della nostra mente di qualcosa che avrebbe dovuto rimanere nascosto nelle profondità psichiche e che, perciò, ci fa sentire spaesati; è generato da un segreto violato: l’Unheimliche è stato in passato qualcosa di familiare (primo significato del termine heimlich), poi è stato nascosto dalla rimozione (secondo significato); la sua ricomparsa genera l’effetto perturbante.

Chucky, la bambola assassina

3. Brevissima digressione: la casa, soggetto/ambiente perturbante.

 Non è quindi un caso se la casa (stregata, infestata, posseduta, etc.) è un soggetto prediletto degli scrittori e dei registi horror: i due riferimenti letterari per eccellenza del Novecento sono L’incubo di Hill House di Shirley Jackson (1959, conosciuto anche come La casa degli invasati, da cui R.Wise ha tratto l’omonimo film nel 1963) e Il giro di vite di Henry James (1898), a cui è liberamente ispirato The Others (Amenábar, 2001).

Ispirate ai due romanzi sono, rispettivamente, The Haunting of Hill House e The Haunting of Bly Manor (Netflix, 2018 e 2020). Punteggiato da continui flashback che alternano presente e passato della famiglia protagonista, The Haunting of Hill House non lesina allo spettatore tutto quello che ci si aspetta da un racconto di case stregate: ombre inquietanti dietro le porte, temporali devastanti, apparizioni terrificanti che fluttuano nell’aria, la muta presenza di una bambina che tutti credono l’amica immaginaria del piccolo Luke, spettri col collo rotto, i fantasmi della madre Olivia e di Nell che continuano a perseguitare i ricordi dei vivi…nonché qualche sequenza da jumpscare che farà la gioia degli spettatori più tradizionalisti.

King, che sull’archetipo del Brutto Posto ha scritto il romanzo Shining (1977), scrive in Danse Macabre:

Non c’è bisogno di dire che la lista dei Brutti Posti non comincia con le case per finire con gli hotel; sono stati scritti romanzi horror su stazioni stregate, automobili, prati, palazzi di uffici. La lista è senza fine, e forse parte da quando un uomo preistorico dovette andarsene dalla sua caverna perché nell’ombra aveva sentito delle voci. Erano vere voci o la voce del vento? Nelle notti più oscure ce la facciamo ancora, questa domanda.

 

E ancora:

 

Cos’è il fantasma, dopotutto, per impaurirci così tanto, se non la nostra stessa faccia? Può attraversare le pareti, sparire, parlare con la voce di altri. È la nostra parte dionisiaca…ma siamo sempre noi.(ivi)

Il fantasma di Nell in The Haunting of Hill House (Netflix)

4. David Lynch e Twin Peaks, la madre della “complex tv”.

Fotogramma di apertura degli episodi di Twin Peaks

Le prime due stagioni di Twin Peaks (1990-1991, indimenticabile la colonna sonora di Angelo Badalamenti), scritte e prodotte da David Lynch e Mark Frost, stravolgono completamente la storia della TV seriale, aprendo la strada alla cosiddetta terza golden age della televisione americana per la novità assoluta della trama e delle modalità di rappresentazione dell’ipocrisia del sogno americano: ambientata nella mite e tranquilla cittadina di Twin Peaks, la serie procede per trenta episodi pubblicizzata dall’interrogativo “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, la ragazza il cui cadavere viene ritrovato all’inizio della narrazione. Con il procedere degli episodi, verrà scoperchiata ad opera dell’agente dell’FBI DaleCooper la “mascherata sociale” che tiene insieme la comunità di Twin Peaks:

 

[…] ciò che l’autore vuole mostrare sui teleschermi è soprattutto il lato oscuro della famiglia yankee, quello meno confessabile, con tutte le perversioni e violenze (fisiche e psicologiche) tenute sempre serrate sotto chiave nei prodotti seriali del passato […] ci sono forti conflitti generazionali, persino incestuosi all’interno delle varie famiglie; ammirate reginette di bellezza del liceo locale che, in realtà, si rivelano ninfomani e cocainomani; storie d’amore infarcite di tradimenti, anche multipli; rispettabili uomini d’affari che nascondono trame inconfessabili; psicanalisti drogati e insospettabili avvocati schizofrenici, con i nervi distrutti e persino posseduti da entità maligne. (D.Del Pozzo, Ai confini della realtà. Cinquant’anni di telefilm americani, 2002)

