La repubblica partenopea

Possiamo considerare la Repubblica Partenopea come una meteora della storia di Napoli molto affascinante. Essa infatti durerà soltanto pochi mesi, sei per la precisione, durante i quali le anime di questa città (nobili, patrioti e lazzari) si sono risvegliate per difendere ciascuna la propria weltanschauung (visione del mondo).
Ma prima di addentrarci in quelli che sono gli eventi e i fatti e anche i personaggi riguardanti la Repubblica Partenopea, dobbiamo necessariamente fare una contestualizzazione di ciò che il regno era prima della Repubblica del 99. Il re era Ferdinando IV di Borbone, personalità estremamente controversa: egli pur avendo combattuto duramente quei venti rivoluzionari provenienti dalla Francia sia prima della Repubblica Partenopea, sia  dopo con le esecuzioni, in realtà forse a differenza degli stessi francesi e degli stessi giacobini sarà colui il quale paradossalmente realizzerà davvero quelli che sono gli ideali della Rivoluzione Francese, quindi liberté égalité et fraternité, nella straordinaria esperienza sociale di San Leucio ( una piccola comunità in cui si sperimentò l’applicazione di quei princìpi che ispiravano per l’appunto le teorie umanitarie dell’epoca), alla quale anche la stessa Eleonora Pimentel Fonseca (futura direttrice del monitore napoletano) darà il suo assenso ne ” I componimenti poetici per le leggi date alle popolazioni di Santo Leucio da Ferdinando IV, re delle Sicilie”. Ma come dicevo, il personaggio è molto ambiguo: infatti a questa modernità, alla capacità di realizzare un piccolo Eden in Terra è contrapposta una personalità assolutamente peculiare. Ne i suoi “I Borboni di Napoli”, il buon Harold Acton ci riporta alcuni aneddoti raccontati dall’imperatore d’Austria Giuseppe in visita alla sorella Maria Carolina, moglie di Ferdinando.
” La pazienza della regina veniva spesso messa a dura prova. Prima di andare all’opera, ad esempio il re afferrò uno dei guanti di lei e quando ella lo pregò di renderglielo, fece finta di nasconderlo, facendola cercare per tutta la stanza, mentre l’aveva già buttato fuori dalla finestra.
« Mia sorella si comportò con molta moderazione» scrisse l’Imperatore «se si pensa che alcuni giorni prima Ferdinando le aveva gettato nel fuoco il suo più bel manicotto» .”

