Sul valore della filosofia
Di Matteo Siciliano IIIF
Particolarmente difficile risulta oggi discorrere circa il ruolo e l’importanza degli studi filosofici. Le opinioni oscillano tra due poli estremi: c’è chi, ancora legato ai tradizionali valori culturali, la ritiene propedeutica per la crescita e la formazione degli studenti e chi invece, orientato verso la modernità e la concretezza, la ritiene una disciplina ormai superata e inutile ai fini del raggiungimento di quelle competenze di cui, un domani, gli studenti stessi si serviranno per affrontare il mondo del lavoro. Quest’ultima tendenza sembra essere propria delle nostre istituzioni che in più di un’occasione hanno palesato, nei vari recenti provvedimenti, un tentativo di svalutazione degli studi umanistici, e di un liceo classico che, ogni anno di più, vede subirsi pesanti e pericolosi cali di iscrizioni. La colpa risiederebbe nel fatto di proporre, ancora, materie a detta di molti inconcludenti. Ora, è indubbio che ciò abbia un fondo di verità: come aveva già osservato il sociologo americano Neil Postman, autore del saggio ‘’Technopoly: The Surrender of Culture to Technology’’ (1992), in una società in cui la tecnologia non è parte integrante della cultura, bensì la cultura stessa, realtà come la filosofia hanno un ruolo pressoché marginali al punto che anzi devono in qualche modo combattere per la loro sopravvivenza. E’ la realtà …Tuttavia, ritengo che asserire l’inefficienza, sul piano della crescita individuale, della materia, e considerare stolti quei pochi studenti che ancora oggi, dopo il diploma, decidono di iscriversi ad una facoltà umanistica, sia una bestialità tipica di una certa ignoranza. Cercherò nelle righe seguenti di condividere la mia esperienza e la mia opinione a riguardo.
Generalmente, almeno per i comuni mortali (non per i geni), il primo impatto con la filosofia si rivela abbastanza traumatico giacché ci si ritrova a dover fare i conti con un linguaggio del tutto nuovo. Le difficoltà iniziali, infatti, non stanno tanto nella comprensione delle dottrine e dei contesti storici quanto piuttosto nella comprensione e nell’acquisizione di termini mai incontrati; un po’ di agevolazione, forse, l’abbiamo noi del classico che, masticando la lingua attica, abbiamo spesso la possibilità di rintracciare il significato di una parola attraverso la conoscenza di alcuni lemmi greci fondamentali, ma le difficoltà permangono. Tutto ciò che si legge ci sembra illogico e i filosofi dei pazzi da manicomio. Pian piano però, attraverso la comprensione, il dibattito, e una lettura costante, ci accorgiamo di tutt’altro. Oggi, a distanza di 3 anni, constato che qualunque sia il pensiero che noi studiamo, qualunque sia il contesto storico nel quale il pensatore s’inserisce, il sapere filosofico si presenta sempre con la medesima caratteristica: quella di essere un’eterna esigenza antropologica da cui non si può prescindere. L’uomo non può fare a meno di interrogarsi, di osservare, di provare a capire … U. Galimberti, uno dei più autorevoli intellettuali dei nostri tempi, scrisse che
“la filosofia non è un sapere, ma un atteggiamento, L’atteggiamento di chi non smette di fare domande e di porre in questione tutte le risposte che sembrano definitive”.
Pertanto, se qualcuno oggi mi chiedesse Cos’è per te la filosofia? Risponderei con citazioni del tipo:
‘’La meraviglia è propria della natura del filosofo; e la filosofia non si origina altro che dallo stupore’’ (Platone); “La filosofia non serve a nulla, dirai; ma sappi che proprio perchè priva del legame di servitù é il sapere più nobile” (Aristotele); ‘’Il filosofo deve essere la cattiva coscienza della sua epoca’’.
(Friedrich Nietzsche).
Di tutte e 3, la meno scontata è senza dubbio quella di Nietzsche il quale, attraverso quest’affermazione, ci sottolinea il carattere pratico e assolutamente non astratto delle speculazioni asserendo che il filosofo ha il dovere di porsi in antitesi al pensiero e alle credenze del tempo in cui vive, ossia ha il dovere di diffondere le sue considerazioni a prescindere dalla loro eventuale sgradevolezza. Tale, è ad esempio, è l’atteggiamento di Marx: questi, attraverso la costante applicazione del binomio teoria-prassi e attraverso un’attenta analisi intellettuale sul capitalismo e sulla condizione liberale a lui contemporanea, è riuscito a superare criticamente la sua realtà e a proporre la formazione di una società in cui non ci fossero più ingiustizie e disuguaglianze sociali. In altri termini, non bisogna pensare alla filosofia come un comparto chiuso e fine a stesso. Il filosofo è anche colui che applica il pensiero all’azione, colui che offre al mondo le proprie riflessioni. La filosofia allarga i nostri orizzonti, elasticizza i nostri ragionamenti e arricchisce le nostre coscienze.