La verità è la prima vittima della guerra Redacted (USA-Canada, 2007)
del prof. Lucio Celot
Diciotto anni dopo Vittime di guerra (1989), in cui rimesta impietoso nella ferita mai chiusa del Vietnam, Brian De Palma, uno dei maestri meglio invecchiati della New Hollywood, infila un’altra spina nel corpo sofferente della memoria americana, quella della più recente guerra in Iraq e degli interrogativi sollevati dalle modalità di esportazione della democrazia occidentale in Medio Oriente. Redacted è il resoconto finzionale di un fatto di cronaca che si è concluso con due processi e altrettante pesantissime condanne a due militari di stanza a Samarra che, nel marzo del 2006, insieme ad altri commilitoni, hanno stuprato e ucciso, insieme ai familiari presenti in casa, una ragazza di quindici anni e ne hanno bruciato il corpo.
La scelta registica di De Palma, premiata a Venezia con il Leone d’Argento, sta nel costruire Redacted come un “puzzle transmediale” costituito cioè da immagini e sequenze che provengono da una pluralità di media assemblati poi dalla mano del regista, peraltro visibile solo in alcuni, significativi passaggi (valgano, tra tutte, la sequenza dello scorpione aggredito da centinaia di formiche e gli scatti fotografici che chiudono il film, muta testimonianza dell’orrore di ogni guerra). C’è innanzitutto la videocamera amatoriale del soldato Salazar (che riprenderà anche gli inconsapevoli compagni durante l’efferato raid), aspirante studente di una scuola di cinema che registra la routine ordinaria, spesso noiosa, della propria compagnia, addetta al controllo di un check-point della città; c’è il finto documentario francese, Barrage, che illustra le operazioni di controllo dei civili e delle auto al check-point con tanto di voce femminile fuori campo che commenta le immagini; i blog delle mogli dei soldati in Iraq; i giornalisti del network Al-Jazeera che commentano i video girati dai loro cameramen nelle vie della città ma anche quelli postati su internet delle feroci esecuzioni da parte degli integralisti islamici; ci sono le videocamere di sorveglianza, con data e ora in cui le immagini vengono registrate; il dialogo su Skype tra il figlio al fronte e il padre a casa in America; le telecamere nascoste nello studio degli psicologi che per primi affronteranno l’orrore della vicenda.
“Redacted” significa “vagliato”, “controllato”, censurato”, “pronto per la pubblicazione”, come se il materiale fosse stato reperito da De Palma da fonti autentiche, verificate e poi utilizzate per un film-verità sui fatti di Samarra: però tutto è falso nel film e al contempo tutto dà anche l’impressione di essere tremendamente reale, di essere una presa diretta della realtà nel suo darsi immediato (non a caso il sottotitolo del film è la verità è la prima vittima della guerra). Da questo punto di vista, è chiaro che Redacted non è (solo) un film sulla guerra in Iraq ma anche una riflessione che il cinema compie su se stesso nel momento in cui è chiamato ad affrontare le nuove sfide mediatiche che il digitale impone: qual è lo statuto della verità che può attestare l’immagine cinematografica? Un “mosaico” di prospettive e media diversi coglie meglio la realtà (qualunque cosa voglia dire) di quanto non faccia un singolo punto di vista? Quanto è labile il confine tra realtà e finzione? La scelta della “convergenza mediatica” è sintomo di una crisi del mezzo cinematografico? Domande a cui il cinema può rispondere soltanto saggiando le nuove strade mediatiche e aggiornandosi in un continuo work in progress.
Redacted (id.)
Regia: Brian De Palma
Distribuzione: USA-Canada 2007 (col., 90 min.)