Ma questo non è veramente niente rispetto a quando, durante un ballo, Ferdinando tirò una manata sul sedere all’Imperatore, che poi fu costretto a portare  a cavalcioni il Re per un notevole periodo di tempo. Ma Acton continua dicendo: ” Ad un ballo di corte dato in onore dell’imperatore, William Hamilton disse a Wraxall che era stato testimonio di una scena veramente originale oltre che comica… « mentre la Sua Imperiale Maestà stava vicino ai ballerini, conversando con me, Ferdinando, che era venuto presso il gruppo ed era molto sudato, si aprì il panciotto; poi prendendo la mano di Giuseppe se la mise dietro la schiena dicendo: ‘sentite qui fratello mio’. L’imperatore ritirò subito la mano, non senza manifestare un certo fastidio; i due sovrani rimasero fermi un secondo a guardarsi. La sorpresa era dipinta su ambedue i volti, perché l’uno non era mai stato invitato a fare un simile esperimento, il secondo non aveva mai trovato un individuo che non si sentisse onorato da simile familiarità. In quell’occasione feci fatica a trattenermi dal ridere.» Swinburne racconta che quando una volta sul balcone con suo cognato il re si lasciò scappare un rumore imperdonabile, gli disse a mo’ di scusa:« È necessario per la salute fratello mio!»”.
Ed infine Acton riporta un ultimo aneddoto: ” Egli [il Re] non voleva […] stare mai solo. L’imperatore riferisce che mentre Maria Carolina cantava al clavicembalo dopo cena « egli ci pregò di tenergli compagnia mentre stava seduto sul vaso. Lo trovai sul suo vaso con i calzoni calati, circondato da cinque o sei valletti, ciambellani ed altri . Facemmo conversazione per più di mezz’ora e pensavo che egli sarebbe stato ancora là , quando una terribile puzza ci convinse che tutto era finito . Non mancò di darci tutti i dettagli e voleva anzi perfino mostrarceli, poi senza complimenti coi calzoni calati, e col puzzolente vaso in mano corse dietro a due dei suoi gentiluomini che se la squagliarono. Io me ne andai tranquillamente da mia sorella, senza poterle raccontare come era finita la scena e se i due se l’erano cavata soltanto colla paura.”
Chiedo scusa per la goliardia di questi aneddoti, ma ritengo che essi siano assolutamente indispensabili per darci un’idea della persona di Ferdinando e conseguentemente anche del suo modo di amministrare il Regno nel frangente immediatamente precedente all’avvento della Repubblica Partenopea. Appare infatti chiaro e lampante come in realtà, Ferdinando non avesse assolutamente il controllo del regno che era stato delegato in massima parte alla moglie Maria Carolina, la cui influenza nel 1777 aveva fatto sì che Tanucci fosse sostituito dall’ inglese Lord Acton. Questi due convinceranno il re ad attuare una politica fatta di provvedimenti assolutamente impopolari e di un forte controllo poliziesco all’interno del regno . In poche parole crollava tutto ciò che Carlo III di di Napoli, cioè Carlo I di Spagna , aveva con fatica costruito, rendendo Napoli una delle capitali più importanti a livello europeo.
In questo contesto quindi le idee giacobine trovarono terreno fertile, soprattutto grazie alla creazione della “Società Patriottica”, che traeva la sua origine dal tronco dell’antica massoneria, dichiarata fuorilegge nel 1775. Ma nell’ambito della stessa società patriottica si vennero a creare delle divisioni, tra repubblicani e moderati, che portarono alla scissione in due distinti gruppi: “Repubblica o morte” (Romo) e “Libertà o morte” (Lomo). Scrive Valentino Sani nel suo “La Repubblica Napoletana del 1799” : ” Il gruppo Romo decise subito di passare all’azione, con il dichiarato obiettivo di assassinare i sovrani e stabilire una repubblica a sovranità popolare poggiante su una democrazia diretta, senza l’elezione di alcun rappresentante. Dalla nuova repubblica sarebbe stata bandita qualsiasi forma di religione. Il programma dei giacobini, estremamente radicale e concreto, si ispirava alle idee di Locke, di Pagano, e dei costituzionalisti inglesi, distinguendosi dei modelli francesi per una spiccata autonomia di pensiero.”
La congiura cui abbiamo accennato prima era stata programmata per il 21 marzo del 1794, ma essa venne scoperta dagli emissari di Ferdinando,il che causò, prevedibilmente, un numero considerevole di processi e di condanne a morte.
Successivamente nel 1798, essendo di fatto il Regno sotto il controllo di tre  inglesi, Acton, l’ammiraglio Nelson, e  l’ ambasciatore inglese a Napoli Lord Hamilton , in chiave anti francese, il re fu convinto ad intraprendere un’azione militare sia per bloccare i francesi sia contestualmente per ritoccare i confini del Regno ai danni dello Stato Pontificio. Riporta Sani: ” La conduzione delle ostilità, aperte il 22 novembre 1798, si rivelò del tutto dissennata. Anziché difendere adeguatamente i confini del regno, Mack si lanciò col grosso dell’esercito all’attacco di Roma, conquistandola il 29 novembre al fianco di Ferdinando. Ma una serie di vittorie francesi nella campagna romana ricacciò ben presto i borbonici verso sud”. A questo punto ci troviamo intorno al 20 dicembre: il re non vedendo altra via d’uscita programmò la sua fuga assieme alla famiglia reale verso Palermo. Rimase in qualità di Vicario Generale del Regno con l’Alter Ego ( il termine alter ego indica la piena rappresentanza della figura del Re) il principe Francesco Pignatelli. Quest’ultimo dovette vedersela con quelle che Sani definisce “le tre componenti cittadine che miravano all’ esautoramento dell’ultimo limbo di autorità regia: il Consiglio di città, i patrioti , i lazzari.
