Il “gentiluomo di fortuna” che odia le frontiere. – Ritratto (affettuoso e poco affidabile) di Corto Maltese
del prof. Lucio Celot
Io non credo né ai dogmi né alle bandiere: la battuta è un buon modo per presentare a chi ancora (povero lui!) non lo conoscesse Corto Maltese, il personaggio creato dal veneziano Hugo Pratt, che con la prima storia del pirata avventuriero, Una ballata del mare salato del 1967, introdusse in Italia il graphic novel, il “romanzo a fumetti”, ben prima che lo facesse in America Will Eisner con Contratto con Dio nel 1978.
Pratt scrisse le storie di Corto (più o meno una trentina) fino al 1988 (Mū è l’ultima), non cessando mai di considerare il fumetto come “letteratura disegnata”, disegno la mia scrittura e scrivo i miei disegni, ripeteva Pratt, insistendo sul valore artistico di questa forma di comunicazione, per troppo tempo considerata un tipo di intrattenimento “basso” e popolare (nel senso dispregiativo del termine). Le storie di Corto (ma anche quelle degli altri personaggi creati dal Maestro di Malamocco) traggono ispirazione dalle letture e dagli autori che Pratt frequentò costantemente fin dall’infanzia, Melville, Conrad e Stevenson prima di tutti, ma anche London, Hemingway, il poeta francese Villon, Kipling, Rimbaud, Maugham, Chatwin, Verne e la letteratura occultistica, cabalistica e iniziatica. Insomma, dietro e sotto le avventure di Corto Maltese attraverso i sette mari e i cinque continenti durante il primo trentennio del Novecento (nella biografia immaginaria di Corto dopo il 1925 le notizie che abbiamo su di lui si diradano progressivamente) c’è il corposo immaginario letterario di cui si è nutrito il suo “papà”.
Chi è Corto Maltese? Lui ama definirsi un “gentiluomo di fortuna”, espressione eufemistica mutuata dall’Isola del tesoro di Stevenson che sta a significare, né più né meno, che il mestiere di Corto è quello del pirata. Un pirata che è, appunto, anche “gentiluomo”, perché dietro l’apparente cinismo, l’egocentrismo e l’ostinato rifiuto di seguire qualunque causa e bandiera, il Maltese resta un inguaribile romantico, geloso sì della propria indipendenza ma anche insofferente delle ingiustizie, dell’arroganza del potere, antimilitarista, anarcoide e sempre dalla parte di chi si ribella: puoi chiamarmi Uno-che-non-riesce-mai-a-starsene-per-i-fatti-suoi, così si presenta Corto in una delle sue avventure.
Nato a Malta il 10 luglio 1887, figlio di una prostituta di Gibilterra e di un marinaio della Cornovaglia, Corto unisce in sé due mondi, quello Mediterraneo (“corto” significa “svelto di mano” nel dialetto andaluso) e quello del Nord con le sue saghe e i suoi miti (elfi, fate, Stonehenge e tutto l’armamentario del folklore celtico); inoltre, da ragazzo è stato educato da un rabbino che lo ha iniziato ai misteri dell’occultismo e della Cabala: da questa formazione decisamente eterodossa deriva una certa propensione di Corto ad accettare senza scomporsi troppo anche il lato onirico e misterioso dell’esistenza. Imbarcatosi da giovanissimo, non smette per tutta la vita (quella che ci è data conoscere, almeno) di navigare in lungo e in largo, dal Pacifico (dove lo incontriamo per la prima volta) ai Caraibi e di attraversare con una buona dose di incoscienza le faglie della tormentata geopolitica occidentale e asiatica del primo Novecento (Venezia, Francia, Irlanda, Russia, Balcani, Cina, Golfo Persico, Africa, Hong Kong) alla ricerca continua dell’oro: i sogni sono d’oro, la realtà è di piombo; perché l’oro, che spesso e volentieri sfugge di mano a Corto al termine di una storia, non è quello di una banca da rapinare, ma è sempre quello di un tesoro perduto nei recessi della foresta amazzonica o affondato insieme ad un galeone, è l’oro non come fine ma come alibi per l’avventura, per un nuovo viaggio. E se i sogni sono d’oro, allora ciò che cerca Corto è il sogno, il mistero, un emblema dell’assoluto, di una spiritualità che rimanda ad una possibile rinascita morale; la caccia all’oro in cui il Nostro è perennemente impegnato altro non è che l’incessante ricerca di sé.
L’idealismo, l’antimilitarismo, l’intransigenza etica, l’umanitarismo e il rispetto sacrale per la vita non sono gli unici valori che emergono progressivamente nel corso dell’esistenza di Corto; in verità, la sola, vera e formidabile arma con cui Corto affronta la vita è l’ironia, anzi, l’autoironia di chi non si prende mai sul serio, nemmeno nei momenti di pericolo o di sofferenza fisica; il distacco, la capacità di lasciarsi le cose alle spalle sono la forza che Corto oppone al mistero del destino che domina le nostre vite.
Anche se “nato” sessant’anni fa e pur essendo uomo del secolo scorso, Corto ha una sua saggezza e una modernità che ne fanno anche un uomo del nostro tempo. Non dimentichiamoci, infine, dell’avversione istintiva e viscerale che il Maltese prova per le frontiere e i costruttori di muri: e questo ce lo rende ancora più prezioso.
Per saperne di più:
G.Brunoro, Corto come un romanzo. Illazioni su Corto Maltese, ultimo eroe romantico, Dedalo 1993;
G.Marchese, Leggere Hugo Pratt. L’autore di Corto Maltese tra fumetto e letteratura, Tunué 2006.