 

Tra i motivi che fanno di TP una novità rivoluzionaria, oltre ai metodi d’indagine poco ortodossi di Cooper, c’è anche l’irruzione del fantastico e del sovrannaturale nella detection story: ci sono apparizioni di personaggi e luoghi del tutto sganciati dal piano materiale (la Red Room, la Black Lodge, BOB) che rappresentano un doppio del quotidiano. La stessa Laura Palmer si rivelerà post-mortem una ragazza ben diversa da quella che tutti credevano di conoscere.

L’agente Dale Cooper e il suo doppio BOB

C’è una sorta di male qui fuori. Qualcosa di strano alberga in questi vecchi alberi. Un’oscurità, una presenza…(Twin Peaks, 1×04)

Mark Fisher, attento osservatore e studioso dell’immaginario pop, distingue tra weird (strano) e eerie (inquietante):

  • il weird è generato da una presenza, da ciò che è fuori posto, da ciò che non torna, da qualcosa che apporta al familiare un elemento esterno ad esso; è weird ciò che genera un senso di non-correttezza, qualcosa che non dovrebbe esistere eppure è qui (out of): dunque, le nostre categorie interpretative del mondo devono essere del tutto ripensate (ad esempio, gli uccelli nel film di Hitchcock sembrano guidati da una finalità, da uno scopo, quello di annientare gli esseri umani, che non appartiene all’ordine naturale);
  • l’eerie è più legato a un certo tipo di paesaggi e spazi fisici parzialmente svuotati dalla presenza umana; è costituito da un fallimento, fallimento d’assenza (c’è qualcosa quando non dovrebbe esserci niente: ad es., i cerchi misteriosi in Signs) e fallimento di presenza (non c’è nulla quando dovrebbe esserci qualcosa)
Fotogramma da Gli Uccelli di A.Hitchcock

5. Oltre Twin Peaks: altre dimensioni nello spazio e nel tempo.

La capacità di TP di articolare la critica all’utopia suburbana borghese è ereditata da due serie in particolare, Stranger Things (Netflix, 2016-in prod.) e Dark (Netflix, 2017-2020): anche qui la vita di una comunità apparentemente ordinaria e pacifica viene progressivamente sconvolta e decostruita dall’irruzione del lato oscuro e nascosto ai suoi stessi abitanti. La doppiezza costitutiva che abitava Twin Peaks e le vite dei suoi abitanti è la stessa che ritroviamo a Hawkins e a Winden: l’upsidedown è Hawkins capovolta, un’altra dimensione spaziale, il rovescio della cittadina di cui ricalca la struttura topografica; ma è anche uno spazio permeabile, una membrana osmotica che permette il passaggio di individui e creature “altre”; allo stesso modo, le dimensioni temporali tra cui si muovono i personaggi di Dark sono spazi materiali, concreti nei quali ci si muove liberamente, che possono essere attraversati e che offrono la possibilità di raddoppiare (triplicare, quadruplicare, etc.) lo sguardo sulle vite dei cittadini di Winden e comprenderne meglio la dimensione del vissuto.

I personaggi di Dark vivono contemporaneamente in ogni età della loro vita: i tunnel temporali di Winden nei pressi della centrale nucleare sono cunicoli che portano i viaggiatori in punti del tempo distanti 33 anni. La complessità della trama sta nella difficoltà per lo spettatore di seguire le storylines di ben sei tempi diversi: Dark è un autentico mind game, una sfida tra narratore e fruitore televisivo.