Il primo, composto da nobili, premeva per esercitare il proprio ruolo al posto del Pignatelli ovvero quello di governo della città nelle situazioni in cui il re non fosse stato in grado di esercitare le sue funzioni. I patrioti, viceversa aspettavano ansiosi l’arrivo dei liberatori francesi, mentre i lazzari erano pronti a combattere contro tutti e contro tutto per la salvaguardia del proprio modo di vivere. Questi ultimi infatti, mentre Pignatelli aveva già firmato la tregua del 11 gennaio a Sparanise, che prevedeva la cessione di Capua e una contribuzione da parte della cittadinanza napoletana di due milioni di ducati, guidati da Michele Marino detto ‘O Pazzo , misero a dura prova tutti, nobili francesi e patrioti. Soltanto il 19 gennaio il principe Girolamo Pignatelli di Moliterno, nominato da dai lazzari stessi “Generale del Popolo” con Lucio Caracciolo duca di Roccaromana, riuscì a imporre l’ordine . Ma questi ultimi essendo già in contatto coi francesi, segnarono la fine della Resistenza e stesero i tappeti e rossi alla venuta di Championnet. Il 21 gennaio 1799 fu ufficialmente proclamata la nascita della Repubblica Partenopea prezzo Castel Sant’Elmo dai patrioti napoletani, tra i quali spicca la figura di Eleonora Pimentel Fonseca. I francesi guidati da Championnet entrarono a Napoli solo il 23 gennaio, giorno in cui termina la resistenza dei Lazzari.  Il primo atto di Championnet fu quello di nominare un governo provvisorio, composto da due organismi: l’Assemblea dei Rappresentanti, composta da 25 membri con autorità legislativa, e sei Comitati (rispettivamente  centrale, di legislazione, di polizia generale, militare, di Finanze, di amministrazione interiore) con potere esecutivo .
Secondariamente, capendo l’importanza del legame tra la città e il suo Santo protettore, sì reco rendere omaggio a San Gennaro. La data è approssimata al 24 gennaio, ma Benedetto Croce sostiene che le visite al Santo siano state due da parte di Championnet, una privata per l’appunto del 24 gennaio e una pubblica del 27, ma per Croce la liquefazione avvenne il 22 gennaio in forma quasi clandestina. Il punto dolente,però, fu nella riscossione di quei famosi 2 milioni e mezzo di Ducati, promessi con l’armistizio di Marcianise, che cominciarono ad essere raccolti in base alle fasce di reddito tra la popolazione. ” Ma Championnet, resosi conto della particolare situazione economica del popolo napoletano, decide di istituire una “Deputazione della Repubblica” presso il Direttorio, con il compito di ottenere il riconoscimento della piena autonomia e indipendenza del nuovo Stato, e l’attenuazione delle contribuzioni di guerra. La deputazione, composta dal Pignatelli di Moliterno, da Marcantonio Doria ex principe d’Angri, da Leonardo Panzini e da Francescantonio Ciaja, lascia Napoli tra il 15 e il 16 febbraio, ma al suo arrivo a Parigi non viene neanche ricevuta dal Direttorio. L’episodio era la conseguenza diretta di una lotta combattuta su più fronti: da un lato tra i repubblicani napoletani contro i liberatori/ invasori francesi e le loro continue, pressanti richieste di denaro e di assistenza; dall’altro fra Championnet e il Direttorio, il quale considerava il territorio napoletano unicamente come terra di conquista, viste anche le critiche  condizioni economiche della Francia e il bisogno di denaro in vista dell’imminente offensiva delle forze della seconda coalizione. Il conflitto era già esploso in tutta la sua gravità il 6 febbraio, quando Championnet aveva allontanato da Napoli il commissario civile Faypoult che, con le sue richieste di trasferimento alla Francia di tutti i beni nazionali della Repubblica, si era procurato l’opposizione del governo provvisorio e del popolo napoletano. Tornato a Parigi Faypoult riceveva il pieno e aperto sostegno del Direttorio. Pochi giorni dopo partiva dalla Francia l’ordine di arresto per Championnet. La notizia, come un fulmine a ciel sereno, giungeva in Italia sono qualche giorno prima della partenza del generale francese da Napoli, il 27 febbraio 1799.” (tratto sempre da Valentino Sani). Nel periodo di Championnet vi è ancora da registrare, oltre a questi provvedimenti e a questi avvenimenti che abbiamo visto anche la nascita del Monitore napoletano, sotto la direzione di Eleonora Pimentel Fonseca, il cui primo numero del 2 febbraio 1799 riporta queste parole: “Siamo liberi in fine, ed è giunto anche per noi il giorno, in cui possiam pronunciare i sacri nomi di libertà, e di uguaglianza, ed annunciarne alla Repubblica madre, come  suoi degni  figlioli; a’ popoli liberi d’Italia, e di Europa, come loro degni confratelli”.
Mentre Championnet , sempre nel primo numero del giornale, saluta Napoli affermando: ” Siete liberi finalmente. E, la vostra libertà è il solo prezzo che la Francia vuole ritirare dalla sua conquista, è la sola clausola del trattato di pace, che l’armata della Repubblica giura solennemente con voi fin dentro le mura della vostra capitale e sopra il rovesciato trono dell’ultimo re vostro. Guai a chiunque rifiuterà di segnar con noi questo onorevol patto in cui tutto il frutto della Vittoria e pel vinto, e che altro non lascia al vincitore, che la sola gloria di aver consolidata la vostra felicità; sarà egli trattato come un pubblico nemico contro del quale noi restiamo armati”.
