Vixal, l’algoritmo “fine di mondo”
L’indice della paura (USA, 2022)

del prof. Lucio Celot

Avete presente “l’ipotesi Terminator”? Nella saga del cyborg che viene dal futuro, inaugurata nel 1984 da James Cameron, si immagina che Skynet, un network di reti per la difesa, diventi autocosciente e in una frazione di secondo decida di eliminare l’intera umanità dalla faccia della terra: prima un olocausto nucleare e poi macchine assassine controllate da altre macchine provvedono a eliminare quel che resta della sparuta resistenza umana. Gli sceneggiatori della miniserie The index of fear hanno ripreso quell’idea per applicarla ad un altro campo altrettanto “letale” per l’umanità, quello della speculazione finanziaria, autentica arma di annientamento di massa la cui capacità distruttiva in termini sociali si è ben palesata in tutto l’occidente a partire dal 2008 con la crisi dei mutui subprime.


Un ex scienziato del CERN di Ginevra, Alex Hoffmann, titolare di un’impresa che si occupa di tecnologie finalizzate agli investimenti speculativi, ha elaborato un algoritmo, Vixal-4, in grado di prevedere l’andamento borsistico sulla base del sentimento della paura e dell’incertezza degli investitori nei confronti delle oscillazioni del mercato: Vixal funziona talmente bene che Hoffmann e il suo braccio destro Hugo (un vero squalo della finanza, cinico e amorale) accumulano milioni di euro scommettendo sul mercato in modo del tutto spregiudicato e disinvolto. La vita felice di Alex (reduce da un esaurimento nervoso con tanto di ricovero psichiatrico di cui pochi sono a conoscenza) subisce però un repentino cambiamento quando strani eventi vengono a turbarla: acquisti fatti a suo nome di cui egli non ricorda nulla, mail inviate a sua firma al responsabile della sicurezza con la richiesta di installare microspie in ogni locale di casa e degli uffici, carte di credito che improvvisamente risultano bloccate, persino la morte sospetta nella tromba dell’ascensore di una socia che viene licenziata perché in disaccordo con l’operato dell’azienda. Alex vacilla, ritiene di essere vittima di un complotto, tutti lo credono fuori di testa, in preda ad un nuovo esaurimento, incapace di gestire l’enorme flusso di denaro prodotto da Vixal, l’algoritmo che sembra del tutto fuori controllo e in grado di prendere decisioni finanziarie e operare nel mercato indipendentemente dagli esseri umani. Alex, novello dottor Frankenstein alle prese con la creatura che ormai gli è sfuggita dalle mani, dovrà prendere una decisione radicale che impedisca al sistema finanziario globale di cadere preda dell’intelligenza artificiale che egli stesso ha creato.


In un momento in cui si fa gran parlare di A.I. e delle sue possibile, funeste conseguenze, la serie è un apologo pessimista (“apocalittico”, l’avrebbe definito Eco), quasi dickiano, sul dilagare e l’invasività della macchinizzazione e l’inumanità dei meccanismi economico-finanziari odierni; L’indice della paura è costruito con tutti gli elementi che ne fanno un prodotto di intrattenimento (un financial thriller) certamente non memorabile ma che si lascia seguire senza cedimenti nella sceneggiatura e con un finale che, pur svelato forse troppo presto (e facilmente intuibile), è del tutto convincente: ritmo incalzante, il tópos narrativo del perseguitato creduto folle ma il solo in grado di comprendere la verità, la corsa contro il tempo per evitare la catastrofe finale, il sacrificio di sé, la coscienza etica contro la sete di profitto.


L’ordigno “fine di mondo” del dottor Stranamore di kubrickiana memoria si è evoluto: niente esplosioni rumorose né funghi atomici o ingombranti bombe da cavalcare; basta giusto qualche chip, una mente brillante, una buona dose di avidità e cinismo e il mondo intero può collassare, preda del panico che si diffonderebbe come un’epidemia globale: The index of fear è, evidentemente, metafora fin troppo calzante del tempo che stiamo vivendo.


L’indice della paura (The index of fear)
Stagione 1 (ep.1-4)
Distribuzione: USA 2022. Disponibile su Sky

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