ApocalypseVietnam #1: Spie, Capitani e amicizie tradite: una storia dalla diaspora vietnamita
del professor Lucio Celot
Vincitore del Pulitzer 2016, Il simpatizzante è un libro che va letto non fosse altro che perché tra pochi mesi, nell’aprile del 2025, ricorreranno i cinquant’anni dalla sconfitta degli americani in Vietnam, una storica disfatta iconicamente rappresentata dalla celebre immagine dell’elicottero sul tetto di un edificio della CIA a Saigon in procinto di abbandonare al proprio destino la capitale del Vietnam del Sud, ormai nelle mani dei Vietcong e dell’esercito del Nord. Pausa Caffè Pansini contribuirà nell’arco di tutto l’anno scolastico a ricordare “la sporca guerra” con articoli, recensioni, interventi vari.
In realtà, sono altri i meriti del romanzo di Viet Than Nguyen, lo scrittore vietnamita naturalizzato statunitense giunto negli Stati Uniti come rifugiato proprio nel 1975 all’età di quattro anni: come migliaia di connazionali, Than Nguyen e la sua famiglia preferirono lasciare il proprio paese dopo un ventennio di guerre e privazioni. Il simpatizzante racconta, forte dell’esperienza di esule del suo autore, la diaspora del popolo vietnamita, o almeno di quella parte della popolazione che non accettò di vivere sotto un regime comunista e venne accolta negli Stati Uniti. Tra i profughi, la famiglia del Generale (i personaggi principali non hanno un nome, ma solo la loro qualifica, militare o professionale), un alto ufficiale dell’esercito del Sud che insieme a moglie e figlia porta con sé anche il Capitano, suo fidato collaboratore, in realtà una spia del Vietnam del Nord che per anni ha passato informazioni vitali ai Vietcong, rivoluzionario e comunista convinto che, anche dagli USA, tiene informato il suo mentore, Man, sulle attività cospirative del Generale che vorrebbe organizzare una sorta di controrivoluzione anticomunista, con tanto di soldati addestrati e inviati clandestinamente in Vietnam per sollevare la popolazione. La storia del Capitano è nettamente divisa in quattro segmenti narrativi: la fuga precipitosa da Saigon bombardata dall’esercito del Nord insieme alla famiglia del generale e all’amico Bon (anticomunista convinto), la vita da esule a Los Angeles e le missive inviate segretamente a Man, la consulenza di sei mesi al Grande Autore che sta girando nelle Filippine un film sulla “sporca guerra” (il riferimento è a Apocalypse Now e a Francis Ford Coppola), il ritorno clandestino in Vietnam, la cattura e la tortura con il colpo di scena finale.
Un romanzo all’insegna della doppiezza, e non solo perché il Capitano è una spia (l’incipit del romanzo dice già tutto: sono una spia, un dormiente, un fantasma, un uomo con due facce) ma perché ha anche “due menti”, ha studiato in America da giovane prima di tornare in Vietnam durante la guerra, è figlio di un prete cattolico e di una vietnamita, ha avuto un’educazione cattolica e una formazione da rivoluzionario duro e puro; un romanzo che è al contempo una spy story, un romanzo psicologico per come approfondisce e scava dentro un’anima divisa in due, contemporaneamente attratta e respinta dal modello occidentale di vita, e anche un romanzo storico che affronta la ferita di quella guerra dal punto di vista di chi l’ha subita e l’ha vissuta stando, per così dire, da entrambe le parti, quella dell’oppressore imperialista e quella del rivoluzionario. Le pagine più corrosive sono quelle in cui il Capitano (ma, azzardiamo, lo stesso Than Nguyen, oggi affermato docente universitario) guarda e giudica the american way of life mettendone in evidenza le contraddizioni paradossali: valgano, per tutte, le riflessioni a proposito del sesso e, più in generale, sui tabù degli americani, che sono imbarazzati a parlare di masturbazione ma non hanno problemi di coscienza a massacrare un’intera popolazione inerme (tre milioni di morti civili…e a Kissinger hanno dato il Nobel per la Pace. Viene alla mente il Kurtz di Apocalypse Now, addestriamo giovani a scaricare fiamme sulla gente, ma i comandanti non permettono loro di scrivere “vaffanculo” sugli aeroplani perché è un’oscenità). Tutto perfettamente in linea, pensa il Capitano, con la storia del Cristianesimo. E che dire di Hollywood, la macchina della propaganda globale? Il Capitano fallisce la sua missione nelle Filippine, è lì per cercare di aiutare il Grande Autore a rappresentare i vietnamiti nel modo più fedele possibile alla realtà ma quando va a vedere il film si rende conto che i suoi connazionali sono dipinti come bestie feroci. L’America non ha più bisogno di conquistare militarmente il mondo, basta raccontarlo secondo il proprio punto di vista e distribuire i film nelle sale cinematografiche del globo.
Terribile e dura da sostenere l’ultima parte del racconto: catturato mentre entra in Vietnam con alcuni controrivoluzionari, pur riconosciuto come infiltrato e spia al servizio della causa comunista, viene sottoposto a tortura e a “rieducazione” (il romanzo è scritto in prima persona, sotto forma di confessione da sottoporre ad un Commissario politico) perché sospettato di essere ormai “inquinato” dalle idee occidentali. La nichilistica conclusione della sua parabola di rivoluzionario (il niente, il niente, va ripetendo il Capitano dopo giorni e giorni di deprivazione sensoriale, tortura dell’acqua e mancanza di sonno) non gli impedirà, all’insegna dell’ultima, contraddittoria doppiezza, di dichiarare la propria vocazione alla difesa di qualunque giusta causa.
Una lettura tosta, complessa, amara, a tratti ostica: ma è cosa nota, la rivoluzione non è un pranzo di gala…
Viet Thanh Nguyen, Il simpatizzante, Neri Pozza 2015
P.S.: Park Chan Wook, il regista sudcoreano noto per Old Boy e Decision to leave, ha girato i sette episodi della serie tv disponibile su Sky (Il simpatizzante, 2024), con uno strepitoso e camaleontico Robert Downing jr. che interpreta ben cinque (sic!) personaggi diversi, tutti i padri (biologici e putativi) del Capitano alle prese con la sua confessione e tutto il rimosso, fantasmi compresi, di una vita all’insegna della doppiezza e della causa della rivoluzione.