“Dearest, I feel certain I am going mad again” – Virginia Woolf e la sua eredità

di Sara Madrid (IIIF)

Esattamente nella giornata odierna, 28 marzo, 82 anni fa, lasciava questo mondo una delle creature più audaci, autentiche e libere che l’umanità abbia mai avuto il piacere di incontrare.

Adeline Virginia Woolf, nota anche come Stephen prima del matrimonio con Leonard Woolf, è stata una scrittrice, saggista, critica e attivista britannica di grande spessore, nonché figura di riferimento all’interno del Bloomsbury Group, da lei fondato. Nata a Londra nel 1882, è deceduta a Rodmell nel marzo del 1941, a seguito di un riuscito tentativo di suicidio. La Woolf si è distinta per il suo impegno libertario a favore dei diritti civili e della parità di genere, lottando all’interno dei movimenti femministi per il suffragio delle donne. La sua produzione letteraria, che occupa un posto di primo piano nella narrativa sperimentale modernista del primo Novecento, si caratterizza per una delicata analisi dell’animo umano e per la presenza di un temperamento lirico di fondo; i suoi libri, scritti in bellissima prosa, attraverso un linguaggio innovativo (raffinato, ricco di similitudini, metafore, assonanze, e allitterazioni), tendono a formare un disegno musicale e i suoi squisiti personaggi femminili, per quanto sottilmente trasposti, sono quasi sempre autoritratti.

Cercò di descrivere i rapporti tra le persone non scrivendo sul modo in cui si parlavano o come si comportavano, ma attraverso quello che non si dicevano. Esprimeva cosa c’era nelle loro menti, un metodo che è diventato noto come flusso di coscienza (ovvero il linguaggio del corpo senza il corpo). Ci ha donato un notevole corpus di opere – dai suoi commoventi diari ai suoi magnifici saggi, dai suoi libri per bambini poco conosciuti alla “lettera d’amore più lunga e affascinante della letteratura’, Orlando – fino al suo ultimo romanzo Tra un atto e l’altro, pubblicato nell’estate del 1940, mentre la Gran Bretagna era in guerra sotto i bombardamenti tedeschi. Virginia era vittima di sempre più gravi e incalzanti crisi depressive, che la affliggevano continuamente. Essendo dichiaratamente antinazista, rientrava nella lista nera di Hitler con il marito Leonard, che era di origine ebraica, e proprio per questo motivo avevano programmato attentamente il loro suicidio in caso di invasione nemica. Mentre lavorava a questo libro, Virginia si sentiva disperata e credeva di aver perso il suo talento ed era sempre più convinta che il ruolo dello scrittore fosse insignificante in tempo di guerra. La popolazione inglese veniva bombardata costantemente dai tedeschi, e questa situazione, unita alla tensione generata da questo continuo stillicidio, fu determinante nella sua decisione di porre fine alla propria vita. La Woolf soffriva di insonnia, mancanza di appetito e iniziava ad avere allucinazioni.

Il 28 marzo 1941, Virginia Woolf si riempì di pietre le tasche del suo cappotto di pelliccia e si gettò nel fiume Ouse, che scorreva dietro la sua abitazione, per non farvi più ritorno. Una nuova crisi della sua devastante depressione, che aveva sfiorato in gioventù, aveva finalmente reclamato la sua vita. La Woolf prese una decisione coraggiosa e razionale nel decidere di porre fine alla sua esistenza, poiché sentiva di cedere e non aveva più fiducia di poter riprendersi. Il suo suicidio fu atroce, poiché, nonostante sapesse nuotare molto bene, si adoperò per morire nell’acqua gelida del fiume, compiendo uno degli atti più arditi della sua vita.

“E a epitaffio della sua grandezza porrei l’esaltazione del gesto per me davvero eroico, straordinario, di una creatura che non ha mai ceduto il suo grande amore per un’esistenza libera in cambio di sicurezza, di identità.”

