Picasso
di Corrado del Gaudio II G
Tempo fa sono andato a Roma per approfittare della temporanea esposizione di alcune opere di Picasso presso le scuderie del Quirinale .
Ecco dunque da dove è emerso il titolo di questa mia poesiola.
L’incontro col maestro è stato per me decisamente tragico:
sebbene morto da tempo, l’artista spagnolo è stato comunque in grado di assestare un pesante cazzotto al mio animo di 17enne esaltato.
Non ho retto il confronto con la manifestazione tangibile di quell’arte che da sempre mi sono prefisso come obiettivo da raggiungere. Da un paio d’anni infatti, questa è diventata una vera e propria ossessione. Diventare un artista, qualunque sorta di artista. Avere la consapevolezza di aver prodotto anche solo una volta nella mia -non dico inutile, ma alquanto deprecabile-vita, un’opera d’arte.
Fronteggiare quindi un membro di quell’ esclusivo “club” a cui sogno disperatamente di poter assurgere, ha scatenato in me un profondissimo sentimento di disincanto e la totale sfiducia nel mio operato.
Per quanto si possa dire che è sbagliato parametrarsi alle azioni altrui, non possiamo negare che il reale valore di ciò che facciamo emerge in seguito al confronto con le azioni dei grandi prima di noi.
E da questo confronto, io sono uscito sconfitto.
Dunque si può facilmente intendere il significato delle mie parole
e vedere con nitidezza il ritratto di questo povero adolescente che brucia la sua giovinezza nell’indugio.
Questa è la faccia smarrita della mia psicosi,
Un sogno di eclettismo e virtù,
Il parossistico desiderio di veder compiuta un’opera eccelsa,
l’apoteosi
di quell’arte, che oggi non so trovare più .
Piccolo naufrago nel mare cinereo
dei colossi, dei veri artisti.
Un minuto cardellino,
all’inseguimento dei falchi
Un bambino,
che arranca a passi stanchi
mentre marcia alla ricerca di panorami mai visti.
Eccomi,
Il dolce e struggente spettacolo
del fallimento di chi tenta.
Eccomi, disperato erede di Tantalo ,
che sciagurato cerca la folgore
In una lampada spenta.