Un viaggio iniziatico nelle tenebre del cuore imperialista
del professor Lucio Celot
J.Conrad, Heart of Darkness (1899)
Sbarca nelle paludi, marcia tra le foreste e […]
sente la barbarie, la barbarie totale, che gli si è chiusa intorno;
tutta quella misteriosa vita della terra desolata che si agita nella foresta,
nella giungla, nel cuore dei selvaggi.
(Charlie Marlow)
Ah, ma ti strapperò ancora il cuore!
(Mr.Kurtz)
Polacco di origini ma inglese di lingua (parlata e scritta), Joseph Conrad non è stato solo uno dei grandi della letteratura del Novecento ma, forte anche della sua esperienza di comandante di battelli commerciali in Africa, va anche annoverato tra i più acuti osservatori e critici dell’imperialismo europeo in quello che all’epoca veniva chiamato il Continente Nero. Conrad risalì il fiume Congo fin nel cuore dell’Africa nel 1890 e da quell’esperienza trasse spunto per il suo capolavoro, Heart of Darkness, espressione della delusione e del disgusto nonché atto d’accusa nei confronti dell’opera di “civilizzazione” belga in Congo (che, all’epoca, non era ancora una colonia ma “proprietà privata” del re del Belgio, Leopoldo II), fatta di sfruttamento inumano delle popolazioni locali, violenza e sopraffazione. In realtà, il romanzo offre un giudizio che coinvolge tutta la civiltà europea di fine Ottocento, borghese, capitalista, imperialista (e ipocritamente cristiana).
Cuore di tenebra è il resoconto, narrato dalla voce dell’inglese Charlie Marlow, di un viaggio che lo stesso Marlow ha compiuto risalendo il fiume Congo per conto di una Compagnia commerciale alla ricerca di Kurtz, un agente di cui si sono perse le tracce da tempo. Kurtz è noto nell’ambiente della Compagnia per essere il migliore, il più abile, il più spregiudicato, quello che fa giungere in Europa la maggiore quantità di avorio: il suo silenzio preoccupa gli alti papaveri non tanto per la sua sorte quanto, piuttosto, per i paventati mancati introiti dovuti all’improvvisa cessazione dell’attività. Dopo alcune tappe, durante le quali tocca con mano l’orrore della condizione degli indigeni e il cinismo e l’indifferenza degli europei, Marlow incontra finalmente Kurtz nella sua stazione commerciale, malato, moribondo, circondato dalla popolazione locale che lo considera come un dio sceso in terra. Le ultime parole pronunciate dal febbricitante e allucinato agente – l’orrore, l’orrore – sono lo stigma e la sintesi, suprema e atroce, dell’esperienza che l’uomo occidentale fa dell’altro da sé, misterioso, incomprensibile, wilderness altera e superba nella sua opacità e indicibilità.
All Europe contributed to the making of Kurtz: l’intera Europa e tutta la kultur occidentale sono chiamate in causa da Conrad, a partire dalla conquista della Britannia da parte dei Romani fino alla sciagurata politica coloniale di Belgio, Inghilterra, Francia e Germania che ammantano sotto la giustificazione ideologica del “progresso” e della “civilizzazione” politiche di robbery with violence. E allora, dov’è il cuore di tenebra? the place of darkness non sarà, più che il cuore oscuro dell’Africa, lo stesso continente europeo? Non a caso, il romanzo si apre e si chiude in Europa, più precisamente a Londra, il centro dell’economia-mondo, la capitale della finanza mondiale, il cuore pulsante di un impero che si estende sull’intero globo; la darkness è dentro il cuore dell’uomo bianco, che la esporta e la diffonde intorno a sé. I risultati sono sotto gli occhi di Marlow: distruzione, corruzione, morte per consunzione, an inhabited devastation che altro non è che barbarie, esatto contrario della civiltà che si vorrebbe edificare.
Kurtz è l’incarnazione di tutto questo, è l’ideologia del potere, della mercificazione, dell’imperialismo: arriva in Africa con nobilissimi ideali di sviluppo e progresso, portatore di luce nelle tenebre, finisce per essere il distruttore della wilderness, della natura, degli indigeni: è giustamente famosa la pagina in cui un Marlow sgomento descrive il boschetto dove vanno a morire gli indigeni sfruttati fino all’osso, ridotti a fantasmi disperati, “forme nere” che non hanno più nulla di terrestre e che giacciono immobili “nella tenebrosa cerchia di non so quale inferno” (Dante, così come il suo raffinato interprete, T.S.Eliot, è una presenza che aleggia nelle pagine di Conrad). Kurtz è, per citare Eliot, un hollow man, un uomo vuoto che nasconde dietro l’ipocrisia spietata della macchina dell’imperialismo nient’altro che la propria sete di dominio e di denaro (“il mio avorio, la mia stazione, il mio fiume”).
Il viaggio di Marlow, dunque, è un viaggio di conoscenza critica che disvela la “luce” della civiltà occidentale come “tenebra”, ribaltando così del tutto l’assunto alla base dell’intera parabola della nostra cultura, sorta in Grecia attraverso il “philosophein”, il “portare alla luce ciò che è nascosto” (secondo una suggestiva etimologia proposta da Emanuele Severino); come diranno bene i pensatori di Francoforte, la “dialettica dell’illuminismo” è il destino dell’occidente che vede la progressiva torsione del logos da strumento di emancipazione a techné di sterminio. Ecco, non fa eccezione, anzi, è perfettamente inscritta dentro questa parabola anche la vicenda di Marlow, che dovrà necessariamente riconoscere se stesso come portatore di quella contraddizione e di quel potere sfrenato. Un viaggio che non ha solo carattere politico e di denuncia ma, soprattutto, etico e morale.
Edizioni italiane consigliate:
Joseph Conrad, Cuore di tenebra, Einaudi 1989 (con un’ampia introduzione di G.Sertoli);
Joseph Conrad, Cuore di tenebra – Gioventù, Bompiani 2013 (nuova traduzione e introduzione di M.Curreli)