 

Il racconto del viaggio nel tempo non possiede forse un’intrinseca dimensione weird? Per sua stessa natura, questo genere di storia dopotutto combina entità e oggetti che appartengono a ordini diversi. Qui la soglia fra mondi è l’apparato che consente di viaggiare tra diversi periodi temporali e l’effetto weird si manifesta tipicamente come un senso di anacronismo […]. Nel caso particolare di Dark, […] un altro effetto weird si innesca quando il viaggio nel tempo racchiude anche uno o più paradossi temporali. Il paradosso del viaggio nel tempo ci getta nelle strutture [definite] strange loopso “gerarchie aggrovigliate”, in cui la distinzione ordinata tra causa ed effetto risulta fatalmente alterata […] il weird de-naturalizza tutti i mondi, mettendo in mostra la loro instabilità. (M.Fisher, The weird and the eerie)

Stranger Things: il Mind Flayer

6. Il doppio e le sue declinazioni.

Secondo Stephen King, Lo strano caso del dr.Jekyll e mister Hyde di Stevenson contiene un’appropriata metafora per esprimere il concetto freudiano di conscio e subconscio, o, per essere più precisi, il conflitto tra Super Io ed Es: la casa di Jekyll.

 Sul lato di Jekyll tutto è in ordine e la vita prosegue nel suo regolare, apollineo decorso. Sull’altro lato, a briglia sciolta, s’impenna Dioniso. Da qui entra Jekyll, di lì esce Hyde […] l’edificio funge a pennello da simbolo della doppiezza della natura umana. (S.King, Danse Macabre)

Psyco, il celebre film di Hitchcock tratto dal romanzo di R.Bloch, riprende dal romanzo di Stevenson il conflitto/scissione tra la dimensione apollinea e quella dionisiaca. Scrive Stephen King:

Per il mondo che l’osserva, Norman è del tutto normale. Norman sembra un così caro ragazzo. Ma Norman è il Licantropo. Solo che invece di farsi crescere il pelame, per trasformarsi si mette addosso mutandoni, sottane e il vestito della madre morta. E invece di mordere gli ospiti, li prende a coltellate. (ivi)

Psyco (A. Hitchcock)

The Outsider (qui la recensione su Pausa Caffè), tratto dall’omonimo romanzo di King del 2018, è una serie costruita sul tema dell’incarnazione del Male che prende forma e si plasma a immagine e somiglianza dell’uomo, esattamente come le creature demoniache di Twin Peaks. L’avvio della vicenda è la stessa: in una placida (lynchiana) cittadina americana viene rinvenuto il cadavere di un bambino brutalmente seviziato e ucciso in un bosco. L’assassino viene immediatamente individuato. Ma il detective che indaga è costretto a sondare la possibilità che Maitland, il sospettato, si trovasse nello stesso momento in due luoghi diversi e lontani tra loro. Ralph Anderson, il detective razionalista che crede nell’approccio scientifico alle indagini e al valore indiscutibile delle prove e il “doppio” Terry Maitland, in cella accusato di omicidio e contemporaneamente libero, in un altro luogo, ripreso dalle telecamere di sorveglianza, impongono un’assurda possibilità, quella secondo cui due piani differenti del reale coesistano. Così come in Twin Peaks la Black Lodge è il “doppio” malvagio della città e in Stranger Things l’Upside Down è il “doppio” malvagio di Hawkins, in The Outsider il “doppio” di Terry è un’entità demoniaca (El Cuco nella mitologia latino-americana) che assume le identità degli uomini grazie al semplice contatto fisico.

“El Cuco” in The Outsider

Anche Katla (Netflix, 2021) gioca con il tema del changeling, il “doppio” del folklore nordico: l’eruzione del vulcano islandese scioglie i ghiacci e fa riemergere (letteralmente e metaforicamente) degli inquietanti (e pericolosi, in alcuni casi: il bambino non è così puro e angelico come crediamo) esseri coperti di fango e cenere che sono le copie esatte di alcuni degli abitanti del villaggio ai piedi del vulcano.