Poco prima di annegare, la Woolf scrisse a suo marito Leonard, ancora oggi la lettera è una delle testimonianze più importanti per ricostruire il carattere di una donna forte, nonostante le apparenze:

‘‘Carissimo,
sono certa di stare impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. E questa volta non guarirò. Inizio a sentire voci, e non riesco a concentrarmi.
Perciò sto facendo quella che sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la maggiore felicità possibile. Sei stato in ogni modo tutto ciò che nessuno avrebbe mai potuto essere. Non penso che due persone abbiano potuto essere più felici fino a quando è arrivata questa terribile malattia. Non posso più combattere. So che ti sto rovinando la vita, che senza di me potresti andare avanti. E lo farai, lo so. Vedi, non riesco neanche a scrivere come si deve. Non riesco a leggere. Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n'è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita.
Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi.”

‘’Dearest,
I feel certain I am going mad again. I feel we can’t go through another of those terrible times. And I shan’t recover this time. I begin to hear voices, and I can’t concentrate. So I am doing what seems the best thing to do. You have given me the greatest possible happiness. You have been in every way all that anyone could be. I don’t think two people could have been happier till this terrible disease came. I can’t fight any longer. I know that I am spoiling your life, that without me you could work. And you will I know. You see I can’t even write this properly. I can’t read. What I want to say is I owe all the happiness of my life to you. You have been entirely patient with me and incredibly good. I want to say that — everybody knows it. If anybody could have saved me it would have been you. Everything has gone from me but the certainty of your goodness. I can’t go on spoiling your life any longer.
I don’t think two people could have been happier than we have been.’’

Per molti giorni Virginia non fu né viva né morta. Mancava. Era scomparsa. ‘Missing’ scrissero i giornali” Il corpo fu ritrovato il 18 aprile per caso da un gruppo di ragazzi in gita sul fiume. Furono loro ad avvistare quello che credettero un tronco trascinato dalla corrente. Per gioco gli tirarono i sassi, volevano accostarlo a riva. Il ragazzo che entrò nell’acqua per prenderlo scoprì che era il corpo di una donna in pelliccia.”


La morte di quest’anima meravigliosa è stata particolarmente straziante non solo perché rappresenta in modo così atroce la tragica epidemia della modernità, ma anche perché il suo destino riflette gli aspetti più crudeli dei media e del giornalismo. In “Afterwords: Letters on the Death of Virginia Woolf”, la studiosa Sybil ldfield osserva che dopo la pubblicazione della lettera di Woolf, i membri della stampa britannica si sono arrogati il compito di conferire all’autrice un ultimo aspro giudizio, dolorosamente ingeneroso.

Il 27 aprile, un mese dopo la scomparsa di Woolf, il Sunday Times pubblicò un’ipocrita eviscerazione di una signora di nome Kathleen Hicks, moglie del vescovo di Lincoln:

‘’Signore, ho letto nel suo numero di domenica scorsa che il medico legale dell'inchiesta sulla signora Virginia Woolf ha detto che era "senza dubbio molto più sensibile della maggior parte delle persone alla bestialità generale delle cose che accadono nel mondo oggi". Che diritto ha qualcuno di fare una simile affermazione?
Se ha detto davvero questo, sminuisce coloro che nascondono la loro agonia mentale, soffrendo coraggiosamente e andando avanti altruisticamente per il bene degli altri. Molte persone, forse anche più "sensibili", hanno perso tutto e hanno visto avvenimenti spaventosi, eppure prendono nobilmente la loro parte in questa lotta per Dio contro il diavolo.
Dove sono i nostri ideali di amore e fede? E cosa dovremmo essere tutti se ascoltiamo e simpatizziamo con questo tipo di "non posso andare avanti?"


Gli ideali di amore e fede della signora Hicks, a quanto pare, non includevano l’empatia. Dopo aver letto questo articolo, Leonard Woolf è rimasto così sconvolto che ha immediatamente inviato al giornale una confutazione dei fatti carica di emozione:

‘’Sento che non dovrei silenziosamente lasciar passare sui giornali che Virginia Woolf si è suicidata perché non poteva affrontare i "tempi terribili" che tutti noi stiamo attraversando. Perché questo non è vero... Poi i giornali ricostruiscono le sue parole come:

“Sento di non poter più andare avanti in questi tempi terribili”.

Questo non è quello che ha scritto: le parole che ha scritto sono:

“Sento che sto impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo passare un altro di quei terribili momenti”.