Partito Championnet , arrivò Mac Donald, sotto il cui controllo Faypoult ebbe mano libera. Ma lasciamo per un momento la prospettiva di ciò che avveniva in città, per spostarci dall’altro lato, ovvero quello del Re e della monarchia. Il Re ritenne massimo responsabile di ciò che era venuto il principe Pignatelli, e corse immediatamente al contrattacco, dando al cardinale Ruffo la carica di Vicario Generale del Regno, con l’incarico di riconquistare Napoli. Il cardinale Ruffo diede origine ad una armata chiamata esercito della Santa Fede, che scelse come protettore Sant’Antonio da Padova, per rimpiazzare San Gennaro, ormai ritenuto giacobino (avendo approvato col miracolo sia Championnet – come abbiamo visto – che Mac Donald. E man mano, tappa per tappa, risalendo la penisola da sud il cardinale Ruffo arrivò il 13 giugno a sferrare l’attacco decisivo a Napoli. Prima di ciò il 9 maggio del 1799 i francesi, decisero di lasciare Napoli al suo destino, infischiandosene altamente dei patrioti che con onestà intellettuale difendevano la Repubblica in tutto e per tutto. Da questo momento in poi il potere viene esercitato esclusivamente dal governo provvisorio; il 20 maggio nella commissione legislativa ebbe inizio la discussione del progetto di Costituzione di Mario Pagano , che sfociò nella “Dichiarazione dei diritti e doveri dell’uomo, del cittadino e dei suoi rappresentanti” in 26 articoli . Vale la pena a tal proposito di riportarne alcuni. All’Art 1 possiamo leggere: ” Tutti gli uomini sono eguali, e in conseguenza tutti gli uomini hanno diritti eguali. Quindi la legge, nelle pene e nei premi, senza altra distinzione che delle qualità morali, gli deve egualmente considerare”.
Infine, particolar,mente significativo è l’ Art. 3: ” Ogni uomo ha diritto di esercitare tutte le sue facoltà fisiche, e morali, come più gli attalenta con la sola limitazione, che non impedisca agli altri di fare lo stesso, e che non disorganizzi il corpo politico, a cui appartiene. Quindi la libertà, che si è appunto l’anzidetta facoltà di adoperare tutte le sue forze, come gli piace coll’ enunciata limitazione, è il secondo diritto dell’uomo. Questa distrutta, è distrutto l’uomo morale, perché le facoltà, che non si possono esercitare, divengono nulle”.
Giungiamo dunque all’epilogo, raccontatoci da Sani con queste parole:” venerdì 14 giugno 1799 termina l’esaltante avventura della Repubblica Napoletana, durata 144 giorni. Dopo gli aspri combattimenti tra gli uomini di Ruffo e le milizie della Guardia Nazionale al ponte della Maddalena, il grosso dei patrioti e membri del governo provvisorio si ritirano nelle fortezze di Castel Nuovo, Castel dell’Ovo e Castel Sant’Elmo. Pochi rimangono i popolani schierati a favore della Repubblica e di Michele ‘O Pazzo. Per le strade di Napoli ha allora inizio il massacro dei patrioti. Lazzari e sanfedisti, uniti in una sorta di scontro frontale tra diseredati e arricchiti, gridano insieme “chi tene pane e vino, ha da esse giacubbino” . Combattuta dai ceti popolari , dai quali solo poteva essere salvata e sostenuta, la Repubblica moriva così vittima dei suoi stessi errori, dell’arroganza dei francesi e del successo della propaganda borbonica. Le scene di violenza più volte verificatisi nelle province, si ripetono a Napoli con una furia inaudita. I simboli repubblicani vengono abbattuti uno dopo l’altro e fatti seguire da saccheggi, panifici ne, atti di cannibalismo e macabri rituali sui cadaveri dei repubblicani uccisi.”  I Repubblicani a Castel dell’Ovo e a Castel Nuovo si arrendono “ai commissari di Ferdinando IV in cambio della libertà e dell’ incolumità di quanti si trovano loro interno; la liberazione dei prigionieri politici di ambedue le parti. E, la predisposizione di navi per il trasporto a Tolone dei repubblicani che lo avessero desiderato.” Questi erano gli accordi presi col bene placido del cardinale Ruffo. Ma Ferdinando non è assolutamente d’accordo con questa linea morbida, tanto è vero che incarica Nelson di sconfessare l’azione del Cardinale, dichiarando nulli gli articoli di capitolazione, arrestando i patrioti, già imbarcati al porto, in attesa della partenza per la Francia. Al termine del processo di repressione attuato con la restaurazione della monarchia, i dati sono pressappoco questi: 181 condannati a morte e giustiziati; 122 condannati all’ergastolo o alla carcerazione a tempo determinato; 457 esiliati a vita o banditi; 231 esiliati a tempo determinato o espulsi. Alla fine di questo percorso, quale può essere l’insegnamento che La Repubblica Partenopea vuole lasciarci ? dal mio punto di vista , quello di come alle volte il bisogno di libertà può essere strumentalizzato per altri fini  illudendo persone che credono fermamente in questo ideale, come la Francia ha fatto nei confronti dei patrioti partenopei. E allora bisogna stare attenti , perché anche in buona fede, anche combattendo per una causa giusta, si può essere imbrogliati e sfruttati per altri fini da qualcuno a cui la causa per la quale si combatte non interessa minimamente.

 

 

 

Ciro Savarese IIH

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