Come si diceva sopra, secondo Freud il perturbante ha la sua origine nel rimosso che riemerge alla coscienza: la colata di lava che, scendendo inesorabile dalla bocca del vulcano, scioglie i ghiacci perenni islandesi e fa riemergere corpi, cose ed esseri viventi, “scoperchia”, metaforicamente e letteralmente, il vissuto di un’intera comunità, riportando alla luce inganni, tradimenti, menzogne, non detti; il vulcano agisce come catalizzatore delle relazioni, portando alla soglia della coscienza tutto ciò che le donne e gli uomini di Vik hanno tenuto nascosto a sé e agli altri per una vita intera. Dice uno dei personaggi, Non è la prima volta che il vulcano divora qualcuno e lo fa rispuntare fuori dopo un po’ di tempo: metafora perfetta del meccanismo di funzionamento del nostro inconscio. E cosa può esserci di più perturbante che trovarsi di fronte ad un altro se stesso, identico a noi e al contempo estraneo e alieno? Oppure ad una versione di vent’anni più giovane di una donna che abbiamo amato e perduto? O ad una sorella che credevamo morta e che ricompare dopo un anno?

Uno dei changeling di Katla riemerso dai ghiacci

Dagli stessi autori e regista di Dark1899 (Germania, 2022) ripropone il tema del doppio e degli spostamenti spazio-temporali attraverso l’escamotage narrativo della simulazione virtuale: i continui flashback, la sensazione di déjà vu, le esperienze stranianti vissute dai protagonisti della vicenda sono dovute al loop temporale in cui sono apparentemente tenuti prigionieri: dietro tutto ciò si nasconde una sorta di big brother che li osserva come cavie da laboratorio. La sensazione di straniamento prodotta dagli eventi è acuita anche dall’uso della colonna sonora che sottolinea i cliffhanger al termine di ogni puntata con brani dei Jefferson Airplane, Jimi Hendrix, i Deep Purple, David Bowie (un indizio per lo spettatore smaliziato che conosce bene Matrix e tutto il filone dell’immaginario legato al tema della realtà aumentata); 1899 è senz’altro debitrice di Lost con i suoi personaggi dal passato oscuro e la sua commistione di fantasy, mistery, action e avventura.

Sullo stesso tema, va segnalata la recente e meno riuscita Inverso The Peripheral (Amazon Prime Video, 2022), serie tv di sci-fi che tenta di rinfrescare, con risultati non sempre convincenti, temi come la realtà virtuale, la simulazione, il viaggio nel tempo, il trasferimento di coscienza e tutto il repertorio caro non solo a William Gibson (padre del cyber-punk e autore del romanzo da cui è tratta la serie) ma anche a Bruce Sterling e agli scrittori del cosiddetto Mirrorshades Movement (tutti raccolti un una recente antologia). Non mancano, ovviamente, i riferimenti al cinema, tanto più inevitabili non solo per una questione di mero citazionismo (la quadrilogia di Matrix, Johnny Mnemonic, Il Tagliaerbe, Black Mirror, etc.) quanto per la necessità di essere al passo con un tempo, il nostro, in cui si fa un gran parlare del Metaverso (qualunque cosa sia, è certamente perturbante) come nuova frontiera della realtà aumentata.

Il misterioso bambino di 1899

Intrigante e inquietante variazione sul tema del doppio è Severance (Apple TV, 2022), che si offre anche come riflessione sul tema del lavoro alienante, dopo che al termine (?) di due anni di pandemia stiamo riflettendo sulle profonde metamorfosi che il concetto di lavoro ha subito. Smart working, vita lavorativa/vita privata, mediazione tecnologica, solitudine, isolamento, difficoltà relazionali. La trovata degli autori è originale: alla Lumon Industries, i neoassunti si sottopongono volontariamente alla cosiddetta scissione, una procedura chirurgica che consiste nell’inserimento nel cervello di un microchip grazie al quale gli impiegati assumono una personalità dimidiata: durante le otto ore di lavoro non ricordano né sanno alcunché della loro vita privata (chi sono i loro cari, se sono sposati, se hanno figli, chi sono i loro amici: tabula rasa totale…); specularmente, quando sono fuori dall’ambiente di lavoro recuperano conoscenze e ricordi della dimensione privata e personale ma sono del tutto ignari di cosa facciano e di quale sia la loro mansione alla Lumon (chi siano i loro colleghi, i superiori, etc.). Nello stesso individuo coesistono due persone diverse, inconsapevoli l’una dell’altra: l’interno, cioè l’impiegato, il caporeparto che svolge le proprie mansioni e vive le normali relazioni professionali con altri scissi come lui; l’esterno, che vive invece la propria vita privata al di fuori della sfera professionale. 