Aveva avuto un crollo mentale circa venticinque anni fa; i vecchi sintomi iniziarono a ripresentarsi circa tre settimane prima che si togliesse la vita, e sentiva che questa volta non si sarebbe ripresa. Come tutti, ha sentito la tensione generale della guerra, e il ritorno della sua malattia è stato in parte dovuto a quella tensione. Ma le parole della sua lettera e tutto ciò che ha mai detto dimostrano che si è tolta la vita, non perché non potesse "andare avanti", ma perché sentiva che stava impazzendo di nuovo e questa volta non si sarebbe ripresa.’’

Ma, in modo devastante, anche la confutazione di Leonard è stata distorta fuori contesto. Pubblicato con il titolo già fuorviante “I Cannot Carry On” – con una sorta di clickbait primitivo – l’articolo ha sostituito la frase “quei tempi terribili”, il riferimento di Virginia al suo primo attacco acuto di depressione nella sua giovinezza, con “questi tempi terribili”, cambiando completamente il significato e rendendolo un riferimento alla seconda guerra mondiale, un’interpretazione che si allineava abbastanza convenientemente con la interpretazione dei media del suicidio di Woolf come un atto di codardia non patriottica piuttosto che una tragedia personale. Per rendere le cose ancora più deplorevoli, il Times ha ristampato la citazione errata diversi giorni dopo: l’allora versione del blog o del retweet senza analisi critica e verifica dei fatti. Attacchi simili, alcuni dei quali sono stati persino scatenati contro l’opera pubblicata postuma di Woolf, sono continuati sulla stampa per più di un anno.

“Eppure non sarebbe giusto giudicarla solo per quell’azione, o passione. Né costringerla a quell’unica prospettiva. È senz’altro una scrittrice tra le più grandi. Ma è anche e soprattutto una donna sincera, onesta. Con slancio penetra nell’intrico dei grandi interrogativi umani e si smarrisce e si svia, si dimentica di quel che ha raggiunto, prova ancora, fallisce, riprova, accetta, accoglie, rifiuta… Combatte. E sempre – sempre – l’emozione del cuore si sposa all’intelligenza, all’ironia. Riconosce che è infinitamente difficile vivere da “donna”. Ma è una donna: una, non tutte – non rappresenta altri che sé stessa; né tutta – perché androgina, uomo e donna insieme. Ed è una donna che ama le donne.”

L’incidente mediatico suscita preoccupazione per due motivi fondamentali: da una parte, la testimonianza dell’effetto distruttivo e indiscriminato della depressione, che può sopraffare anche le menti più brillanti dell’umanità; d’altra parte, la risposta apparentemente indifferente evidenzia la nostra scarsa comprensione di questa dolorosa condizione. In particolare, l’approccio dei media al suicidio di Virginia è un grottesco promemoria del fatto che giudicare la lotta privata e interiore di un individuo sia moralmente ripugnante, e ancor di più farlo pubblicamente, soprattutto come valuta del sensazionalismo. Si può solo sperare che questa consapevolezza rispetto alla depressione e al suicidio, si sia evoluta con noi, sia come cultura che come individui, dai tempi di Woolf.

“Virginia non aveva mai voluto essere rinchiusa nella malattia, né che la sua malattia fosse cacciata da lei. C’era molta intelligenza nel suo male: un’intelligenza da iniziati, che costava cara – un prezzo di angoscia che Virginia aveva nel bene e nel male pagato.”


Fonti:
https://www.themarginalian.org/2014/03/28/virginia-woolf-suicide-letter/
https://www.huffingtonpost.it/2019/03/28/non-posso-piu-combattere-la-lettera-di-addio-di-virginia-woolf-al-marito-leonard-prima-del-suicidio_a_23701852/

Passi dal saggio: ‘‘Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf.” di Nadia Fusini

Un pensiero su ““Dearest, I feel certain I am going mad again” – Virginia Woolf e la sua eredità

  • 29 Marzo 2023 in 12 h 46 min
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    Splendido contributo, ricostruzione accorata e commovente delle vicende biografiche di una delle intellettuali più lucide del XX secolo. Brava Sara!

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