PKD/Costruttore di Mondi #3: Sorpresa: io sono vivo, voi siete morti!

del prof. Lucio Celot

P.K.Dick, Ubik (1969)

 

Io sono Ubik.

Prima che l’universo fosse, io ero.

 

Io sono vivo, voi siete morti.

(Glen Runciter)

 

In quanto filosofo-narratore, come amava definirsi, PKD era mosso da un’autentica ossessione, al limite della paranoia, per la questione dello statuto ontologico della realtà: in altri termini, le domande che in quasi ognuna delle sue opere echeggiano sono cosa è reale e cosa no? cosa ci garantisce che non stiamo vivendo in un sogno altrui o in un mondo costruito dall’allucinazione di qualcun altro? Come Ragle Gumm in Tempo fuor di sesto (qui la recensione di Pausacaffè), anche Joe Chip, lo sfigatissimo protagonista del capolavoro Ubik, è impegnato in una drammatica quanto surreale quest per dare un senso al capovolgimento di realtà che improvvisamente gli si palesa innanzi.

Nel 1992 che immagina PKD (il romanzo è del ’68-’69) il sistema capitalistico delle grandi multinazionali è ormai del tutto globalizzato e le stesse “megamacchine” del capitale utilizzano individui dotati di facoltà paranormali (gli “psionici”, ovvero telepati e precognitivi) che prevedono il futuro e le azioni della concorrenza. In Ubik si affrontano due agenzie di reclutamento con funzioni opposte, quella di Hollis, che fornisce psionici per lo spionaggio industriale e quella di Runciter che, invece, fornisce i cosiddetti “inerziali”, individui che sono in grado di respingere gli attacchi invasivi delle spie telepatiche. La tecnologia, inoltre, è riuscita a creare i moratorium, luoghi dove chi muore viene sospeso in una sorta di non-morte o di semi-vita che consente di riattivare, a richiesta dei parenti, l’attività cerebrale del defunto per consentire la comunicazione tra il mondo dei vivi e quello dei morti (pur essendo impossibile, per i primi, comprendere che tipo di realtà sperimentino i secondi). A seguito di un’esplosione sulla Luna di cui sono vittime Joe Chip, il migliore reclutatore di Runciter, e altri colleghi dell’agenzia, Runciter stesso muore e viene ricoverato nel moratorium dove giace anche sua moglie Ella, mentre Joe e compagni dovranno fare i conti con la dissoluzione e il deterioramento della realtà del 1992, che progressivamente regredisce e invecchia (manufatti, auto, palazzi, vestiti, banconote, esseri umani) fino al 1939. Ciò che può bloccare la regressione e rimettere in moto il tempo nella giusta direzione è una misteriosa sostanza, forse divina, contenuta in preziose quanto introvabili bombolette spray e che si autorivela nell’epigrafe che apre l’ultimo capitolo del libro: Ubik, appunto. Solo che il povero Chip, il tipico marginale dickiano, avrà una brutta notizia: non è Runciter a essere nel moratorium in semi-vita, ma Joe stesso e i suoi compagni che pensavano di essere sopravvissuti all’esplosione sulla Luna. O, forse, nemmeno la realtà di Runciter è quella vera, ma egli è a sua volta dentro il sogno allucinato di un terzo incomodo?

Come si arguisce dalla trama (di cui si è dato conto molto sinteticamente, data la sua complessità), il più “entropico” ed enigmatico tra i romanzi di PKD (lui stesso diceva scherzando di essere ancora in attesa di qualcuno che gli spiegasse cosa significava il romanzo) mette in scena l’illusione di realtà, il bisogno degli esseri umani di trovare stabilità e certezza in un mondo caratterizzato invece dall’estrema mutevolezza, causata a sua volta dalle necessità del mercato di espandersi costantemente e produrre sempre nuovi valori e bisogni. In Ubik anche le macchine parlano (gli elettrodomestici funzionano con monetine da pochi centesimi), l’economia di scambio mercifica persino il mistero della morte, la globalizzazione produce sempre nuovi “territori di esperienza” di cui la vicenda di Chip e Runciter è perfetta metafora: ogni realtà è costruita, è ideologia in cui siamo talmente bene integrati da considerarla come ontologicamente stabile e si capisce bene perché i protagonisti del romanzo siano così alienati, spaesati e pessimisti. Quando la “realtà di finzione” viene smascherata l’individuo deve riorientare se stesso e i propri valori di riferimento; Ubik è davvero filosofia narrata, c’è tutto il decostruzionismo nietzscheano volto allo smascheramento delle “menzogne millenarie”, c’è il Kant dello scetticismo nei confronti della noumenica realtà ultima, inattingibile attraverso una gnoseologia puramente sensista, c’è il Foucault che riflette sulla costruzione ideologica dei regimi totalitari e non manca nemmeno il Marx della teoria dell’equivalente universale, rintracciabile nelle epigrafi che aprono ogni capitolo, slogan pubblicitari che nulla c’entrano con la trama e nei quali “Ubik” è il brand di gadget e prodotti disparati che vengono reclamizzati.

A PKD piaceva dire che egli amava costruire universi e poi “farli cadere a pezzi”, proprio perché ogni “pseudouniverso” è sempre prodotto o da qualche gruppo di potere o da singoli individui che vogliono rendere assoluta la propria simulazione di realtà e spacciarla come oggettiva; il capitale, le corporation, i mass-media, i gruppi religiosi, i partiti politici producono realtà artificiali a getto continuo e instillano questi pseudomondi nella mente di chi legge, osserva e ascolta. Ecco perché il romanzo ha una conclusione aperta: non ci è dato cogliere la realtà come un tutto dotato di significato; i personaggi di Ubik, come il prigioniero della caverna platonica, vivono in un’illusione e, quando l’illusione si sgretola, iniziano un percorso di conoscenza che non condurrà ad alcuna certezza finale se non quella della natura irrimediabilmente soggettiva di ogni costruzione di realtà. Dick non vuole dare una conclusione definitiva al romanzo perché non può farlo: come dice Runciter quando si allontana dal moratorium dove prende atto di essere, a sua volta, imprigionato in un mondo altrui, questo è solo l’inizio, un nuovo inizio. È necessario che gli universi cadano a pezzi solo per assumere nuove, strumentali, configurazioni: PKD, profeta del mondo a venire, si divertiva così…

 

P.K.Dick, Ubik, Mondadori 2021

 

Letture critiche:

G.Spagnul, Ubik, in http://una-stanza-per-philip-k-dick.blogspot.com/2014/08/ubik_30.html;

G.Spagnul, Nel nostro mondo di Ubik, in http://una-stanza-per-philip-k-dick.blogspot.com/2018/09/nel-nostro-mondo-di-ubik.html;

F.Rispoli, Universi che cadono a pezzi. La fantascienza di PKD, B.Mondadori 2001.

 

 

 

 

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