Scene di lotta di classe a Gotham City – Joker (T.Phillips, 2019)

del professor Lucio Celot

AVVERTENZA: se avete letto, conoscete o siete cresciuti con i fumetti DC di Batman…scordateveli!! Questa è un’altra storia…

Gotham City, 1981. In pieno clima di deregulation economica e smantellamento dello stato sociale, Arthur Fleck (Joaquin Phoenix) è un giovane disadattato con tendenza alla depressione che vorrebbe sfondare in televisione come cabarettista. Ben lungi dal raggiungere il successo, come l’anchorman suo idolo Murray Franklin (Robert De Niro, qui nel ruolo della sua controparte in Re per una notte di Scorsese del 1983), deve accontentarsi di lavorare come clown alle feste dei bambini o negli ospedali pediatrici. Arthur soffre, oltre che di allucinazioni, anche di un curioso disturbo, la “sindrome pseudobulbare”, che in momenti di particolare tensione gli causa una risata irrefrenabile; inoltre, vive ancora con l’anziana madre, che gli fa credere di essere il figlio di Thomas Wayne, il miliardario, con cui la donna avrebbe avuto una relazione da giovane. Entrato in possesso di una pistola, dopo avere ucciso in metropolitana tre yuppies che lo avevano deriso e malmenato per il suo costume da clown, Arthur diventa, prima suo malgrado e poi con progressivo compiacimento, l’eroe dei diseredati di Gotham, che iniziano ad inscenare una serie di violente proteste contro l’establishment politico-finanziario della città travestendosi da pagliacci. Così, completata la sua trasformazione in Joker, Arthur può finalmente partecipare alla trasmissione televisiva del suo idolo…

Che lo consideriate intrattenimento o provocazione, Joker è semplicemente stupendo: le parole con cui si chiude l’autorevole critica della rivista Rolling Stone pongono sul tappeto la questione del senso complessivo del film (Leone d’Oro a Venezia), se si tratti di un’apologia della violenza come unica forma di riscatto sociale o di una denuncia senza mezzi termini degli effetti nefasti del neoliberismo imperante. In fondo, a riassumerla in breve, quella di Arthur Fleck è una storia che abbiamo già visto in questi anni: un giovane bianco, alienato, frustrato nelle sue velleità artistiche, disoccupato, respinto sessualmente, se ne va in giro a sparare e ad ammazzare. Joker è davvero un film aggressivo e potenzialmente irresponsabile, come ha scritto il critico del Time? Chi non ricorda il massacro del 2012, quando durante la proiezione de Il cavaliere oscuro – Il ritorno, un uomo uccise 12 persone travestito da Bane, il villain del film? In America, all’uscita di Joker, esercito e polizia hanno addirittura intrapreso azioni di controllo preventive per evitare il ripetersi di un simile evento.

Chi è, dunque, Arthur Fleck? Il film può essere catalogato come una origin story, il racconto delle origini di un personaggio, in questo caso il “cattivo” più noto della saga di Batman, quel Joker che fin dalla comparsa del pipistrello alato nel 1939 ne rappresenta la più efferata e disturbante nemesi. Fleck/Joker è un maniaco omicida o un antieroe oppresso, vittima dei suoi tempi? Quali le motivazioni scatenanti della sua sconvolgente metànoia da uomo invisibile a vigilante in nome e per conto della lower class oppressa e sfruttata?

Pur ambientato in una Gotham City/New York del 1981, Joker ci parla del nostro presente socio-politico, la “realtà effettuale” in cui si muove Fleck/Joker è quella del neoliberismo selvaggio, la pratica politico-economica che ha fortemente condizionato le istituzioni, la cultura, la società dell’ultimo cinquantennio della nostra storia: la sovranità statale è minacciata da organismi sovranazionali su cui non è possibile esercitare alcuna forma di “controllo democratico”; il “libero scambio” è divenuto una vera e propria “etica in sé” riducendo tutte le azioni umane ad una mera dimensione di mercato; le disuguaglianze sociali nel mondo sono aumentate vertiginosamente. Con il neoliberismo globale ci troviamo di fronte ad una vera e propria lotta di classe dopo la lotta di classe, in cui l’élite dominante, l’1% che detiene il potere economico-finanziario mondiale, redistribuisce la ricchezza dal basso verso l’alto.

È esattamente questo, al netto delle speculazioni critiche e/o sociologiche sul film, il contesto sociale e urbano in cui si muove Fleck/Joker nel film di Phillips: l’assistente sociale che lo segue nel suo percorso terapeutico è costretta, ad un certo punto, ad abbandonare Arthur al suo destino: non ci sono più fondi, gli dice sconsolata; nel rovesciamento che la sceneggiatura fa della “mitologia” della saga di Batman, il miliardario Thomas Wayne, lungi dall’essere il magnate-filantropo che vuole salvare Gotham City, è un cinico squalo di Wall Street che guarda con disprezzo, definendoli “pagliacci”, i cittadini che, sulla scia delle imprese di Joker, manifestano contro le disuguaglianze sociali. Come non pensare ai movimenti, che da quello no-global di Seattle del 1999, fino a Occupy Wall Street e gli Indignados spagnoli del 2011 hanno contestato le politiche di rigore imposte dai governi dopo l’ennesima crisi scatenata dalle speculazioni edilizie e finanziarie nel 2008? Insomma, è lecito pensare, di fronte alle scene finali del film, che de te fabula narratur, e che la questione non è se Joker sia un maniaco omicida giustiziere o solo una vittima che si trasforma in carnefice: Phillips mette in scena gli elementi perversi della nostra società, l’America del trumpismo che nei fatti non fa nulla per i freaks e i “disturbati”, i forgotten, i dimenticati, autentiche “bombe civili” pronte a esplodere. Arthur diventa Joker perché è il sistema a non funzionare, prima ancora della mente disturbata del protagonista: il degrado, la solitudine, l’alienazione e l’odio in cui egli sprofonda sono il prodotto dell’abbandono dei più deboli da parte delle istituzioni in nome di una malintesa e distorta idea di libertà individuale.

Se poi Joker diventerà un nuovo Messia o l’ennesimo demagogo-populista-postdemocratico non è dato sapere ma è certo che, nonostante la smorfia perennemente dipinta sulle sue labbra, per noi che viviamo oggi nel mondo reale c’è ben poco da ridere…

 

Joker (id.)

Regia: Todd Phillips

Distribuzione: USA 2019 (col., 123 min.)

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