Indy Gregory: umanità e giustizia non s’incontrano

di Pietro Aldo Mocerino (IIG)

Da poche ore non c’è più. La vicenda di Indi Gregory, la bambina britannica di appena otto mesi affetta da una grave patologia mitocondriale, che l’ha costretta a ricorrere a trattamenti vitali artificiali, ha commosso tutti. L’Alta Corte di Londra aveva deciso che, poiché non vi erano speranze di guarigione, ogni sostegno medico doveva essere sospeso perché inutile. In pratica, con un’espressione brutale ma efficace, si doveva staccare la spina. Come se fosse stata un frigorifero o una lavatrice malfunzionanti. I genitori si sono opposti fermamente a quella che, né più né meno, è sembrata una sentenza di morte, hanno fatto ricorso anche alla Corte europea di Strasburgo, hanno sperato che bastasse la concessione della cittadinanza italiana, decisa con urgenza dal nostro governo il 6 novembre, perché Indi potesse essere trasferita all’ospedale “Bambin Gesù” di Roma, che si era dichiarato disponibile ad accogliere la piccola paziente. Nulla. I giudici britannici sono stati irremovibili.

Il giorno 11 novembre ogni trattamento è stato sospeso e Indi non è sopravvissuta, aggiungendosi a Charlie, Archie, Alfie, Isaiah, altri piccoli malati che l’hanno preceduta in questo percorso doloroso e, come lei, non ce l’hanno fatta. Alcuni video di quand’era ancora in vita la ritraevano mentre piangeva, rideva, muoveva veloce le gambe e sembrava voler dire qualcosa. Che voleva vivere nonostante tutto? Che, anche se i giudici non la pensavano così, lei era ancora viva? Che, magari con un aiuto terapeutico, era sempre possibile quel miracolo nel quale i giudici del suo Paese non credevano?

La storia di Indi ha riacceso, anche da noi, il dibattito sull’eutanasia, sulla “buona morte”, ammesso che procurare la morte, in un modo o nell’altro, possa essere una cosa buona. C’è chi sostiene che i pazienti ‘prigionieri’ di malattie senza speranza di guarigione e cause di sofferenze gravi debbano essere liberati proprio staccando la spina; altri, invece, sono favorevoli ad un’assistenza costante, perché tutto vada tentato. In Italia, nel 2017, è stata approvata una legge per regolamentare la materia dell’interruzione di trattamenti sanitari indesiderati (non l’eutanasia in sé) e prevede che il paziente debba esprimere il suo consenso o, se è minorenne, almeno sentito, altrimenti non è lecito disattivare i macchinari. Per questo, da noi Indi, che non aveva nemmeno un anno, vivrebbe ancora. Nonostante tutto.

A questo punto mi chiedo se si può parlare ancora di ‘giustizia’ per un caso come il suo. È giusto decidere come ha fatto il tribunale britannico? È giusto stabilire con una sentenza che non ci sono speranze, andando anche al di là dei confini della scienza, che non dà mai certezze incrollabili, ma solo probabilità, più o meno alte? Soprattutto, è giusto che un evento irreparabile come la morte sia deciso da uomini che non sono infallibili? C’è un confine per la giustizia? Credo di sì e sono convinto che le ‘colonne d’Ercole’, in questo caso, siano costituite proprio dal fatto che tra un presente certo e un futuro soltanto probabile sia da preferire e difendere sempre il primo. Seneca ha affermato che “si volge ad attendere il futuro solo chi non sa vivere il presente” e forse è per questo che i giudici, che non si sono immedesimati nella drammaticità di una vicenda che li ha coinvolti solo fino ad un certo punto, hanno stabilito così.

 

Un pensiero su “Indy Gregory: umanità e giustizia non s’incontrano

  • 18 Novembre 2023 in 22 h 45 min
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    Grazie Pietro per aver condiviso con noi queste tue profonde riflessioni.
    Ciò che è avvenuto è qualcosa di altamente sbagliato e disumano. Indy, così come Charlie, così come Archie, era viva e, pertanto, andava assistita. Questa modalità apre uno scenario triste e anche molto pericoloso, fuori da ogni logica assistenziale e medica. Ancora una volta, un gruppo di giudici decide di staccare i macchinari ad una persona che è ancora viva! Non so se si rendono conto della gravità di tale gesto… e se nelle successive ore fosse avvenuto un Miracolo? Loro insistono col dire che era gravissima, ma chi è l’uomo per porre un limite a DIO?? Quante persone, in gravissima difficoltà, sono state salvate da un Miracolo! Un’altra riflessione: l’Italia si era fatta avanti per darle la cittadinanza e per trasferirla al Bambin Gesù di Roma così come accadde anche con Charlie e con Archie e, invece, un gruppo di persone, in nome di un assurdo e non meglio precisato modo di pensare, decidono, che la bimba non può (e non deve!) lasciare l’ospedale nè tantomeno la nazione togliendo, in questo modo, il potere decisionale anche ai genitori! Cioè, i genitori decidono di trasferire la propria figlia in un altro ospedale di un altro Stato che è pronto ad accettarla e a curarla e viene negato loro questa possibilità…ma chi sono questi per decidere della vita altrui?
    Mi auguro che davvero possano riflettere sulla gravità della loro decisione e che, in futuro, non ci siano più simili casi.

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