Tra Bruce e Lilith c’è di mezzo l’Antropocene – Under Paris (X.Gens, 2024)

del prof. Lucio Celot

Ve lo ricordate Bruce, lo squalo meccanico del film che quasi cinquant’anni fa lanciò definitivamente Spielberg nell’Olimpo della settima arte? La troupe gli si era così affezionata da dargli addirittura un nome (lo stesso dell’avvocato del regista), come fosse a tutti gli effetti un membro della produzione (in verità, anche a causa dei tanti problemi tecnici che il bestione continuava a dare, Spielberg lo chiamava a volte “Big White Bastard”). Mezzo secolo e un’infinità di shark-movies dopo, arriva su Netflix un altro squalo (femmina), Lilith, in una produzione francese, intelligente e ironica, senza nessuna pretesa se non quella di regalare un’ora e mezzo di azione, riprendere il genere con un pizzico di originalità e sollevare qualche spunto di riflessione sul nostro presente.

            La storia è questa: tre anni dopo avere massacrato una squadra di oceanografi (tranne Sophia, la protagonista interpretata da Bérenice Bejo) nelle acque sottostanti il great pacific garbage patch, il “continente di plastica” che si estende nell’oceano pacifico, lo squalo Lilith, cui è stato impiantato un sistema di tracciamento satellitare, fa la sua comparsa nientemeno che nelle acque della Senna, rintracciato dagli hacker di un’organizzazione di ambientalisti che tenta con sofisticati mezzi informatici di salvare gli squali dalla caccia spietata cui sono sottoposti. Mika, una del gruppo, contatta Sophia perché la aiuti a fare uscire Lilith dalla Senna, dove lo squalo, che nel frattempo ha superato i sette metri di lunghezza, rischia di morire a causa dell’inquinamento del fiume (vi ricorda qualcosa di quest’estate???). Ma Sophia si rende conto ben presto che Lilith ha subito delle mutazioni genetiche, probabilmente a causa delle microplastiche, a seguito delle quali non solo ha acquisito la capacità di adattarsi all’acqua dolce ma può persino riprodursi per partenogenesi, senza accoppiarsi con un maschio. Nel giorno della grande gara di triathlon che la sindaca di Parigi vuole a tutti i costi per dare lustro alla città (e alla propria carriera) nonostante sia stata ben informata sulla situazione, complici le migliaia di residuati bellici che giacciono sul fondo della Senna, si consumerà il punto di non ritorno non solo per la Ville Lumière ma per l’intero globo (e non perdetevi la grafica dei titoli di coda…).

            È ormai un dato acquisito dagli scienziati, con buona pace dei negazionisti, che viviamo in una fase della storia della Terra che possiamo non a torto chiamare Antropocene, a evidenziare il grado dell’impatto che le attività antropiche (di cui il global warming è l’aspetto più evidente) esercitano sul sistema complesso della biosfera: gli equilibri biologici, climatici, geologici e chimici sono stati profondamente modificati nel corso del tempo, a partire dall’estinzione dei grandi mammiferi causata dall’espansione dell’homo sapiens cinquantamila anni fa fino alla cosiddetta “grande accelerazione” del secolo XX. Lilith, a differenza di Bruce che era sì grande, grosso e affamato ma era pur sempre uno squalo, rappresenta invece qualcosa di nuovo, non appartiene più all’ordine naturale così come lo conosciamo ma è un monstrum, un “prodigio”, un essere “sovrannaturale” (appunto) che non è più l’eccezione ma, almeno nella finzione del film, il primo esemplare di una nuova specie che dominerà su tutte le acque (dolci e salate) del globo. E come nella ridente e idilliaca Amity della pellicola di Spielberg, anche a Parigi gli interessi politici ed economici della classe dirigente (sindaca e sponsor) insabbiano la verità e la nascondono agli ignari cittadini, sacrificabili, pronti a migliaia ad assistere e partecipare al campionato mondiale di triathlon che si trasformerà in un ricco e inaspettato banchetto per Lilith e la sua numerosissima prole. Insomma, tecnologia + capitalismo = rivolta della Natura contro l’Uomo, cosa che l’ambientalista Mika si rifiuta di comprendere, tanto da credere di potere “addomesticare” Lilith e aiutarla a uscire dalla prigione della Senna, con le terrificanti conseguenze che si vedono nei canali sotterranei di Parigi: l’animalista ingenuo crede ancora che sia l’uomo (e quale ambiente è più antropizzato di quello di una metropoli?) a minacciare la natura mentre, evidentemente, è il contrario. Lilith è come Godzilla, il mostro creato dall’immaginario giapponese dopo la catastrofe nucleare di Hiroshima e Nagasaki; ma, a ben guardare, il mostro è l’Uomo stesso che si sta autodistruggendo a causa della propria cecità. Bellissime le sequenze finali (vera e propria sentenza inappellabile per Parigi e l’umanità tutta) in cui gli ordigni che giacciono sul fondo della Senna dalla fine della seconda guerra mondiale esplodono a catena facendo saltare i ponti della città e causando uno tsunami in piena regola: Parigi è invasa dalle acque, dalle sue strade ormai sommerse dove nuotano indisturbati i figli di Lilith avrà inizio un’era in cui la nuova specie assedierà l’umanità dopo avere conquistato tutte le vie d’acqua fin nel cuore delle grandi metropoli. E, si suppone, gli scienziati dovranno riscrivere le mappe dei biomi antropogenici.

 

Under Paris (Sous la Seine)

Regia: Xavier Gens

Distribuzione: Francia 2024 (col., 90 min.). Disponibile su Netflix

 

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