Vale, nel caso di Severance, quanto scriveva Otto Rank nel suo celebre saggio sul doppio del 1914:

Qui ci imbattiamo in un’espressione figurativa dello stesso ambito psicologico [quello del sosia o dell’ombra che si rende autonoma dal corpo] ma di segno opposto: vengono infatti rappresentate due diverse esistenze, vissute dalla stessa persona, ma separate dall’amnesia. (O.Rank, Il doppio. Uno studio psicoanalitico).

Helly sconvolta dalle conseguenze della scissione (Severance)

7. Sogno e inconscio: Freud e la tv seriale. The Sandman.

 Nel saggio sul perturbante, Freud dedica ampio spazio al racconto di E.T.A.Hoffmann L’uomo della sabbia (1817), una rivisitazione letteraria della figura del Mago Sabbiolino del folklore tedesco, “l’uomo dal cappello a punta” che passa a spargere sabbia sugli occhi dei bambini per invogliarli a dormire e a sognare. Nel racconto di Hoffmann il mago assume un tratto lugubre e terrificante: strappa gli occhi dei bambini che non vogliono andare a letto per darli in pasto ai propri figli. È il corrispettivo del nostro Uomo Nero, del Babau, del Boogie Man, dell’Orco, di tutte quelle figure con cui si minacciano i bambini per farli stare buoni.

Il Mago Sabbiolino

A partire dalla rivisitazione di Hoffmann e attrezzato con tutta la mitologia relativa al sogno e all’inconscio, Neil Gaiman (giornalista, scrittore, saggista, sceneggiatore per il cinema e per la televisione: non è facile raccontare in poche battute chi è) ha sceneggiato e pubblicato in dieci volumi tra il 1988 e il 1996 The Sandman, un graphic novel che, insieme al capolavoro di Alan Moore Watchmen (1986-1987), ha contribuito definitivamente a sdoganare il fumetto dal mero intrattenimento di serie B per conferirgli dignità letteraria: entrambe le storie sono entrate a fare parte della classifica delle cento migliori opere letterarie del Novecento.

La serie The Sandman (Netflix, 2022), a cui ha messo mano lo stesso Gaiman, racconta le vicende di Morfeo (o L’Uomo della Sabbia o il Re del Regno dei Sogni), uno degli Eterni, le sette antropomorfizzazioni delle altrettante dimensioni in cui si declina la sfera dell’irrazionale umano, che deve recuperare i tre strumenti (un sacchetto di sabbia, un rubino, un elmo) con cui esercitare il proprio dominio sul mondo umano. Senza dilungarci sulla trama, The Sandman (la serie) è un condensato di elementi riconducibili al perturbante, al weird e all’eerie: soglie tra mondi (i Regni degli Eterni), serial-killer a caccia di occhi, sogni e incubi che si materializzano, personaggi che si sdoppiano in diverse dimensioni, confusione tra sonno e veglia, percezioni alterate, effetti destabilizzanti del riemergere dell’inconscio…Coerentemente con la teoria freudiana del sogno (il sogno come appagamento di un desiderio rimosso e/o inappagato), attività onirica e desiderio sono da Morfeo considerati sinonimi, l’inconscio umano è lo strumento con cui sia lui che l’incubo Corinzio controlla e domina gli uomini, facendo tornare a livello conscio ricordi, esperienze e traumi carichi di potenziale negativo e distruttivo…

Sognare, Sperare, Immaginare: Morfeo ha il compito di tenere vive e deste le forze propulsive della nostra vita, e lo fa spostandosi continuamente tra mondo onirico e mondo della veglia:

 Sono un passeggero. Vivo a bordo dei vostri sogni…

Il Morfeo di Gaiman e di Netflix

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