Quando la stupidità indossa l’uniforme – Catch-22 (USA, 2019)
del prof. Lucio Celot
Nel 1961 uscì in America un romanzo, parzialmente autobiografico, di Joseph Heller, Catch-22 (da noi Comma-22), presto diventato il manifesto antimilitarista più amato e citato dai pacifisti di tutto il mondo (Mike Nichols ne ha tratto un film con lo stesso titolo nel 1970). Il motivo è semplice: Catch-22 racconta l’idiozia e l’insensatezza non solo di ogni guerra ma anche dei grotteschi burocrati che ne sono al comando, (ir)responsabili in ogni tempo della morte di milioni di soldati e civili. Il titolo si riferisce al comma 22 del regolamento militare, summa di ogni contraddizione logica e umana: Chi è pazzo può essere esonerato dal servizio; ma chi chiede di essere esonerato dal servizio non può essere considerato pazzo.
A partire da questo insolubile paradosso che avrebbe del comico se non fosse tragico nella sua assurdità, Heller, Nichols e, nella miniserie di Sky, George Clooney (in veste di produttore e regista) raccontano le vicissitudini del capitano John Yossarian, in servizio presso una base aerea nell’isola di Pianosa durante la seconda guerra mondiale e all’indomani dell’armistizio. Yossarian è un “bombardiere”, cioè colui che materialmente apre il portello dell’aereo da cui vengono sganciate le bombe che colpiranno gli obiettivi a terra: è previsto che dopo dieci missioni, in ognuna delle quali la sua vita e quella dell’equipaggio sono costantemente a rischio, Yossarian possa tornare a casa in congedo. Ma le cose gli vanno male: giorno dopo giorno, ad ogni cambio di comandante o all’aggravarsi della situazione bellica in Italia, il numero di missioni che egli dovrà compiere aumenta sempre di più, fino ad arrivare al numero impressionante di cinquanta. Yossarian non è un eroe, non è un fanatico, ha paura (e lo dice senza vergognarsene) e tenta di tutto per evitare di andare in missione: un ricovero all’ospedale del campo con la complicità di un’infermiera compiacente e persino la manomissione della grande mappa nella sala dei briefing, con cui riesce a ingannare il comandante della base. Ma è il “contorno umano” della vicenda che conferisce al racconto la sua aura di follia straniante: a partire dal personaggio che si è ritagliato per sé Clooney, il generale Scheisskopf, un alto ufficiale fissato con le marce e le parate (e la cui moglie, per inciso, Yossarian si porta a letto), un autentico idiota pieno di stellette, ottuso come il peggiore dei burocrati e interessato solo a non fare brutta figura con i suoi superiori; e poi il colonnello Catchcart, comandante del campo, che non perde occasione per aumentare il numero di missioni e rinviare sadicamente il congedo di Yossarian; e, ancora, Milo, l’ufficiale intrallazzatore addetto alla mensa che si costruirà una fortuna frodando l’esercito e organizzando una rete di relazioni commerciali persino con i Tedeschi; e non dimentichiamo Giancarlo Giannini, nella parte del proprietario di un bordello a Roma, insieme a Hugh Laurie (il doctor House della serie eponima) nel ruolo di un raffinato ufficiale particolarmente interessato alle costolette d’agnello…
È difficile non ridere di fronte a questo black-drama, anche in giorni come quelli che stiamo vivendo, in cui una guerra altrettanto assurda e folle sta imperversando nel cuore d’Europa, esattamente come ottant’anni fa; e non si può non simpatizzare con i giovani compagni del protagonista, ragazzi considerati alla stregua di carne da macello e mandati a volare in mezzo al fuoco delle contraeree solo per compiacere ufficiali carrieristi e pieni di sé, come il giovane aviere che Yossarian vedrà morire in uno degli ultimi voli e che spirerà tra le sue braccia: sarà quest’ultimo episodio, la proverbiale goccia che fa traboccare il vaso, che darà la stura alla singolare protesta di Yossarian, che nel finale si spoglierà (letteralmente) dell’uniforme e di tutto ciò che essa significa.
Il racconto alterna momenti di tensione drammatica in cui non mancano il sangue e l’orrore dei corpi straziati ad altri più leggeri e distesi, il relax dei soldati sugli scogli del mare di Pianosa (splendidamente fotografato, quasi uno spot pubblicitario) o le visite al bordello romano; il registro di fondo resta però quello tragicomico della satira, della critica graffiante, della dichiarazione di guerra alla guerra, dell’inno al pacifismo. Heller, l’autore di Catch-22, dichiarò espressamente il debito che aveva con Il buon soldato Sc’vèik (1921-1923) di Jaroslav Hašek: un altro romanzo di satira antimilitarista scritto da chi era stato nelle trincee della Grande Guerra e negli anni successivi aveva cercato di allontanare da sé i fantasmi di quell’orrore ridendo della follia in cui tutta l’umanità era precipitata in quell’inizio di secolo.
Catch-22 (id.), USA 2019
Stagione 1 (ep.1-6)
Distributore: Sky
Non mi piacciono i film di guerra, non mi piacciono le serie su qualsiasi azione militare …ma mi hai fatto venire la voglia di vedere questa serie. Grazie, recensione davvero chiara e accattivante.